Le Putine
le Putine (in passato Le Putane) si trova ai margini della sterrata che unisce Ridracoli con Casanova del'Alpe, abbandonata nel 1950; attualmente - 2010 - in ristrutturazione.
Testo di Bruno Roba (23/04/2021)
Nel contesto del sistema orografico del versante emiliano-romagnolo dell’Appennino Settentrionale, l’Alta Valle del Fiume Bidente nel complesso dei suoi rami di origine (delle Celle, di Campigna, di Ridràcoli, di Pietrapazza/Strabatenza), assieme alle vallate collaterali, occupa una posizione nord-orientale, in prossimità del flesso che piega a Sud in corrispondenza del rilievo del Monte Fumaiolo. L’assetto morfologico è costituito dal tratto appenninico spartiacque compreso tra il Monte Falterona e il Passo dei Mandrioli da cui si stacca una sequenza di diramazioni montuose strutturate a pettine, proiettate verso l’area padana secondo linee continuate e parallele che si prolungano fino a raggiungere uno sviluppo di 50-55 km: dorsali denominate contrafforti, terminano nella parte più bassa con uno o più sproni mentre le loro zone apicali fungenti da spartiacque sono dette crinali, termine che comunemente viene esteso all’insieme di tali rilievi: «[…] il crinale appenninico […] della Romagna ha la direzione pressoché esatta da NO a SE […] hanno […] orientamento, quasi esatto, N 45° E, i contrafforti (e quindi le valli interposte) del territorio della Provincia di Forlì e del resto della Romagna.» (P. Zangheri, 1961, rist.anast. 1989, p. 9, cit.). L’area, alla testata larga circa 18 km, è nettamente delimitata da due contrafforti principali che hanno origine, ad Ovest, «[…] dal gruppo del M. Falterona e precisamente dalle pendici di Piancancelli […]» (P. Zangheri, 1961, rist.anast. 1989, p. 14, cit.) e, ad Est, da Cima del Termine; in quell’ambito si staccano due contrafforti secondari e vari crinali e controcrinali minori delimitanti le singole vallecole del bacino idrografico.
In particolare, la Valle del Fiume Bidente di Ridràcoli riguarda quel ramo intermedio del Bidente delimitato, ad Ovest, dall’intero sviluppo del contrafforte secondario che si distacca da Poggio Scali e che subito precipita ripidissimo disegnando la sella di Pian del Pero, serpeggiante evidenzia una sequenza di rilievi (i Poggi della Serra e Capannina, l’Altopiano di S.Paolo in Alpe, Poggio Squilla, Ronco dei Preti e Poggio Collina, per terminare con Poggio Castellina) fino a digradare presso il ponte sul Fiume Bidente di Corniolo a monte di Isola, costretto dalla confluenza del Fiume Bidente di Ridràcoli nel Fiume Bidente di Corniolo. Ad Est la valle è delimitata dall’intero sviluppo del contrafforte secondario che si diparte da Poggio allo Spillo (collegando Poggio della Bertesca, Croce di Romiceto, i Monti Moricciona, La Rocca, Marino, Pezzoli e Carnovaletto) per concludersi sul promontorio della Rondinaia digradando a valle di Isola costretto dalla confluenza del Fiume Bidentino o Torrente Bidente di Fiumicino nel Fiume Bidente. La Rondinaia è nota per il castello con la sua torre «[…] baluardo di antica potenza, elevato fin dai tempi romani alla difesa contro le orde barbariche che dal nord d’Europa scendevano a depredare le belle contrade d’Italia.» (D. Mambrini, 1935 – XIII, p. 274, cit.).
