Podere Romiceto
Testo di Bruno Roba (25/08/2020)
Nel contesto del sistema orografico del versante emiliano-romagnolo dell’Appennino Settentrionale, l’Alta Valle del Fiume Bidente nel complesso dei suoi rami di origine (delle Celle, di Campigna, di Ridràcoli, di Pietrapazza/Strabatenza), assieme alle vallate collaterali, occupa una posizione nord-orientale, in prossimità del flesso che piega a Sud in corrispondenza del rilievo del Monte Fumaiolo. L’assetto morfologico è costituito dal tratto appenninico spartiacque compreso tra il Monte Falterona e il Passo dei Mandrioli da cui si stacca una sequenza di diramazioni montuose strutturate a pettine, proiettate verso l’area padana secondo linee continuate e parallele che si prolungano fino a raggiungere uno sviluppo di 50-55 km: dorsali denominate contrafforti, terminano nella parte più bassa con uno o più sproni mentre le loro zone apicali fungenti da spartiacque sono dette crinali, termine che comunemente viene esteso all’insieme di tali rilievi: «[…] il crinale appenninico […] della Romagna ha la direzione pressoché esatta da NO a SE […] hanno […] orientamento, quasi esatto, N 45° E, i contrafforti (e quindi le valli interposte) del territorio della Provincia di Forlì e del resto della Romagna.» (P. Zangheri, 1961, rist.anast. 1989, p. 9, cit.). L’area, alla testata larga circa 18 km, è nettamente delimitata da due contrafforti principali che hanno origine, ad Ovest, «[…] dal gruppo del M. Falterona e precisamente dalle pendici di Piancancelli […]» (P. Zangheri, 1961, rist.anast. 1989, p. 14, cit.) e, ad Est, da Cima del Termine; in quell’ambito si staccano due contrafforti secondari e vari crinali e controcrinali minori delimitanti le singole vallecole del bacino idrografico.
In particolare, la Valle del Fiume Bidente di Ridràcoli riguarda quel ramo intermedio del Bidente delimitato, ad Ovest, dall’intero sviluppo del contrafforte secondario che si distacca da Poggio Scali e che subito precipita ripidissimo disegnando la sella di Pian del Pero, serpeggiante evidenzia una sequenza di rilievi (i Poggi della Serra e Capannina, l’Altopiano di S.Paolo in Alpe, Poggio Squilla, Ronco dei Preti e Poggio Collina, per terminare con Poggio Castellina) fino a digradare presso il ponte sul Fiume Bidente di Corniolo a monte di Isola, costretto dalla confluenza del Fiume Bidente di Ridràcoli. Ad Est la valle è delimitata dall’intero sviluppo del contrafforte secondario che si diparte da Poggio allo Spillo (collegando Poggio della Bertesca, Croce di Romiceto, i Monti Moricciona, La Rocca, Marino, Pezzoli e Carnovaletto) per concludersi con il promontorio della Rondinaia digradando a valle di Isola costretto dalla confluenza del Fiume Bidentino o Torrente Bidente di Fiumicino nel Fiume Bidente. La Rondinaia è nota per il castello con la sua torre «[…] baluardo di antica potenza, elevato fin dai tempi romani alla difesa contro le orde barbariche che dal nord d’Europa scendevano a depredare le belle contrade d’Italia.» (D. Mambrini, 1935 – XIII, p. 274).
