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Val di Covile

inserita da Bruno Roba
Comune : Santa Sofia
Tipo : rudere
Altezza mt. : 802
Coordinate WGS84: 43 52' 34" N , 11 46' 24" E
Toponimo nell'arco di
notizie :

Testo di Bruno Roba (11/04/2018 - Agg. 24/04/24) - La Valle del Fiume Bidente di Campigna ad Est è delimitata da parte del contrafforte secondario che si distacca da Poggio Scali e che subito precipita ripidissimo disegnando la sella di Pian del Pero, serpeggiante evidenzia una sequenza di rilievi (i Poggi della Serra e Capannina, l’Altopiano di S.Paolo in AlpePoggio SquillaRonco dei Preti e Poggio Collina, per terminare con Poggio Castellina) fino a digradare presso il ponte sul Fiume Bidente di Corniolo a monte di Isola, costretto dalla confluenza del Fiume Bidente di Ridràcoli nel Fiume Bidente di Corniolo. Da Poggio Squilla si distacca una dorsale secondaria che, declinando a Nord, dopo il picco di Poggio Aguzzo precipita verso Corniolo con sproni puntati su Lago così completando la chiusura della valle. La sua testata si estende a ridosso delle maggiori quote dello Spartiacque Appenninico (quale parte della c.d. bastionata di Campigna-Mandrioli), caratterizzate dalle fortissime pendenze modellate dall’erosione, con formazione di profondi fossi e canaloni fortemente accidentati talvolta con roccia affiorante, come le Ripe di Scali, il Canale o Canalone del Pentolino, le Ripe della Porta e le Ripe di Pian Tombesi, oltre al distacco dello spessore detritico superficiale, conseguente crollo dei banchi arenacei e lacerazione della copertura forestale.

In dx idrografica il Bidente riceve le acque provenienti dallo Spartiacque dei Fossi dell'Antennadelle Bruciate, della Corbaia, della Ghiraia, della Ruota e del Fiumicino, uno dei suoi maggiori affluenti, a sua volta alimentato da un’ampia ramificazione idrografica, ovvero i Fossi della Fonte del Raggio già della Fonte del Raggiomozzodelle Cullaccedella Porta, mentre i Fossi di Ricopri e di Poggio Scali, già del Canale del Pentolino, costituiscono le sue sezioni più alte; alcuni sono interni alla Riserva Naturale Integrale di Sasso Fratino«I torrenti principali che attraversano la Riserva sono (da Ovest a Est): Sottobacino Bidente di Campigna - Fosso della Porta delle Cullacce, affluente di sinistra del F. di Ricopri - Fosso delle Cullacce, affluente di destra del F. d. Porta d. Cullacce - Fosso del Pentolino, affluente di sinistra del F. di Ricopri - Fosso di Ricopri - Fosso di Poggio Scali, costituente la sezione più alta del F. di Ricopri. […]» (A. Bottacci, P. Ciampelli, a cura di, 2018, p. 27, cit.). Una vena del Fosso della Fonte del Raggio alimenta la Fonte del Raggio, posta al km 4+500 della Strada delle Cullacce e restaurata nel 1977 a cura dell’Amm.re Padula, come da incisione con logo felino. 

Fossi delle Cullacce e della Fonte del Raggio, insieme ai Fossi della Ghiraia e della Ruota, separano tre imponenti dorsali che si staccano dallo Spartiacque, la Costa di Poggio Termini, già Poggio alla Ghiraia, la Costa Poggio del Ballatoio, forse già Poggio Piano e la costa detta Le Cullacce, in particolare dalle varie cime e pieghe in cui si esso articola: Il Poggione, già Poggio Seghettino, il Crino delle Mandre (O. Bandini, G. Casadei, G. Merendi, 1986, p. 116, cit.) o Raggio Lungo, le Ripe di Pian Tombesi e Poggio Pian Tombesi. Di seguito, le vaste ramificazioni del Fosso delle Cullacce si attestano sul Raggio Lungo e sulle Ripe di Pian Tombesi. Dai Poggi Pian Tombesidella Bertona (toponimo in uso nel XIX secolo) e Scali si staccano altrettante imponenti dorsali che racchiudono l’ampio “delta” in cui si frangia il Fosso della Porta nell’attestarsi sulle Ripe della Porta, mentre la stretta ramificazione di origine del Fosso di Poggio Scali, comprendente la profonda incisione del Canale del Pentolino si attesta sulle Ripe di Scali.