Il bacino idrografico, di ampiezza molto superiore rispetto alle valli collaterali e che vede il lago occupare una posizione baricentrica con l’asta fluvio/lacustre f.so Lama/invaso/fiume posizionata su un asse mediano Nord-Sud, mostra una morfologia molto differenziata rispetto al suo baricentro. L’area sorgentifera, con la realizzazione dell’invaso artificiale, si differenzia tra quella che lo alimenta e quella a valle della diga che alimenta direttamente il fiume. A monte l’area imbrifera confluisce in cinque corsi d’acqua principali che costituiscono i corrispondenti bracci lacustri di cui si compone il lago. Essi sono il Fosso delle Macine, poi di Campo alla Sega, il Fosso degli Altari e il Fosso della Lama, tranne l’ultimo provenienti dal tratto di bastionata interna alla Riserva Integrale di Sasso Fratino. Quindi l’asta torrentizia costituita dalla sequenza dei Fossi del Ciriegiolone, dell’Aiaccia e del Molinuzzo, proveniente dall’anfiteatro generato dal contrafforte secondario nel distaccarsi dallo spartiacque appenninico a Poggio Scali. Infine, il Fosso del Molino, originato dalla confluenza tra il Fosso Rogheta e il Fosso di Romiceto. A valle dell’invaso, mentre in sx idrografica il bacino idrografico si restringe in un’alternanza di pendii più dolci a prato-pascolo e di tratti intensamente deformati e brecciati, per la diversa giacitura e disgregabilità dell’ambiente marnoso-arenaceo, in dx idrografica il versante vallivo mostra una particolare complessità morfologica per la sequenza di impervie dorsali che si distaccano dal contrafforte secondario orientale, evidenziando vaste porzioni esposte di fitte stratificazioni marnoso-arenacee e separando le 8 vallate trasversali dove scorrono i principali affluenti fluviali. Da monte a valle si susseguono, il Fosso dei Tagli, il Fosso Corneta, il Fosso delle Casine, il Fosso del Catinaio, il Fosso delle Stolle, il Fosso di Ronco Vecchio, il Fosso di Val Spugna o Rio delle Valli e il Fosso di Campitello o delle Corneta che, in prevalenza, si attestano sul contrafforte secondario o sue dirette diramazioni.
Subito a valle del promontorio disegnato da una pronunciata ansa del Bidente dove sorge il polo antico, civile e religioso, di Ridràcoli, si immette il Fosso Corneta (c.d. dal latino cornetum o cornietum, terra a cornioli), il cui bacino idrografico si attesta sul lungo tratto di dorsale compreso tra la Ripa di Ripastretta e la Colla del Monte, che comprende il Passo del Vinco, il Monte La Rocca e il Passo della Colla. Le delimitazioni laterali sono costituite, a SO, dalla lunga dorsale che si distacca dal contrafforte all’altezza di Ripa di Ripastretta terminando con il promontorio di Ridràcoli (anticamente detto Raggio delle Putine), di separazione dalla Valle del Fosso dei Tagli, a N, dalla dorsale che si distacca dalla Colla del Monte (compresa tra i Monti La Rocca e Marino), che evidenzia Poggio la Vecchia. In base al Catasto Toscano del 1826-34 il fosso aveva origine dalla convergenza della ramificazione a ventaglio dei Fossi del Calcinajo, del Fondo, della Fornace, e delle Putane o della Valle. Falde idriche provenienti da Poggio La Vecchia alimentano la Fonte dei Cerri (datata 1881 e prossima a Cornete) e una fonte presso Il Poggiolo; esse sono adiacenti alla S.F. Ridràcoli-Passo del Vinco così come la fonte prossima all’Alpicella, alimentata dalle falde del Fosso della Valle provenienti dal Monte La Rocca.