Il bacino idrografico del Fiume Bidente di Ridràcoli, di ampiezza molto superiore rispetto alle valli collaterali e che vede il lago occupare una posizione baricentrica con l’asta principale fluvio/lacustre f.so Lama/invaso/fiume posizionata su un asse mediano Nord-Sud, mostra una morfologia molto differenziata rispetto al suo baricentro. L’area sorgentifera, con la realizzazione dell’invaso artificiale, si differenzia nettamente tra quella che lo alimenta e quella a valle della diga che alimenta direttamente il fiume. A monte del lago l’area imbrifera si amplia estendendosi da Poggio Scali fino al Passo della Crocina mostrando, specie nella parte a ridosso delle maggiori quote dello Spartiacque Appenninico (la c.d. bastionata di Campigna-Mandrioli), fortissime pendenze modellate dall’erosione con formazione di profondi fossi e canaloni fortemente accidentati, talvolta con roccia affiorante, come le Ripe di Pian Tombesi, le Ripe della Porta, le Ripe di Scali e il Canale o Canalone del Pentolino, oltre che dal distacco dello spessore detritico superficiale, con conseguente crollo dei banchi arenacei e lacerazione della copertura forestale, come la Frana Vecchia, 1950, e la Frana Nuova, 1983-1993, sempre attiva, di Sasso Fratino. Il reticolo idrografico confluisce in cinque corsi d’acqua principali che costituiscono i corrispondenti bracci lacustri di cui si compone il lago. Essi sono il Fosso delle Macine, poi di Campo alla Sega, il Fosso degli Altari e il Fosso della Lama, tranne l’ultimo provenienti dal tratto di bastionata interna alla Riserva Integrale di Sasso Fratino. Quindi l’asta torrentizia costituita dalla sequenza dei Fossi del Ciriegiolone, dell’Aiaccia e del Molinuzzo, proveniente dall’anfiteatro generato dal contrafforte secondario nel distaccarsi dallo spartiacque appenninico a Poggio Scali. Infine il Fosso del Molino, che raccoglie il reticolo idrografico generato dal contrafforte secondario distaccatosi da Poggio allo Spillo. Esso è relativamente breve in relazione all’ampiezza del suo alveo ed è totalmente di fondovalle, infatti la sua estensione di circa 2 km vedeva un dislivello di soli 76 m tra il suo antico termine pre-lacustre (confluenza con il Fosso della Lama e conseguente origine del Bidente) e la sua origine, anch’essa dovuta alla confluenza tra il Fosso Rogheta, o della Rogheta e il Fosso di Romiceto.
Il bacino idrografico del Fosso di Romiceto è delimitato, a Levante, dal tratto del contrafforte secondario compreso tra Poggio della Bertesca e il poggio di Croce di Romiceto, a Settentrione dalle diramazioni che si staccano da Croce di Romiceto verso Ponente, mentre il limite sud-occidentale è determinato dalla dorsale di Poggio Fonte Murata che, proiettandosi verso Maestrale parallelamente allo Spartiacque Appenninico, nella piega creata con il contrafforte all’altezza del Passo della Bertesca vede l’origine del Fosso di Ponte Camera, già Fosso delle Grigiole, importante affluente del Romiceto. I bacini dei due fossi sono separati da una diramazione del contrafforte secondario che, nel digradare, forma una sella dove è sorto il fabbricato de Le Grigiole prima di rialzarsi con il picco piramidale di Scaramuccia, omonimo e morfologicamente quasi gemello di quello posto lungo la dorsale di Poggio Fonte Murata, sull’opposto versante vallivo, e con esso collegato da un’antica pista boschiva. Questa diramazione delimita il ramo di origine più elevato del Fosso di Romiceto, ripetutamente attraversato dai tornanti della S.F. del Cancellino; infossata accanto ad uno dei tornanti si trova la Fonte solforosa Le Grigiole.
Il luogo rientrava tra i beni posseduti dall’Opera del Duomo di Firenze in Romagna e il relativo appezzamento boschivo è documentato fin dal 1545 nell’inventario eseguito dopo che l’Opera, avendo preso possesso delle selve “di Casentino e di Romagna”, dove desiderava evitare nuovi insediamenti, aveva costatato che, sia nei vari appezzamenti di terra lavorativa distribuiti in vari luoghi e dati in affitto o enfiteusi che altrove, si manifestavano numerosi disboscamenti e roncamenti non autorizzati; pertanto, dalla fine del 1510 intervenne decidendo di congelare e confinare gli interventi fatti, stabilendo di espropriare e incorporare ogni opera e costruzione eseguita e concedere solo affitti quinquennali. I nuovi confinamenti vennero raccolti nel “Libro dei livelli e regognizioni livellarie in effetti” che, dal 1545 al 1626 così costituisce l’elenco più completo ed antico disponibile. La citazione più antica relativa a questo luogo, ripresa da detto elenco, come accennato risale al 1545: «[…] dei livelli che l’Opera teneva in Romagna […] se ne dà ampio conto qui di seguito […] 1545 […] – Una presa di terra cerretata detta le Mandriacce e Romiceto confina con i beni censuati di Valbona dell’Opera e scende giù fino alla testa del raggio di Valdora e sono some 19 e 1 staio […]» (A. Gabbrielli, E. Settesoldi, 1977, p. 150, cit.).