Il versante orientale del bacino idrografico del Fosso del Fiumicino è delimitato dal tratto iniziale del contrafforte secondario compreso tra Poggio Scali Poggio Capannina, da cui si stacca la dorsale secondaria che dopo Poggio Ricopri termina con Poggio di Montali (toponimo in uso nel XIX secolo) e gli sproni che obbligano il fiume alle tortuose circonvoluzioni di Fiumari, alle quali contribuiscono le ultime pendici della Costa Poggio del Ballatoio e della Costa Poggio Termini, limite del versante occidentale, tra le quali si interpone il Fosso della Fonte del Raggio.

La CTR assegna all’intera asta torrentizia il medesimo idronimo Fosso del Fiumicino, dalle Ripe di Scali allo sbocco nel Bidente poco a monte del suo attraversamento con il moderno Ponte Giovannone, quasi di fronte alla Chiesa di S. Agostino e presso il Molino di Fiumari. Nella cartografia storica al tratto di origine detto Fosso del Canale del Pentolino fa seguito il Fosso di Ricopri successivamente alla confluenza del Fosso della Porta o del Fosso delle Cullacce, mentre il Fiumicino ha inizio a seguito della confluenza del Fosso della Fonte del Raggio, con uno spettacolare salto di quota. La toponomastica storica, come sopracitato, è sostanzialmente confermata dalla Carta della Riserva Naturale Integrale di Sasso Fratino (A. Bottacci, P. Ciampelli, a cura di, 2018, p. 31, cit.), in base alla quale la sezione più alta è il Fosso di Poggio Scali, mentre il Canale del Pentolino è limitato ad un suo notissimo e precipitoso ramo. 

Per l’inquadramento territoriale v. schede Valle del Bidente di Campigna, Fiume Bidente di Campigna e Fosso del Fiumicino.

L’area e i crinali circostanti in passato erano interessati da stretti ed impervi percorsi utilizzati a scopo militare, per transiti commerciali e per le attività boschive. La prima cartografia storica, ovvero il dettagliato Catasto Toscano (1826-34 – scala 1:5000), la schematica Carta della Romagna Toscana Pontificia (1830-40 – scala 1:40.000), le prime edizioni della Carta d’Italia dell’I.G.M. (1893-94 – scala 1:50.000; 1937 – scala 1:25.000), da integrare per la classificazione storica del Bidente con le Bozze di mappe catastali della Foresta Casentinese e Campigna (1808-1830 – scala 1:5000) e la Carta Geometrica della Regia Foresta Casentinese (1850 – scala 1:20.000), consente di conoscere, tra l’altro, il tracciato della viabilità antica che riguardava la Valle di Campigna. Tra le altre, le c.d. vie dei legni, o Strade dette dei legni per il trasporto dei medesimi (così riportate nella Carta Geometrica) utilizzate per il trasporto del legname fino al Porto di Badia a Poppiena a Pratovecchio, attraverso i valichi appenninici tosco-romagnoli. Oltre alla Strada delle Cullacce, in effetti di epoca moderna, probabilmente risalente al 1938 (come farebbe ipotizzare la data incisa sotto la nicchia della Fonte alla Madonnina - la seconda cifra è poco leggibile) e rientrante nel piano di modernizzazione della viabilità forestale che in 25 anni - dal ‘14 al ‘39 - ha portato alla costruzione di 57,1 Km di strade rotabili, interrotto dal ’39 al ’48 ma ampiamente ripreso nel dopoguerra (F. Clauser, 1962, p.249, cit.), tra le vie che interessano i bacini idrografici in questione, specificamente elencate nel sopracitato contratto di vendita del 1857, con cui le foreste passarono dall’Opera del Duomo di Firenze alle Reali Possessioni, si trova la via che da Poggio Scali scende a Santa Sofia passando per S. Paolo in Alpe«Una vastissima possessione la quale […]. E’ intersecato da molti burroni, fosse e vie ed quella che percorre il crine, dall’altra che conduce dal Casentino a Campigna e prosegue per Santa Sofia, dalla cosidetta Stradella, dalla via delle Strette, dalla gran via dei Legni, dalla via che da Poggio Scali scende a Santa Sofia passando per S. Paolo in Alpe, dalla via della Seghettina, dalla via della Bertesca e più altre.» (A. Gabbrielli, E. Settesoldi, 1977, pp. 163-164, cit.).