L’intero sistema dei crinali, nelle varie epoche, ha avuto un ruolo cardine nella frequentazione del territorio. Già nel paleolitico (tra un milione e centomila anni fa) garantiva un’ampia rete di percorsi naturali che permetteva ai primi frequentatori di muoversi e di orientarsi con sicurezza senza richiedere opere artificiali. Nell’eneolitico (che perdura fino al 1900-1800 a.C.) i ritrovamenti di armi di offesa (accette, punte di freccia, martelli, asce) attestano una frequentazione a scopo di caccia o di conflitto tra popolazioni di agricoltori già insediati (tra i siti, Campigna, con ritrovamenti isolati di epoca umbro-etrusca, Rio Salso e S. Paolo in Alpe, anche con ritrovamenti di sepolture). In epoca romana i principali assi di penetrazione si spostano sui tracciati di fondovalle, che tuttavia tendono ad impaludarsi e comunque necessitano di opere artificiali, mentre i percorsi di crinale perdono la loro funzione portante, comunque mantenendo l’utilizzo da parte delle vie militari romane, attestato da reperti. Tra il VI ed il XV secolo, a seguito della perdita dell’equilibrio territoriale romano ed al conseguente abbandono delle terre, inizialmente si assiste ad un riutilizzo delle aree più elevate e della viabilità di crinale con declassamento di quella di fondovalle. Lo stato di guerra permanente porta, per le Alpes Appenninae, l’inizio di quella lunghissima epoca in cui diventeranno anche spartiacque geo-politico e, come per l’intero Appennino, il diffondersi di una serie di strutture difensive, anche di tipo militare/religioso o militare/civile, oltre che dei primi nuclei urbani o poderali, dei mulini, degli eremi e degli hospitales. Successivamente, sul finire del periodo, si ha una rinascita delle aree di fondovalle con un recupero ed una gerarchizzazione infrastrutturale con l’individuazione delle vie Maestre, pur mantenendo grande vitalità le grandi traversate appenniniche ed i brevi percorsi di crinale. Il quadro territoriale più omogeneo conseguente al consolidarsi del nuovo assetto politico-amministrativo cinquecentesco vede gli assi viari principali, di fondovalle e transappenninici, sottoposti ad intensi interventi di costruzione o ripristino delle opere artificiali cui segue, nei secoli successivi, l’utilizzo integrale del territorio a fini agronomici alla progressiva conquista delle zone boscate ed al diffondersi dell’appoderamento si accompagna un fitto reticolo di mulattiere di servizio locale, ma p. es., nel Settecento, chi voleva salire l’Appennino da S. Sofia, giunto a Isola su un’arteria selciata larga sui 2 m trovava tre rami che venivano così descritti: per il Corniolo «[…] è una strada molto frequentata ma in pessimo grado di modo che non vi si passa senza grave pericolo di precipizio […] larga a luoghi in modo che appena vi può passare un pedone […]», per Ridràcoli «[…] composto di viottoli appena praticabili […]» e per S. Paolo in Alpe «[…] largo in modo che appena si può passarvi […].» (Archivio di Stato di Firenze, Capitani di Parte Guelfa, citato da: L. Rombai, M. Sorelli, La Romagna Toscana e il Casentino nei tempi granducali. Assetto paesistico-agrario, viabilità e contrabbando, in: G.L. Corradi e N. Graziani - a cura di, 1997, p. 82, cit.). Tale descrizione era del tutto generalizzabile: «[…] a fine Settecento […] risalivano […] i contrafforti montuosi verso la Toscana ardue mulattiere, tutte equivalenti in un sistema viario non gerarchizzato e di semplice, sia pur malagevole, attraversamento.» (M. Sorelli, L. Rombai, Il territorio. Lineamenti di geografia fisica e umana, in: G.L. Corradi - a cura di, 1992, p. 32, cit.). Nel XIX secolo il panorama certamente non migliorò: «Cavalcando […] vidi […]. La foresta dell’Opera sulla pendice precipitosa verso Romagna era manto a molte pieghe dell’Appennino, al lembo di quel manto apparivano le coste nude del monte […]. Sugli spigoli acuti delle propaggini del monte si vedevano miseri paeselli con le chiese: San Paolo in Alpe, Casanuova, Pietrapazza, Strabatenza; impercettibili sentieri conducevano a quelli, e lì dissero le guide i pericoli del verno, la gente caduta e persa nelle nevi, […] i morti posti sui tetti per non poterli portare al cimitero, e nelle foreste i legatori del legname sepolti nelle capanne […]» (Leopoldo II di Lorena, Le memorie, 1824-1859, citato da: G.L. Corradi, O. Bandini, “Fin che lo sguardo consenta di spaziare”. Scelta di testi dal XIV al XIX secolo, in: G.L. Corradi - a cura di, 1992, p.78, cit.). Un breve elenco della viabilità ritenuta probabilmente più importante nel XIX secolo all’interno dei possedimenti già dell’Opera del Duomo di Firenze è contenuto nell’atto con cui Leopoldo II nel 1857 acquistò dal granducato le foreste demaniali: «[…] avendo riconosciuto […] rendersi indispensabile trattare quel possesso con modi affatto eccezionali ed incompatibili con le forme cui sono ordinariamente vincolate le Pubbliche Amministrazioni […] vendono […] la tenuta forestale denominata ‘dell’Opera’ composta […] come qui si descrive: […]. È intersecato da molti burroni, fosse e vie ed oltre quella che percorre il crine, dall’altra che conduce dal Casentino a Campigna e prosegue per Santa Sofia, dalla cosiddetta Stradella, dalla via delle Strette, dalla gran via dei legni, dalla via che da Poggio Scali scende a Santa Sofia passando per S. Paolo in Alpe, dalla via della Seghettina, dalla via della Bertesca e più altre.» (A. Gabbrielli, E. Settesoldi, 1977, pp. 163-164, cit.).
