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scheda n. 1517 letta 325 volte

S. Giavolo

inserita da Appenninoromagnolo.it
Tipo : rudere
Altezza mt. : 886
Coordinate WGS84: 43 49' 56" N , 11 53' 12" E
Toponimo nell'arco di
notizie :

Ricordata fin dall'inizio del 1800, abbandonata nel 1963.

Testo di Bruno Roba (24/01/2022) - Il bacino idrografico del Fosso Fondo Rignone appartiene ad un tratto di versante orientale del contrafforte secondario, compreso tra Poggio della Bertesca, il terrazzamento orografico interglaciale di Pian della Saporita, l’area dell’Eremo Nuovo e la dorsale che staccandosi dietro Siepe dell’Orso si sviluppa fino al Bidente subito a monte di Pietrapazza, delimitando a Nord la valle dei Fossi del Vallone e dei Poderini, dorsale già detta Raggio di Valprandola, la parte alta e Raggio da Rignuno o Rignuni di Rignone, il tratto inferiore. Questo brano di territorio è reso particolarmente impervio dal susseguirsi di diramazioni montane che danno origine ad un fitto e quasi indistinguibile reticolo idrografico, tra cui si identificano il Fosso del Castagnaccio e il suo ramo alto, che forse indentifica l’intero torrente, significativamente detto dal Piano al Fondo (ovvero da Pian della Saporita al Fosso Fondo), affluente del Fondo Rignone, e il Fosso di S. Giavolo, affluente del Bidente. Il ramo principale del Fosso Fondo Rignone (accoppiamento toponomastico accrescitivo del termine, dal latino classico, rivus e tardo latino rigus, con il significato sia di fossone, vallone sia di rigagnolo) ha origine dall’ampia sella del contrafforte al Paretaio, che costituisce passo montano di collegamento con la viabilità di crinale e con la Valle di Ridràcoli. Nel XVI secolo il Rignone era l’area più elevata che si estendeva fino all’Abetaccia e a S. Giavolo mentre l’Himo Rignone Rignone Basso riguardava l’area della Casetta, estendendosi fino a Cà dei Conti, a Petrella e al Mulino Milanesi di Pietrapazza o di Cà del Conte. L’area fino alla zona dell’Eremo Nuovo era detta Sangiavolo. Nel XVIII secolo la parte elevata era semplicemente detta Monte e i coltivi di Siepe dell’Orso erano detti i Campi da Monte.

Per l’inquadramento territoriale v. schede Valle del Bidente di PietrapazzaFiume Bidente di Pietrapazza e Fosso Fondo Rignone.

In base al Catasto Toscano (1826/34) nel sistema vallivo dei Fossi Fondo Rignone e di S. Giavolo, in ordine geografico, sorgevano i fabbricati di Siepe dell’orso, detto anche Mottoni, o Siepe all’Orso o Siepe dell’Orso di Sopra, oggi Siepe dell’Orso, restaurato, La Siepe dell’orso, poi distinto in Siepe dell’Orso di Mezzo e Siepe dell’Orso di Sotto, scomparso, Abetaccia Albaraccio Abataccio Abedaccio, nella Carta d'Italia I.G.M. odierna declinato l'AbetacciaCastagnaccio, nella Carta d'Italia declinato il CastagnaccioRignone Rignoni Rignuno Rignuni e Casetta o Casetta di Cà del Conte, nel N.C.T. declinato La Casetta, ridotti a rudere. S. Giavolo, già S. Giavoli o Sangiavolo nella Carta d’Italia dell’I.G.M. precisato C. S. Giavolo, posto nel crinale di separazione dal fosso omonimo, e I Piani o Pian del Ghiro, posto nel crinale di separazione tra i Fossi di S. Giavolo e dell’Eremo Nuovo, sono anch’essi ridotti a rudere o pochi resti. In riva al Bidente, tra gli sbocchi dei due Fossi Fondo Rignone e di S. Giavolo, in un luogo già detto Macchia da Rignoni, si trovano i ruderi di Campo della Sega, già Campo alla Sega, c.d. dai caratteristici affioramenti delle stratificazioni marnoso-arenacee, a volte sporgenti e frammentati come denti di sega. Un ulteriore fabbricato scomparso era Il Baraccone, risalente all’epoca della ferrovia Decauville del Cancellino o della sua trasformazione in rotabile, cui si deve il lascito toponomastico relativo al sito dove sorgeva, presso il tornante stradale che aggira il contrafforte secondario e fronteggiante Siepe dell’Orso, evidente nelle vedute panoramiche. Sulle prime pendici orientali del Raggio di Rignone, scolanti sul Bidente ma anticamente appartenenti all’area di Rignone, si trovano Cà dei Conti, anticamente Casa del Conte e Cà del Conte, nel Catasto Toscano Cà de’ Conti, nella Carta d’Italia I.G.M. di impianto (1894) trascritto come oggi per intero, e Petrella, nella Carta d’Italia dell’I.G.M. odierna C. Petrella, altrimenti anonimo nella cartografia antica ma detto La Petrella. Presso Pietrapazza, in riva al fiume e di là dal ponte si trova il Mulino Milanesi o Mulino di Cà del Conte, presente ma anonimo nel Catasto Toscano, con il solo simbolo dell’Opificio a forza idraulica nella Carta d’Italia I.G.M. di impianto (1894) e con il solo simbolo del fabbricato in quella successiva del 1937.