Premesso che già il toponimo del sito, dal latino «rumicetum = “terra a rovi” (rombici), dal lat. rumex –icis, romice lapazio […].» (A. Polloni, 1966-2004, p. 265, cit.), non è promettente, a dimostrare il tipo di interesse per il legname di questi boschi fa fede una lunga relazione del 1652 presentata direttamente al granduca contenente una molto precisa descrizione dei luoghi e della qualità delle piante presenti a fini economici e da cui si ricava un interessante elenco dei numerosi “vocaboli” che identificano i vari siti. è interessante leggerla confrontando la descrizione del percorso per raggiungere tali luoghi con la rappresentazione grafica antica contenuta in una interessante mappa del 1637 conservata nell’Archivio dell’Opera del Duomo: «La […] Valdoria si trova passando dal Comignolo nel Felcetino al dirimpetto del quale sono le Fontanacce, più alto la Canapaia, poi la Lecceta, e i Balzoni, e quella balza che propriamente si chiama Valdoria. In questi luoghi l’Opera di presente fa fare parte dei suoi legni quadri e son più abbondanti di faggi che di abeti e gli abeti sono per lo più inutili per le galere. Nella spiaggia solamente di Valdoria, verso il fondo quanto acqua pende verso il fosso del Romiceto, vi si trovano alcuni abeti buoni per legni tondi barca e alberi di trinchetto e antenne di maestra di galeazza […], perché se alcune ve n’è a grossezza d’alberi di maestra sono torti o nodosi o altrimenti infetti e fuori detto fondo non vi è legni buoni per galere perché verso la Cresta del Poggio non allungano. Di questo luogo dunque non è da far capitale […]. Però non è da pensare a farvi strade quando fussero peraltro fattibili che non sono, atteso che conviene cavar legni o per Giogo o per la Lama. Per Giogo si reputa impossibile non solo in riguardo de sassi svolte e dirupi che vi sono ma ancora perché per Giogo i buoi non vi avrebbero ne acque ne pasture e per la Lama si vede qualmente essere impossibile o più giacchè oltre alle difficoltà simili che per condurli nella Lama si incontrerebbero poi quell’altre che per cavarli dalla Lama si sono quivi accennate. Con la detta parte di Valdoria comprendesi la Macchia di Romiceto quella delle Grigiole, le coste della Penna, e di Giogo, Pian di Sambuco, e Siepe dell’Orso, e il Pianazzone. Luoghi di la di Valdoria verso levante e sopra di essa verso Giogo ma che piuttosto debbonsi chiamare faggete invece che abetie essendovi fra cento faggi dieci abeti e questi brutti.» (A. Gabbrielli, E. Settesoldi, 1977, pp. 270-271, cit.). La mappa del 1637 si trova riprodotta in A. Gabbrielli, E. Settesoldi, 1977, p. 20, cit. e, a colori, in A. Bottacci, 2009, p. 31, cit.
In merito alla conoscenza e alla descrizione dei luoghi ha grande importanza la «[…] raccolta manoscritta relativa alla Romagna granducale e al Casentino prodotta dia “pittori paesaggisti” Antonio Fedi e Francesco Mazzuoli – sotto la direzione del matematico Pietro Ferroni – nel 1788-89, durante i lavori di progettazione della Strada di Romagna da Firenze ai porti dell’Adriatico per l’Appennino tosco romagnolo. La Raccolta delle principali vedute degli Appennini del Mugello, Casentino e Romagna osservati dai punti più favorevoli sì dalla parte del Mare Mediterraneo, sì dall’opposta dell’Adriatico […] tipica del vedutismo pittorico di matrice rinascimentale – come dimostrano le numerose, suggestive scene di vita e le gustose figurine antropomorfe […]» (M. Sorelli, L. Rombai, Il territorio. Lineamenti di geografia fisica e umana, in: G.L. Corradi, a cura di, 1992, p. 39, cit.); in particolare, nella Veduta dell’Appennino e Monti secondari dell’Opera e Camaldoli dalla parte della Casa-Nuova in Romagna, del Mazzuoli, compresa in tale raccolta (1788, BNCF, G.F. 164 - Cfr. G.L. Corradi, a cura di, 1992, pp. 50-51, cit. e N. Graziani, 2001; p. 875, cit.), tra i siti individuati compare tra l’altro il Fosso di Romiceto chiamato Carpanone, che sbocca dipoi nella Lama.