La Valle del Corneta rientrava tra i beni sottratti ai conti Guidi dalla Repubblica fiorentina ed “assegnati in perpetuo” all’Opera del Duomo di Firenze in Romagna. L’Opera, avendo preso possesso delle selve “di Casentino e di Romagna” dove desiderava evitare nuovi insediamenti, aveva costatato che, sia nei vari appezzamenti di terra lavorativa distribuiti in vari luoghi e dati in affitto o enfiteusi sia altrove, si manifestavano numerosi disboscamenti (roncamenti) non autorizzati. Dalla fine del 1510 intervenne decidendo di congelare e confinare gli interventi fatti, stabilendo di espropriare e incorporare ogni opera e costruzione eseguita e concedere solo affitti quinquennali. I nuovi confinamenti vennero raccolti nel “Libro dei livelli e regognizioni livellarie in effetti” che, dal 1545 al 1626 così costituisce l’elenco più completo ed antico disponibile. La citazione più antica relativa a questo luogo risale al 6 giugno 1492, quando «[…] il Comune di Valbona ottenne dall’Opera la spiaggia delle Putine per lire 18 l’anno per arroncarvi e farla lavoriere e scompartirla ai suoi uomini.» (A. Gabbrielli, E. Settesoldi, 1977, p. 19, cit.). Un’altra citazione, ripresa dal suddetto elenco, risale al 1547: «[…] dei livelli che l’Opera teneva in Romagna […] se ne dà ampio conto qui di seguito […] 1547 […] – Un poderetto, senza casa, di terre aratìe e siepate in luogo detto ai Tagli confina col raggio delle Putine e vale lire 400, di some 10.» (A. Gabbrielli, E. Settesoldi, 1977, pp. 152, 153 cit.). Per “raggio delle Putine” si intende il crinale di separazione tra le Valli dei Tagli e del Corneta, dove si trova il fabbricato Le Putine.
Vari itinerari trasversali collegavano le vallate adiacenti, principalmente dipartendosi dal baricentro militare-residenziale del Castello di Ridràcoli (nel 1216 è documentato come Castrum Ridiracoli un villaggio fortificato che, secondo la Descriptio Romandiole del 1371, raggiungeva appena 6 focularia) e dai nuclei economico e religioso del ponte e della chiesa (una villam Ridraculi cum omnibus ecclesiis è documentata già dal 1213), dialetticamente separati in base alla morfologia del luogo, determinata dalla fitta sequenza delle anse fluviali. Da qui partiva la Strada che dal Castello di Ridracoli conduce alla Chiesa della Casanova (cfr.: Catasto Toscano), risalente la Valle dei Tagli ed imperniata su Casanova dell’Alpe (su una pietra cantonale della chiesa sono ancora leggibili le distanze chilometriche – evidentemente non più valide - km 12,358 per Bagno e km 5,933 per Ridràcoli), parte della successiva Mulattiera Ridràcoli-Bagno. Dal Ponte di Ridràcoli partiva la Strada che da Ridracoli va al Poggio alla Lastra, che, superata la chiesa, risaliva la Valle del Corneta, parte della successiva e rinomata Mulattiera di Ridràcoli diretta a Santa Sofia tramite Strabatenza. Entrambe le mulattiere incrociavano sul crinale la Strada Maestra di S. Sofia o Strada che dalla Casanova va a Santa Sofia, la prima presso il Monte Moricciona, la seconda sul Passo della Colla, posto presso il Monte La Rocca. Molto note e ancora riportate come tali nella cartografia moderna, negli anni ’50 alle estremità delle mulattiere vennero installati dei cippi stradali riportanti la rispettiva denominazione, così classificandole e specificandone l’uso escluso ai veicoli; rimasero localmente in uso fin’oltre metà del XX secolo, infatti le odierne strade forestali verranno realizzate solo un ventennio dopo.