Il toponimo Sangiavolo anticamente riguardava il versante montano che si estendeva dal Raggio da Rignuno all’area dell’Eremo Nuovo, luogo noto per essere particolarmente impervio oltre che per essere  «[…] fin dal medioevo ricetto per fuorusciti e banditi della Repubblica fiorentina.» (S. Fabiani e G. Fabiani, Cronache del territorio del Capitanato di Bagno. Aspetti della vita civile e religiosa. Il Cinquecento, parte prima (1502-1560), in: ALPE APPENNINA, 02/2020, pp. 220-221, cit.), tanto che nel poggio di S. Giavolo nel 1558 vi fu temporaneamente insediata una batteria di cannoni, tirati da buoi, per controllare tutta la vallata. Vuoi per essere malfamata, vuoi perché La muntâgna la è bëla da vdē «La montagna è bella solo a vedersi, detta un proverbio romagnolo […] , mentre è brutta per chi la vive e chi la pratica, testimoniano tanti toponimi peggiorativi […]» (E. Casali, Aspetti e forme della cultura folclorica, in N. Graziani, a cura di, 2001, p.405, cit.), probabilmente il luogo si meritò tale toponimo ossimorico, dove la componente sacrale ed esorcizzante si vuole contrapporre a quella diabolica: in romagnolo ğàval o giàval è il diavolo, ğavlétt o giavlétt è il diavoletto o fanciullo insolente e i giavulon sono dei confetti. Tanto per non smentirsi, il luogo era detto anche Poggiolo del Pianaccio.