Tra le vie dei legni individuate all’inizio del XX secolo dal Direttore generale delle Foreste, al Ministero di Agricoltura, A. Sansone, nella relazione sullo stato delle foreste demaniali (cit.) è citata la via della Sega, che da Pian del Pero, pel fosso delle Culacce, porta alla Calla e da qui a Pratovecchio, funzionale all’utilizzo forestale del versante orientale del Corniolo, documentata anche nelle Bozze di mappa dove, nel tratto iniziale tra il Passo della Calla e il crinale di Costa Poggio Termini (dove si attestano i fossi sopracitati) viene descrittivamente denominata Antica via dei legni detta Via dei Muri ora inservibile, ed è confermata la via del Poggio, che da S. Sofia, per S. Paolo in Alpe e Pian del Pero, sale a Poggio Scali, nelle Bozze di mappa denominata nel tratto alto Strada del Poggio Scali e nel Catasto toscano Via di Scali.

Oltre alla Via di Scali, strada di crinale che correva lungo il limite orientale della valle, la viabilità più antica interessante questo territorio, di origine preromana, percorreva il crinale insediativo di Corniolino; ben infrastrutturata e conservante ancora notevoli tratti di selciato naturale, seguendo la morfologia sopra descritta, superata la sella di Tre Faggi risaliva verso il Monte Gabrendo, giungendovi o dopo una più agevole deviazione dalle Mandracce o per via più diretta sfruttando le balze di Costa Poggio dei Ronchi e Omo Morto ed in ultimo insinuandosi verso Poggio Palaio per ridiscendere verso Campigna tramite la Via del Balzo o sul versante opposto verso Stia: si tratta dell’antica Stratam magistram, la strada maestra romagnola o Via Romagnola che iniziava a Galeata, l’antica Mevaniola. L’inizio del tratto alto-bidentino di questo antico tracciato è facilmente individuabile presso Lago (almeno nello sviluppo posteriore alla fine del XVII sec., successivo alla sopracitata rimodellazione post-lacustre). Tramite il Ponte di Fiordilino, struttura dalla poetica denominazione sul Bidente delle Celle ripresa dal nome di un adiacente fabbricato distrutto dalla frana (rimangono i resti dell’imposto dell’arco, con qualche concio inclinato di innesto, corrispondenti alla struttura del XV sec. ricordata dalla saggistica  - AA.VV., 1982, p. 188, cit. - posti a fianco del ponte moderno), la via antica si inerpicava subito sull’erta rocciosa in allineamento al ponte stesso, come documentato dal Catasto toscano, ma poi deviava fino a rasentare il Bidente quindi proseguiva a mezzacosta verso l’abitato di Corniolino, raggiungendolo presso la Chiesa/Hospitale di S. Maria delle Farnie. Evidenti resti della muratura di sostegno di questo tratto viario si notano poco sopra la provinciale, a 200 m dal ponte di Lago. Superato Corniolino, presso un tornante della S.P. a circa 2 km da Lago, si ritrova il tracciato antico (sent. 259 CAI) che si inerpica verso il Castellaccio poi prosegue sul crinale sfruttando le gradonate di estesi affioramenti rocciosi, dove sono evidenti le tipiche alternanze di arenarie e marne formanti cornicioni sporgenti fratturati a “denti di sega”.

Presso Corniolino si innestava il percorso di fondovalle da Corniolo Campigna che scendeva al Bidente (oggi intercettato dalla S.P. del Bidente a circa 500 m da Lago, dove è stato riutilizzato come accesso di un recente insediamento) superandolo grazie al Ponte dei Ladroni o del Ladrone o della Madonna, in muratura di pietrame ad arco a sesto ribassato, risalente al 1906 e sostituente quello precedente in legno (documentato fino dal ‘600 e cosiddetto a causa di un bandito noto come il ladrone che imperversava nella zona), che però si trovava circa 80 m più a monte, come risulta dal confronto con il Catasto toscano. Il ponte è stato segnalato dal Segretariato Regionale del Ministero della cultura dell’Emilia-Romagna nel portale https://www.tourer.it/. Dopo un breve tratto ancora integro e percorribile fino al moderno Ponte Ilario, datato 1969 e privo di interesse tipologico, la mulattiera procedeva in prossimità del fiume secondo un percorso diverso dalla strada forestale (iniziata negli anni 1966-67), che risale transitando poco sotto Campacci, oggi C. Campaccio. L’antico tracciato infatti giungeva fino al sito di un altro fabbricato che, benché anonimo, era evidentemente destinato a mulino già in base all’evidente rappresentazione di inizio ‘800 del lungo berignale o gora per il prelievo dell’acqua e del bottaccio di accumulo della stessa, confermata dalla simbologia (ruota dentata) dell’Opificio a forza idraulica della Carta d’Italia I.G.M. del 1894. Nella successiva mappa del 1937 il definibile Mulino di Campacci, perse le sue funzioni originarie, è ormai rappresentato come semplice fabbricato. Oggi questa parte di tracciato è stata riutilizzata come strada di servizio per raggiungere le opere di imbrigliamento idraulico dei rami bidentini a favore dell’invaso di Ridràcoli e una moderna stazione di pompaggio ne occupa il sito.