La Mulattiera di Ridràcoli, superata la Chiesa dei SS. Martino e Lorenzo oltrepassava il Fosso Corneta con un ponte, risalendo la valle in dx idrografica e toccando gli insediamenti Le Corneta, oggi Cornete, Le Putane, oggi Putine e La Valle, mentre Colombaiotto, Pianbaruccio, già C. Pian Baruccio o Baruccia (quando veniva raggiunto dalla Strada di Pianbarucci) e Il Poggiolo erano distaccati e posti più alti sul versante. L’Alpicella e Calcinaio, il primo posto su una propaggine del Monte La Rocca e il secondo presso il fosso omonimo, erano collegati e raggiunti da un tratto viario collegato alla Strada che dalla Casanova va a Santa Sofia.
Gran parte della Mulattiera di Ridracoli è scomparsa o desueta a seguito della realizzazione della S.F. Ridràcoli-Passo del Vinco, che, se ha evitato il completo abbandono dei poderi, ha scarsamente contribuito al riutilizzo dei rispettivi insediamenti, in prevalenza abbandonati, ridotti a ruderi o scomparsi.
Come sopracitato, gli oronimi spiaggia delle Putine e raggio delle Putine sono documentati già dai secoli XV e XVI e forse rappresentano declinazione diminutiva derivante dal latino puteus, pozzo. Nel XVII secolo è quindi documentato un certo Jacopo di Barnabe dalle Putane (S.Fabiani e G. Fabiani, Cronache del territorio del Capitanato di Bagno. Aspetti della vita civile e religiosa. Parte terza (1601-1640), in: Alpe Appennina rivista on-line n.04/2021, p.241, cit.), così testimoniando come, nei secoli successivi il toponimo, forse per volontà ironicamente dispregiativa delle sue asperità o per semplice difformità di trascrizione, si sia trasformato in Le Putane, così documentato sia nel XVIII sia nel XIX secolo, dal Catasto Toscano, ma riacquista la declinazione originaria, nello specifico C. Putine, già dalla Carta d’Italia di impianto dell’I.G.M. del 1894. Oggi nota come Le Putine o Putine, la casa è documentata dal 1775. Dell’antica mulattiera sono rimasti solo alcuni tratti in quanto abbandonata o rettificata e resa rotabile negli anni 1965-70 con la realizzazione della S.F. Ridràcoli-Passo del Vinco. Il sito, abbandonato nel 1968, oggi si trova al margine di una abetina restaurativa impiantata negli scorsi Anni ’80, mentre in quell’epoca la casa era stata già recuperata per un uso saltuario; si sono quindi susseguiti alcuni tentativi di recupero, di cui rimangono evidenti tracce, fino al definitivo abbandono. Già proprietà ex A.R.F., nell’ambito dei programmi regionali di riutilizzo del patrimonio edilizio nel Demanio forestale il fabbricato era stato sottoposto ad analisi storico-tipologica e metodologica; grazie ad essa risulta che il fabbricato attuale è stato costruito successivamente al 1835, difformemente dall’edificio precedente come registrato nel Catasto Toscano, dove era così descritto nel Giornale di Campagna, con riferimento alle particelle: «[…] (161) Casa colonica. (162) Sodo. (163) Capanna ed aia. A terreno: quattro stalle, stalletto, forno e due capannette. Piano I°: cucina e due camere. Piano II°: palco» (M. Foschi, P. Tamburini, 1979, p. 209, cit.). Di esso probabilmente ha riutilizzato il materiale di recupero. Nella ricostruzione, avvenuta in un’unica fase, è stato sfruttato il pendio del terreno realizzando un’intercapedine a monte, in modo da avere il piano inferiore con 4 stalle libero su tutti i lati ed il piano superiore a livello del terreno raggiunto da una breve rampa che permette di entrare nella cucina posta al centro disimpegnante due stanze ai due lati. Su un lato del fabbricato vi era un forno con stalletto sottostante, ora scomparso. In base alla schedatura A.R.F. la superficie coperta è di 112 mq per un volume di 673 mc, suddivisi in 6 vani. Accanto al fabbricato, oltre un annesso agricolo censito dal catasto moderno (diverso anch’esso da quello riportato nel catasto antico) esisteva anche un casotto da vigna: di essi non rimane traccia. Approfondimenti su questi luoghi e i suoi abitanti si possono leggere su Il Popolo di Ridracoli (cit.), che ora si può leggere e scaricare dal sito www.alpeappennina.it.