Benché abitato fin dal 1531, nel luogo sono documentati fin dal 1545 alcuni appezzamenti boschivi rientranti tra i beni posseduti dall’Opera del Duomo di Firenze in Romagna, così come risulta dall’inventario eseguito dopo che l’Opera, avendo preso possesso delle selve “di Casentino e di Romagna” e desiderando evitare nuovi insediamenti, aveva costatato che, sia nei vari appezzamenti di terra lavorativa distribuiti in vari luoghi e dati in affitto o enfiteusi che altrove, si manifestavano numerosi disboscamenti e roncamenti non autorizzati. In conseguenza, dalla fine del 1510 l’Opera intervenne decidendo di congelare e confinare gli interventi fatti, stabilendo di espropriare e incorporare ogni opera e costruzione eseguita e concedere solo affitti quinquennali. I nuovi confinamenti vennero raccolti nel “Libro dei livelli e regognizioni livellarie in effetti” che, dal 1545 al 1626 così costituisce l’elenco più completo ed antico disponibile «[…] dei livelli che l’Opera teneva in Romagna […] se ne dà ampio conto qui di seguito […] 1545 […] – Una presa di terra detto il ronco di S. Giavoli di là et un ronco detto il ronco di S. Giavoli di qua, un ronco detto il Castagnaccio e sono in tutti some 25 […]» (A. Gabbrielli, E. Settesoldi, 1977, p. 150, cit.). Un nuovo accurato elenco, relativo al 1637, ancora riguarda appezzamenti privi di costruzioni e non contempla la casa sempre esistente, abitata ed altrimenti documentata: «1637 – Nota dei capi dei beni che l’opera è solita tenete al livellati in Romagna e Casentino e sono notati col medesimo ordine col quale fu di essi fatta menzione nella visita generale che ne fu fatta l’anno 1631: […] 57) San Giavoli e Carlone, ronchi tenuti da redi di Lionardo Cascesi 58) San Giavoli, ronco tenuto da Giovanni Cascesi […]» (A. Gabbrielli, E. Settesoldi, 1977, p. 412, cit.). Per la precisione nella prima metà del Seicento nell’area si trovavano due poderi di proprietà privata, uno minore con casa e forno e uno maggiore con casa, capanno e forno, ma mentre una delle case veniva presto abbandonata (C. Bignami, A. Boattini, 2018, cit.) l’altra vedeva susseguirsi nel secoli seguenti e con continuità proprietari e lavoranti. Le difficili condizioni ambientali probabilmente portarono invece ad un abbandono da parte dell’Opera. Peraltro, una relazione del 1789 conferma quale fosse il tipo di interesse da parte di essa nel mantenimento dei poderi che … : «[…] sono situati alle falde di vasto circondario delle selve d’abeti e sembra che sieno stati fabbricati in detti luoghi per servire di custodia e per far invigilare dai contadini di detti poderi dal fuoco, al taglio insomma alla conservazione  di dette selve […] non ardirei mai di far proposizione di alienarli ma di seguitare a tenerli […] come si rileva chiaramente dalla loro posizione servendo di cordone e custodia alle macchie medesime [...] ma […] potrebbero allinearsi e vendersi per essere […] ridotti in tal cattivo stato dai passati affittuari […]» (A. Gabbrielli, E. Settesoldi, 1977, pp. 441, 442, cit.). Con l’inizio del XX secolo la casa, che finora contava cinque stanze, viene ampliata con una seconda abitazione. Una mappa dell’Archivio Comunale di Bagno di Romagna datata 1888-1913 (cfr. AA.VV., 1989 e C. Bignami, A. Boattini, 2018, cit.), riguardante l’attribuzione delle numerazioni civiche, assegna a S. Giavolo il n. 18. Il confronto tra il Catasto Toscano del 1826-34 e il NCT del 1935-39 evidenzia in planimetria l’ampliamento, che ha comportato una configurazione ad “L”, corrispondente alla porzione di fabbricato dotata di una loggia al P. 1°, come si rileva dalle foto d’epoca. Con l’abbandono, nel 1967 diviene proprietà A.R.F. che però, nella schedatura, registra un fabbricato ormai ridotto ad una superficie coperta di 60 mq per un volume di 240 mc, suddiviso in 4 vani. Gli scarsi ruderi oggi rimasti sono resi ulteriormente irriconoscibili dalla vegetazione che li ricopre.

Per approfondimenti si rimanda alle schede toponomastiche relative ad acque, rilievi e insediamenti citati.

N.B.: - Negli scorsi Anni ’70, a seguito del trasferimento delle funzioni amministrative alla Regione Emilia-Romagna, gli edifici compresi nelle aree del Demanio forestale, spesso in stato precario e/o di abbandono, tra cui Abetaccia, La CasettaRignone S. Giavolo, divennero proprietà dell’ex Azienda Regionale delle Foreste (A.R.F.); secondo una tendenza che riguardò anche altre regioni, seguì un ampio lavoro di studio e catalogazione finalizzato al recupero ed al riutilizzo per invertire la tendenza all’abbandono, senza successo. Con successive acquisizioni il patrimonio edilizio del demanio forlivese raggiunse un totale di 492 fabbricati, di cui 356 nel Complesso Forestale Corniolo e 173 nelle Alte Valli del Bidente. Circa 1/3 del totale sono stati analizzati e schedati, di cui 30 nelle Alte Valli del Bidente. Il materiale è stato oggetto di pubblicazione specifica.

- Il timore suscitato nell’immaginario collettivo dal possibile incontro con animali potenzialmente pericolosi rendeva frequente l’usanza di “battezzare” significativamente i luoghi di tali eventi: Cà dell’Orso, Cà D’Orso, Cà Orsarola, Fonte LupaiaFossa dell’Orso, Fossa del Lupo, Macchia d’OrsoOrsaiolaOrsaroPasso dei Lupatti, Pian dei Lupi, Prato all’Orso, Tana all’Orso. A proposito si può citare l’inchiesta leopoldina del 1766 sull’economia locale del territorio, estremamente povera e di sussistenza specie nelle zone montane, eventualmente integrata con i prodotti della pesca e della caccia ai piccoli animali: se la caccia ai mammiferi maggiori era riservata ai grandi proprietari con riserva dei rapaci e delle loro uova al Granduca, ricompense venivano concesse a chi uccideva lupi e orsi bruni, questi ultimi segnalati ancora nel 1733 presso i confini geografici.