Alla descrizione seicentesca di luoghi tanto remoti e irraggiungibili fanno riscontro confermativo le approssimative rappresentazioni sopracitate ma, ancora nell’Ottocento, le innovative modalità di restituzione cartografica appena introdotte. Il Catasto geometrico particellare toscano (Catasto Toscano -1826-34), al Foglio Quarto della Sezione K della Lama (datato 19 Luglio1826), rappresenta la vastissima area compresa tra i Fossi della Lama e Romiceto, lo Spartiacque e la dorsale della Bertesca suddividendola sostanzialmente in sole tre grandissime particelle perfettamente quadrangolari (salvo alcune marginali), mancando qualsiasi elemento identificativo del territorio che non siano, appunto, detti fossi, la viabilità di crinale (Strada che dal Sacroeremo va a Romiceto) e alcuni tratti viari presso Romiceto. Nella Carta Geometrica della Regia Foresta Casentinese (1850) per la prima volta viene rappresentata più compiutamente anche l’area corrispondente al sito de Le Grigiole con il fosso omonimo, oggi Fosso di Ponte Camera, e la relativa viabilità, in attesa delle prime ed esaustive mappe topografiche della Carta d’Italia dell’I.G.M., che giungeranno però solo nell’ultimo scorcio del secolo. A tale approssimazione rappresentativa faceva peraltro riscontro una ridottissima presenza di insediamenti. In questo bacino idrografico gli unici insediamenti storici sono il Podere Romiceto, tutt’ora utilizzato e il Molino di Carpanone o del Carpanone (di cui non si conosce la datazione, allo stato di rudere già dalla mappa I.G.M. del 1937), mentre il sempre più fatiscente fabbricato de Le Grigiole (che pare sia sorto per servizio degli operai dell’Opera del Duomo di Firenze prima e dell’A.S.F.D. poi) appare per la prima volta nella cartografia I.G.M. del 1937. Nella citata Carta Geometrica, lungo l’antica via per Valdora, comparivano inoltre due fabbricati detti Capanna (ruderi) e La Capannella (tracce). Fabbricati geograficamente confinanti ma evidentemente afferenti alla stessa area già erano il Paretaio e Siepe dell’Orso, tutt’ora utilizzati, mentre de Il Poderino e di Valdora oggi non rimane praticamente traccia.