Per approfondimenti ambientali e storici si rimanda alla scheda toponomastica Valle del Bidente di Ridràcoli e/o relative ad acque, rilievi e insediamenti citati.
N.B.: - Informazioni preziose riguardo luoghi e fabbricati si hanno grazie alla Descriptio provinciae Romandiole, rapporto geografico-statistico-censuario redatto dal legato pontificio cardinale Anglic de Grimoard (fratello di Urbano V) per l’area della Romandiola durante il periodo della 'Cattività avignonese' (trasferimento del papato da Roma ad Avignone, 1305-1377). Se la descrizione dei luoghi ivi contenuta è approssimativa dal punto di vista geografico, è invece minuziosa riguardo i tributi cui era soggetta la popolazione. In tale documento si trova, tra l’altro, la classificazione degli insediamenti in ordine di importanza, tra cui i castra e le villae, distinti soprattutto in base alla presenza o meno di opere difensive, che vengono presi in considerazione solo se presenti i focularia, ovvero soggetti con capacità contributiva (di solito nuclei familiari non definiti per numero di componenti; ad aliquota fissa, il tributo della fumantaria era indipendente dal reddito e dai possedimenti). In particolare, nelle vallate del Montone, del Rabbi e del Bidente furono costituiti i Vicariati rurali delle Fiumane.
- Il termine radium, raggio, come sostantivo, era utilizzato nei documenti storici per descrivere crinali costituenti elementi morfologici evidenti del territorio, lineari (come quello di luce), allorquando erano parte di un itinerario (che consentiva collegamenti più diretti e rapidi tra luoghi altrimenti raggiungibili tramite lunghi tragitti) e/o costituenti confine di un’area e/o di una proprietà. Per rilevanza o consuetudine a volte il termine diviene esso stesso toponimo o ne fa parte (Il Raggio, raggio delle putine, Raggio del Finocchio, Maestà del Raggio, Raggio alle Secche, Raggio dei Picchi, Raggio Grosso, Raggio Lungo, Raggio Mozzo, Fosso del Raggio, Raggio di Sopra, etc.).
- Negli scorsi Anni ’70, a seguito del trasferimento delle funzioni amministrative alla Regione Emilia-Romagna, gli edifici compresi nelle aree del Demanio forestale, spesso in stato precario e/o di abbandono, tra cui Alpicella, Calcinaio, Cornete, La Valle, Le Putine, e Poggiolo divennero proprietà dell’ex Azienda Regionale delle Foreste (A.R.F.); secondo una tendenza che riguardò anche altre regioni, seguì un ampio lavoro di studio e catalogazione finalizzato al recupero ed al riutilizzo per invertire la tendenza all’abbandono, senza successo tranne il riutilizzo di Alpicella e Cornete, il primo solo ad uso turistico. Con successive acquisizioni il patrimonio edilizio del demanio forlivese raggiunse un totale di 492 fabbricati, di cui 356 nel Complesso Forestale Corniolo e 173 nelle Alte Valli del Bidente. Circa 1/3 del totale sono stati analizzati e schedati, di cui 30 nelle Alte Valli del Bidente. Il materiale è stato oggetto di pubblicazione specifica.
- In base alle note tecniche dell’I.G.M. se in luogo dell’anteposta l’abbreviazione “C.”, che presumibilmente compare quando si è manifestata l’esigenza di precisare la funzione abitativa, viene preferito il troncamento “Ca” deve essere scritto senza accento: se ne deduce che se compare con l’accento significa che è entrato nella consuetudine quindi nella formazione integrale del toponimo.