- Quando il toponimo compare con anteposta l’abbreviazione “C.” presumibilmente si è manifestata l’esigenza di precisarne la funzione abitativa; in base alle note tecniche dell’I.G.M., se viene preferito il troncamento Ca, deve essere scritto senza accento: se ne deduce che se compare con l’accento significa che è entrato nella consuetudine quindi nella formazione integrale del toponimo.

RIFERIMENTI   

AA. VV., Dentro il territorio. Atlante delle vallate forlivesi, C.C.I.A.A. Forlì, 1989;

AA.VV., Il popolo di Pietrapazza, C.C.I.A.A. di Forlì, Cooperativa culturale Re Medello, Forlì 1989;

C. Bignami, A. Boattini, La Gente di Pietrapazza, Monti editore, Cesena 2018;

G.L. Corradi (a cura di), Il Parco del Crinale tra Romagna e Toscana, Alinari, Firenze 1992;

G.L. Corradi e N. Graziani (a cura di), Il bosco e lo schioppo. Vicende di una terra di confine tra Romagna e Toscana, Le Lettere, Firenze 1997;

M. Foschi, P. Tamburini, (a cura di), Il patrimonio edilizio nel Demanio forestale. Analisi e criteri per il programma di recupero, Regione Emilia-Romagna A.R.F., Bologna 1979;

M. Gasperi, Boschi e vallate dell’Appennino Romagnolo, Il Ponte Vecchio, Cesena 2006;

N. Graziani (a cura di), Romagna toscana, Storia e civiltà di una terra di confine, Le Lettere, Firenze 2001;

P. Zangheri, La Provincia di Forlì nei suoi aspetti naturali, C.C.I.A.A. Forlì, Forlì 1961, rist. anast. Castrocaro Terme 1989;

ALPE APPENNINA rivista on-line, n. 02, Raffaele Monti editore, Cesena 2020;

Piano Strutturale del Comune di Bagno di Romagna, Insediamenti ed edifici del territorio rurale, 2004, Scheda n.676;

Bagno di Romagna, Carta dei sentieri, Istituto Geografico Adriatico, Longiano 2008;

Carta Escursionistica scala 1:25.000, Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi, S.E.L.C.A., Firenze;

Link https://www.alpeappennina.it/;

Link http://www.igmi.org/pdf/abbreviazioni.pdf;

Link www.mokagis.it/html/applicazioni_mappe.asp.

Percorso/distanze :

Sentiero non segnato sotto il sentiero CAI 221 Pietrapazza - Siepe dell'Orso.

Testo di Bruno Roba - S. Giavolo è raggiungibile con difficoltà (per esperti) dal Sent. 221 CAI dal Paretaio, all’intersezione con la S.F. Poggio alla Lastra-Grigiole, transitando davanti a Siepe dell’Orso e all’Abetaccia (1,1 km) tramite sentieri non segnati o con soli bolli rossi percorrendo in tutto circa 2 km. Qualora si giunga da Pietrapazza, dove si perviene dalla S.F. Poggio alla Lastra-Pietrapazza (sterrata di circa 10 km), si risale il Sent. 221 CAI per giungere a Abetaccia in 1,8 km, poi come detto. È raggiungibile con minore difficoltà dalla S.F. del Cancellino (sterrata non transitabile di 20 km che si distacca al km 198+500 della S.R. 71 Umbro-Casentinese) lungo la quale si trova, poco più a Sud del km 7/13, l’innesto del Sent. 205 CAI che conduce in 700 m ad un tornante da cui parte una mulattiera con bolli rossi che in 1,5 km conduce a S. Giavolo.

foto/descrizione :

foto del 2009


ca s Giavolo


foto del 2010
ca s Giavolo
ca s Giavolo
ca s Giavolo

foto inviate da Walter Donati


foto del 2013
ca s Giavolo
ca s Giavolo
inviate da Andrea Becherini

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Le seguenti foto sono state scattate da Bruno Roba, che ha anche inserito i testi, e qui riprodotte su autorizzazione dell’autore.

Nota – Per visualizzare le foto nel loro formato originale salvarle sul proprio computer, oppure se il browser lo consente tasto destro sulla foto e Apri immagine in un’altra scheda.

00a1 - 00a2 - 00a3 - Dal Monte Piano si può avere una delle più ampie viste dell’intero Spartiacque Appenninico e del contrafforte secondario che si stacca da Poggio allo Spillo/Passo della Crocina, con il suo tratto iniziale della Bertesca aggirato dalla S.F. del Cancellino al Baraccone, nel punto apparentemente sormontato dal Monte Penna; la delimitazione di testata della valle del Fosso del Castagnaccio, costituita dallo scosceso versante NE di Poggio della Bertesca, nel digradare si trasforma nella dorsale che presto si rialza con il Poggio del Pianaccio, dove si trovano i ruderi S. Giavolo ormai immersi nell’impianto restaurativo di pinacee (1/01/12).