Noto anche come Rombiceto, il fabbricato del podere è documentato per la prima volta nel 1636 come preesistente a seguito di un contenzioso relativo a lavori di restauro. I contratti infatti prevedevano che la manutenzione delle varie costruzioni esistenti nei poderi fosse a carico dei conduttori dei fondi ma, essendo piuttosto onerosa o per scarso interesse, essi spesso si rendevano inadempienti dando luogo a procedimenti di addebito, fino al sequestro del raccolto o lunghe cause legali, che consentono, tra l’altro, di attribuire una datazione in merito alla sussistenza degli stessi fabbricati e al nominativo dei loro conduttori. Così da una notizia di tale data si rileva: «Acconcimi alla casa del podere di Romiceto già tenuta a da Riccardo Lollini e lire 201 sono per numero di 85 opre di maestri muratori pagati per mano di Giovanni Gressi, come disse, a diversi presi per rassettare detta casa dall’agosto del 1632 al novembre del 1633 […]» (A. Gabbrielli, E. Settesoldi, 1977, pp. 154-155, cit.). Da un successivo ed accurato elenco risalente al 1637: «1637 – Nota dei capi dei beni che l’opera è solita tenere allivellati in Romagna e Casentino e sono notati col medesimo ordine col quale fu di essi fatta menzione nella visita generale che ne fu fatta l’anno 1631: […] 51) Romiceto, due poderi tenuti da redi di Riccardo Lollini 52) Romiceto, ronco tenuto da ser Antonio Lollini, si pretende che sia e vadia unito al podere di Romiceto 53) Fonte al Ciriegio, ronco tenuto da ser Antonio Lollini, si pretende che sia e vadia unito col podere di Romiceto sopra descritto […]» (A. Gabbrielli, E. Settesoldi, 1977, p. 411, cit.). Una relazione risalente al luglio 1663 documenta che: «Lunedì 13 […] si andò alla volta del Romiceto dove si stette li la sera e li vi trovai Filippo Celloni quale la sera appunto aveva finito di rifare la capanna di nuovo che abbruciò anno passato […]» (A. Gabbrielli, E. Settesoldi, 1977, p. 314, cit.). Da un verbale del 1677 del cancelliere si apprende: «[…] li poderi di Romagna appresso notati cioè […] Rombiceto che tiene a linea Filippo Celloni […]» (A. Gabbrielli, E. Settesoldi, 1977, p. 329, cit.). Quasi mezzo secolo dopo, da un Decreto relativo a pagamenti e riscossioni del 1722, si apprende che si è dovuto: «pubblicamente bandire […] a chi maggiore e migliore offerta ne farà […] il podere di Romiceto […] e non essendovi stato mai oblatore alcuno […] Francesco del quondam Giovanni Rossi […] si fece avanti […] deliberando concesse in affitto al predetto […] di tre anni in tre anni sin che venga disdetto da una delle parti […]» (A. Gabbrielli, E. Settesoldi, 1977, p. 340, cit.). Un altro decreto del 1727 annuncia che, a seguito di disdette, è stato pubblicato il bando per affittare alcuni poderi, tra essi: «Esposti di nuovo all’incanto […] restò affittato quello di Valdoria e ronche a Simone di Matteo Conti […] e fu confermato Francesco Rossi […] nel fitto del Podere Romiceto e nel fitto del Podere della Palestrina […]» (A. Gabbrielli, E. Settesoldi, 1977, p. 345, cit.). Da una relazione del 1751 sullo stato dei poderi dell’Opera si apprende ancora: «[…] 18) ROMICETO tenuto in affitto da Alessandro Brilli. […]» (A. Gabbrielli, E. Settesoldi, 1977 , p. 437, cit.). Nel 1789, da una relazione sui canoni da stabilirsi, risulta che il podere di Romiceto deve essere ripreso in amministrazione per conto dell’Opera essendo situato: «[…] nella bocca dell’egresso dei legnami della selva per la parte della Romagna di S. Sofia. […] per poter avere ad ogni richiesta i contadini e bovi da tiro per levar le travi dalle selve trainarle avanti la chiesa della Casanuova in detto luogo farle segare e vendere […] convenendo di tener provvisti anco quei popoli e quella parte di Romagna […]. Sarà utile e conveniente ancora ridurre i terreni […] in un miglior grado […]» (A. Gabbrielli, E. Settesoldi, 1977, pp. 442-443, cit.). Nell’Archivio dell’Opera si trova la prima documentazione, non datata comunque di fine ‘700, contenente una descrizione delle case rurali dei poderi di appartenenza, dove viene utilizzato il toponimo Rombiceto: «[…] Casa del podere di Rombiceto: Piano a terreno – È composto di una stalla per i manzi, di una stalla per le vacche, di una stalla per gli agnelli, della stanza per il telaio, e della caciaia. Piano a palco – Si entra da una loggetta da un lato della quale vi è il forno e dall’altro lato una stanzetta corrispondente sopra la caciaia. Da questa loggetta si passa ad una stanza soffittata con il cammino, essa introduce ad altre tre stanze a tetto di piano un poco inferiore.» (A. Gabbrielli, E. Settesoldi, 1977, p. 