RIFERIMENTI
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D. Mambrini, Galeata nella storia e nell’arte, Tipografia Stefano Vestrucci e Figlio, Bagno di Romagna, 1935 – XIII;
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P. Zangheri, La Provincia di Forlì nei suoi aspetti naturali, C.C.I.A.A. Forlì, Forlì 1961, rist. anast. Castrocaro Terme 1989;
Alpe Appennina. Storia e storie tra Romagna e Toscana, rivista on-line n.04/2021, Raffaele Monti editore, Cesena 2021;
Piano Strutturale del Comune di Bagno di Romagna, Insediamenti ed edifici del territorio rurale, 2004, Scheda n.248;
Bagno di Romagna, Carta dei sentieri, Istituto Geografico Adriatico, Longiano 2008;
Carta Escursionistica scala 1:25.000, Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi, S.E.L.C.A., Firenze
Link www.alpeappennina.it;
Link www.mokagis.it/html/applicazioni_mappe.asp.
Testo di Bruno Roba
La Valle del Fosso Corneta è interamente attraversabile tramite la S.F. Ridràcoli-Passo del Vinco, in alcuni tratti corrispondente alla Mulattiera di Ridràcoli, mentre tratti dell’antica via si vedono facilmente tra il ponte e la chiesa di Ridràcoli e presso il fabbricato Le Putine, che si trova a km 3,7 dalla chiesa.
foto inviata da http://tracceinappennino.blogspot.com e qui riprodotta con il consenso dell'autore
foto del 2020
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Le seguenti foto sono state scattate da Bruno Roba, che ha anche inserito i testi, e qui riprodotte su autorizzazione dell’autore.
Nota – Per visualizzare le foto nel loro formato originale salvarle sul proprio computer, oppure se il browser lo consente tasto destro sulla foto e Apri immagine in un’altra scheda.
00a1 – 00a2 - 00a3 – Vedute della Valle del Fosso Corneta dal versante opposto in corrispondenza di Poggio Collina (28/03/18).
00b1 – 00b3 - 00b3 – Dalla mulattiera che da Lavacchio scende a Ridràcoli, vedute dell’intera Valle del Corneta dal suo sbocco nel centro di Ridràcoli alle sue diramazioni, tra cui quella del Fosso della Valle o delle Putane, secondo l’antico idronimo, dove si trova Le Putine (19/07/18).
00c1 - 00c2 – Dalla S.F. Grigiole-Casanova dell’Alpe-Poggio alla Lastra presso il Passo del Vinco, scorcio verso la valle del Fosso Corneta e, in p.p., la sua diramazione del Fosso del Fondo, adiacente al Fosso della Valle (19/07/16 - 27/09/16).
00d1 – Dal crinale del Passo della Colla, vedute verso la valle del Fosso della Valle delimitata dal crinale di Poggio La Vecchia (20/08/18).
00e1 - Schema cartografico del bacino idrografico del Fosso Corneta.
00e2 – Schema da mappa catastale della prima metà dell’Ottocento, evidenziante il sistema insediativo, con utilizzo della toponomastica originale, integrata a fini orientativi con i principali rilievi (identificati da utilizzo di grassetto nero). Particolare di mappa delle Putine.
00e3 – 00e4 – Schemi molto differenti per scala di rappresentazione: da mappe di fine Ottocento e della prima metà del Novecento, aggiornata con l’area lacustre. La toponomastica riprende quella originale. C. Putine appare costituito da due fabbricati.
00e5 – Sovrapposizione tra il Catasto Toscano del 1826-34 e il Nuovo Catasto Terreni del 1930-52, da cui si evidenziano le modifiche planimetriche e stradali.
00f1 – 00f2 – 00f3 – Il reimpianto dell’abetina delle Putine ha probabilmente contribuito alla scomparsa di ogni traccia degli annessi agricoli (19/07/16).
00f4/00f10 – Le Putine, a distanza di pochi anni dopo interrotti tentativi di recupero; le altre foto di questa scheda, datate 2020, evidenziano ulteriori dissesti (27/06/12 - 19/07/16).
00g1 – 00g2 – 00g3 – Tracce dell’antica mulattiera (19/07/16 – 27/09/16).