00b1 - 00b2 - 00b3 – Dal Monte Castelluccio, oltre il crinale che digrada dal Monte Càrpano, si apprezza l’intero complesso vallivo dei Fossi Fondo Rignone, Castagnaccio e S. Giavolo con le abetine restaurative degli insediamenti di Abetaccia e S. Giavolo (1/01/12).

00c1/00c5 – Dalle pendici del Monte Càrpano si evidenzia la morfologia delle dorsali ed è possibile individuare i ruderi di S. Giavolo, ricoperti da rovi e vitalbe (1/01/12).

00c6/00c9 - Dalla S.F. Nocicchio-Pietrapazza, presso il Poggiaccio, panoramiche e vedute del sistema vallivo dei Fossi Fossi Fondo Rignone, Castagnaccio e S. Giavolo, con indice cartografico di localizzazione degli insediamenti (3/10/11 – 15/11/11 - 16/02/17).

00d1/00d6 – Prima dal tratto alto del Crinale o Raggio del Finocchio, poi dal tratto percorso dal sent. 205 pressi Maestà del Raggio, vedute progressive e da quota inferiore della dorsale di S. Giavolo (3/10/12 - 12/07/16 – 1/09/16).

00e1/00e5 - Dalla Mulattiera di Pietrapazza (sent. 221), vedute della dorsale e del poggio di S. Giavolo o del Pianaccio (9/05/13).

00e6 – 00e7 - Dai pressi di Castagnaccio, vedute della dorsale e del poggio di S. Giavolo (29/06/16).

00f1/00f4 – Dalla dorsale di separazione tra le valli dei Fosso Fondo Rignone e del Vallone-dei Poderini, già Raggio di Valprandola e Raggio da Rignuno o di Rignonevedute della dorsale e del poggio di S. Giavolo; sono indicati i siti di S. Giavolo e di Castagnaccio (8/09/20).

00g1 – Schema cartografico del bacino idrografico del Fosso dell’Eremo Nuovo e adiacenze.

00g2 - Schema cartografico da mappa del XIX sec. che, nella sua essenzialità, evidenziava esclusivamente i tracciati viari di crinale che da S.Sofia raggiungevano lo Spartiacque Appenninico, il tracciato di fondovalle S.Sofia-Poggio alla Lastra che poi si riconnetteva al tracciato di crinale ed il tracciato trasversale che collegava i Passi della Bertesca e di Monte Càrpano transitando da Pietrapazza. La toponomastica riprende, anche nella grafica, quella originale; integrazioni in neretto a fini orientativi.

00g3 – Schema da mappa catastale della prima metà dell’Ottocento, evidenziante il sistema insediativo, con utilizzo della toponomastica originale. Qui compare anche la toponomastica della viabilità principale di fondovalle e di crinale.

00g4 – Schema del sistema viario storico principale al XIX secolo, che nella prima metà del XX secolo venne integrato con il sistema delle mulattiere, su base cartografica dei primi decenni del XX secolo, prima della realizzazione dell’invaso di Ridràcoli e della viabilità provinciale interna.  

00g5 - Schema da cartografia della prima metà del ‘900, corrispondente alla situazione odierna.

 

00h1/00h16 – Dalla pista poderale che discende dalla S.F. del Cancellino, poco a monte della Bertesca, si stacca la mulattiera che reca a S. Giavolo, aggirando due crinali e aprendo scorci panoramici verso il Crinale del Finocchio ed il tratto di contrafforte tra il Monte Castelluccio e Cima del Termine, prima di raggiungere la piantata di pinacee restaurative che in gran parte ricopre gli antichi pascoli poderali (29/06/16 – 25/02/21).

00i1/00i20 – Il boschetto cinge i ruderi della casa colonica, pertanto ricoperti da rovi e vitalbe, rendendoli pressoché irriconoscibili (29/06/16).

00l1 – 00l2 – Collage di foto da rete, documentanti la progressiva fatiscenza del fabbricato nel primo decennio di questo secolo, e particolare pittoricizzato da foto degli scorsi anni ’80 evidenziante il corpo edilizio corrispondente all’ampliamento dei primi anni del ‘900.

00m1/00m4 – Sentiero di crinale che collega rapidamente l’insediamento con la S.F. del Cancellino, presso l’Abetina di Brasco (29/06/16).

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