447, cit.). Ulteriore descrizione si trova nel Contratto livellario del 1818 tra l’Opera e il Monastero di Camaldoli: «Tutta questa tenuta […] è composta dai seguenti terreni cioè […] 11° Un podere denominato Romiceto […] con casa da lavoratore composta di numero dodici stanze da cielo a terra, forno, aia, loggia d’ingresso, caciaia, capanna staccata dalla casa, composta di due stanze e stalla il quale casamento merita di essere restaurato e resarcito […]» (A. Gabbrielli, E. Settesoldi, 1977, pp. 466, 468-469, cit.). Dalle istruzioni per una perizia conferita nel 1832, si apprende che sono stati effettuati lavori di restauro o nuova costruzione a carico del Monastero di Camaldoli, in base a concessione enfiteutica, alla casa, alla stalla e alla capanna. (A. Gabbrielli, E. Settesoldi, 1977, p. 459, cit.). Sciolto d’imperio il contratto del 1818 per inadempienze nell’applicazione di un rigoroso regime forestale ai possedimenti dell’Opera, nel 1840 il Granduca fece stipulare un nuovo Contratto livellario con il Monastero di Camaldoli, così si trova un’ulteriore, ed ora estremamente precisa, descrizione del podere e dei fabbricati: «N° 13 - Podere denominato Romiceto […] lavorato dalla famiglia colonica di Domenico Rossi. Fabbricati colonici. La casa rusticale si compone a terreno di una stalla per le capre, di una stanzetta per il telaio, di una stalla per le pecore con altro stalletto contiguo, di un porcile e di una caciaia tutte stanze a palco e aventi ingresso esterno. Al piano superiore si trova un portichetto con forno il quale a sinistra introduce in una cameretta e di fronte alla cucina corredata del camino e dell’acquaio la quale libera una camera inferiore di alcuni scalini ed altra camera grande divisa in due mediante una parete di tavole. Il secondo piano ha due stanze a tetto che una servente per camera ed una soffitta impraticabile l’altra. Questa descritta casa ha bisogno di alcuni riattamenti tra i quali la ricostruzione di una parete interna oltremodo strapiombante e minacciante rovina. Contigua e separata esiste una fabbrica di recente costruzione la quale al terreno ha una sola stanza per il bestiame vaccino lastricata e munita di doppia mangiatoia e nell’altro piano superiore una capanna a tetto con un ingresso a ponente per una scaletta di materiale ed altro a tramontana per la parte dell’aia. Quasi a contatto di questa una loggetta coperta da tettoia la cui parete di tergo è in stato rovinoso. E sull’aia altro capanno di recente costruzione. Intorno esistono i resedi e l’aia sterrata retta da un muro a secco nella parte inferiore. In luogo detto la Capannella altra fabbrichetta composta di una stanza a terreno e di una capanna superiore. […]» (A. Gabbrielli, E. Settesoldi, 1977, pp. 498, 525-526, cit.).
Dopo l’abbandono nel 1959-60 la casa colonica venne ristrutturata negli scorsi anni ’80. Dal confronto tra catasti, oltre a modifiche planimetriche riguardanti i fabbricati maggiori, risulta anche l’esistenza di un piccolo annesso ormai scomparso. È stato recentemente demolito anche fienile ancora documentato, benché fortemente fatiscente, dal Piano Strutturale Comunale. Romiceto, già proprietà ex A.R.F., nell’ambito dei programmi regionali di riutilizzo del patrimonio edilizio nel Demanio forestale era stato sottoposto ad analisi storico-tipologica e metodologica; grazie ad essa risulta che il fabbricato è stato costruito in quattro fasi che hanno visto inizialmente la realizzazione di una stalla seminterrata sfruttante il pendio e sopra una cucina e una stanza entrambe soppalcate con utilizzo del sottotetto, per una superficie coperta di circa 75 mq. Nella 2^ fase sul lato accanto all’ingresso della cucina viene costruito un locale contenente il forno e sottostante stalletto e, sul lato opposto, avviene un incremento laterale, con stalla al P.T. e superiormente una stanza con utilizzo del sottotetto con ingresso dalla cucina. L’incremento della 3^ fase è verso valle su tre piani con la costruzione di due stalle, due stanze e due sottotetti. Con la 4^ fase si rende la planivolumetria rettangolare con la costruzione nella risega di tre piani ad uso stalla, stanza e sottotetto; viene così raggiunta una superficie coperta di circa 200 mq. In base all’elenco dei fabbricati, alla data risulta abitato e dotato di 10 vani per una superficie di 170 mq e 1190 mc. Nel Catasto Toscano è registrata la 4^ fase così descritta: «(290) Casa colonica, capanna. A terreno: quattro stalle, due stanze, stalletto, loggia e forno e capanna. I° piano: cucina, tre stanze stanzetta e capanna.» (M. Foschi, P. Tamburini, 1979, p. 192, cit.).
N.B. - Negli scorsi anni ’70, seguito del trasferimento delle funzioni amministrative alla Regione Emilia-Romagna, gli edifici compresi nelle aree del Demanio forestale, spesso in stato precario e/o di abbandono, divennero proprietà dell’ex Azienda Regionale delle Foreste (A.R.F.); secondo una tendenza che riguardò anche altre regioni, seguì un ampio lavoro di studio e catalogazione finalizzato al recupero ed al riutilizzo per invertire la tendenza all’abbandono, per Romiceto con successo. Con successive acquisizioni il patrimonio edilizio del demanio forlivese raggiunse un totale di 492 fabbricati, di cui 356 nel Complesso Forestale Corniolo e 173 nelle Alte Valli del Bidente. Circa 1/3 del totale sono stati analizzati e schedati, di cui 30 nelle Alte Valli del Bidente. Il materiale è stato oggetto di pubblicazione specifica.
Per approfondimenti ambientali e storici si rimanda alla scheda toponomastica Valle del Bidente di Ridràcoli e/o relative ad acque, rilievi e insediamenti citati.
RIFERIMENTI
AA. VV., Dentro il territorio. Atlante delle vallate forlivesi, C.C.I.A.A. Forlì, 1989;
A. Bottacci, La Riserva Naturale Integrale di Sasso Fratino, 1959-2009, 50 anni di conservazione della biodiversità, Corpo Forestale dello Stato, Ufficio territoriale per la Biodiversità di Pratovecchio, Pratovecchio, 2009;
G.L. Corradi (a cura di), Il Parco del Crinale tra Romagna e Toscana, Alinari, Firenze 1992;
A M. Foschi, P. Tamburini, (a cura di), Il patrimonio edilizio nel Demanio forestale. Analisi e criteri per il programma di recupero, Regione Emilia-Romagna A.R.F., Bologna 1979;
A. Gabbrielli, E. Settesoldi, La Storia della Foresta Casentinese nelle carte dell’Archivio dell’Opera del Duomo di Firenze dal secolo XIV° al XIX°, Min. Agr. For., Roma 1977;
M. Gasperi, Boschi e vallate dell’Appennino Romagnolo, Il Ponte Vecchio, Cesena 2006;
N. Graziani (a cura di), Romagna toscana, Storia e civiltà di una terra di confine, Le Lettere, Firenze 2001;
D. Mambrini, Galeata nella storia e nell’arte, Tipografia Stefano Vestrucci e Figlio, Bagno di Romagna, 1935 – XIII;
A. Polloni, Toponomastica Romagnola, Olschki, Firenze 1966, rist. 2004;
P. Zangheri, La Provincia di Forlì nei suoi aspetti naturali, C.C.I.A.A. Forlì, Forlì 1961, rist. anast. Castrocaro Terme 1989;
Comune di Bagno di Romagna, PSC 2004, Insediamenti ed edifici del territorio rurale, Scheda n.680;
Bagno di Romagna, Carta dei sentieri, Istituto Geografico Adriatico, Longiano 2008;
Carta Escursionistica scala 1:25.000, Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi, S.E.L.C.A., Firenze
Link www.mokagis.it/html/applicazioni_mappe.asp.
sulla sterrata Casanova dell'Alpe - Foresta della Lama
Testo di Bruno Roba
Il Podere Romiceto è raggiungibile in auto tramite le sterrate che transitano da Casanova dell’Alpe.
Le seguenti foto sono state scattate da Bruno Roba, che ha anche inserito i testi, e qui riprodotte su autorizzazione dell’autore.
Nota – Per visualizzare le foto nel loro formato originale salvarle sul proprio computer, oppure se il browser lo consente tasto destro sulla foto e Apri immagine in un’altra scheda.
00a1 – 00a2 – 00a3 - Dal Belvedere Bocab, sulla S.F. S.Paolo in Alpe-La Lama, oltre la valle del Fosso delle Macine ancora in ombra e la dorsale che si stacca da Poggio Scali, il primo sole illumina la convergenza dei vari rilievi che, tra l’altro, circoscrivono la valle del Fosso di Romiceto. Da questo punto di visuale la casa colonica si trova dietro la dorsale che scende da Croce di Romiceto ed in allineamento con il M. Càrpano, che si vede dietro alla freccia (18/12/16).
00b1/00b8 – Dal Monte Penna, subito oltre la linea di crinale della dorsale di Poggio Fonte Murata, si evidenzia la prateria poderale dall’alto valore antropico-paesaggistico di Podere Romiceto, in varie fasi stagionali (7/02/11 – 14/11/11 - 26/01/12 - 13/01/16).
00c1/00c12 – Spostandosi sulla dorsale di Poggio Fonte Murata si aprono vari scorci sull’alta valle del Fosso di Romiceto e sull’area poderale (18/06/11 – 12/06/20 – 19/06/20).
00d1 – 00d2 – Dalla S.F. del Cancellino, pressi km 12, scorcio ravvicinato su Podere Romiceto (11/05/11).
00e1 - Schema da cartografia moderna del bacino idrografico del Fosso di Romiceto.
00e2 – Particolare di una mappa del 1637 (riproduzioni della mappa si trovano in A. Gabbrielli, E. Settesoldi, 1977, p. 20, cit. e, a colori, in A. Bottacci, 2009, p. 31, cit.) dove, in basso, compare il sito di Romiceto e, poco più sopra, quello delle Grigiole. La mappa è attraversata in verticale dal crinale della Bertesca percorso dalla Via Maestra che vien dall’Eremo attraverso la Croce di Guagno, odierno Passo della Crocina.
00e3 – Schema da mappa catastale della prima metà dell’Ottocento evidenziante il sistema insediativo-infrastrutturale ed idrografico, con utilizzo della toponomastica originale, integrata a fini orientativi con i principali rilievi (identificati da utilizzo di corsivo moderno). Costituisce integrazione anche il reticolo idrografico del Fosso di Ponte Camera, infatti nella mappa originale l’area tra il Fosso di Romiceto e lo Spartiacque Appenninico è totalmente priva di riferimenti geografici.
00e4 – Schema da mappa di metà Ottocento; mentre si registra una maggiore completezza di riferimenti geografici si nota la macroscopica approssimazione nell’estendere il Bidente a gran parte del Fosso di Romiceto, peraltro ignorando il tratto già allora attribuito al Fosso del Molino (v. mappa precedente), mentre compare il Fosso delle Grigiole, oggi di Ponte Camera.
00e5 – 00e6 – Schemi molto differenti per scala di rappresentazione: la prima da mappa di fine Ottocento immediatamente precedente la costruzione della ferrovia Decauville destinata all’esbosco del legname, la seconda della prima metà del Novecento, dove compare già realizzata la Strada del Cancellino in sostituzione della ferrovia.
00f1/00f12 – I dintorni di Podere Romiceto con i prati-pascoli ancora utilizzati e tranquillamente coabitati, ma … ognuno per conto suo (27/06/12 – 3/07/14 - 8/07/20).
00f13/00f19 – La casa colonica, ancora in uso; in ultimo, si nota la porzione di fabbricato che contiene il forno (27/06/12 – 3/07/14 - 8/07/20).
00g1 - Schema tipologico delle piante e della sezione del fabbricato con differenziazione in base alle principali fasi di accrescimento e indicazione della destinazione d’uso dei locali (v. testo).
00h1 – Collage fotografico dal Piano Strutturale Comunale (PSC) del 2004 (cit.) dove risultano ancora sussistenti le strutture residue dell’antico fienile, oggi demolito; si vede anche l’interno del locale ad uso forno.