Oltrepassato Campacci, il tragitto antico prima attraversava il Fosso del Fiumicino di S. Paolo con una pedanca (ponte in legno pedonale documentato almeno dall'inizio del XX secolo), oggi sostituita dal Ponte Cesare, poi si inerpicava sul crinale rasentando Moscoso dal lato Est (praticamente dietro l’annesso posto accanto al suo attuale accesso stradale) e poco dopo, attraversato il sito oggi occupato dalla rotabile, scavalcava la sella di Case Fiumari dirigendosi verso il Molino di Fiumari e Campigna, dove giungeva tramite la ripida Via di Villaneta (oggi sent. 243 CAI). Presso Fiumari (di sopra) si innestava la via che si inerpicava fino a di S. Paolo in Alpe tramite Campodonatino e Campodonato, nonstante le caratteristiche di mulattiera classificata nel XX secolo come Strada Com.le Corniolo-Fiumari-S.Paolo, mentre Casa Perinaia e Pian del Coltellino, facenti parte del Popolo di S. Paolo, all'inizio del XIX secolo risultano collegati solo con l’insediamento religioso di appartenenza tramite una ripida mulattiera di cui non rimane traccia, così come degli insediamenti. Un tracciato secondario di crinale, distinto in sequenza nella Via di Val di CovileVia di Ronco del Cianco e Via della Capannina, percorreva la dorsale Poggio di Montali-Poggio Ricopri-Poggio Capannina, mentre varie diramazioni digradavano verso i fondivalle, tra cui la Via dello Scopetino scendeva verso il Fosso di Ricopri/Fiumicino.

L’altopiano di S. Paolo in Alpe, nei documenti dell’archivio dell’Opera del Duomo di Firenze detto Poggio di S. Paolo in Alpe, costituiva confine delle proprietà dell’Opera senza farne parte, che giungevano a comprendere i poderi di Val di Covile e Ronco del Cianco, come documentato fin dal 1545: «[…] dei livelli che l’Opera teneva in Romagna […] se ne dà ampio conto qui di seguito […] 1545 […] – Una presa di terra detta i Ronchi del Cianco e una detta Val di Covile sono some 13 per la Val di Covile, e per il Ronco del Cianco, che va fino al Fossato del Ronco del Conte, sono some 24» (A. Gabbrielli, E. Settesoldi, 1977, pp. 149, 150, cit.).

Per essere particolarmente impervia e difficilmente raggiungibile la parte montana dell'area non fu interessata dall’infrastrutturazione turistica postbellica del comprensorio di Campigna, laddove fortunatamente fu evitato lo «[…] scempio urbanistico minacciato nelle due località di Campigna e Badia Prataglia.» (F. Clauser, 2016, p. 72, cit.), diretto «[…] ad ottenere una ben più alta e deleteria incidenza di strade, ville e negozi all’interno della foresta (richiesta della creazione di un villaggio turistico in Campigna).» (P. Bronchi, 1985, p. 109, cit.), con la costruzione della prima pista sciistica dal Monte Gabrendo ai Prati della Burraia, risalente agli anni 1952/55, cui seguirono l’impianto di risalita collegato alla prima stazione invernale del luogo, oggi Chalet Burraia, struttura nata negli Anni ’30 come servizio per escursioni appenniniche (impianto poi abbandonato e definitivamente smantellato nel 2016 con riqualificazione dell’area), e nel 1958 l’impianto Sodo dei Conti/Fangacci.

Gli unici fabbricati dell’area montana orientale del Corniolo consistono pertanto in ricoveri per boscaioli. Sul crinale che separa i bacini idrografici dei Fossi di Poggio Scali e delle Macine si trovano i resti dell’ex­-rifugio di Pian del Pero, nella Carta d’Italia I.G.M. di impianto (1894), comparente con il toponimo C. Pian del Pero (Casa Pian del Pero), mentre una recente edizione di cartografia escursionistica riporta il toponimo dell’ex rifugio accanto al simbolo dei ruderi, abbandonato per essersi trovato all’interno della Riserva di Sasso Fratino«All’interno della Riserva non sono presenti manufatti, ad eccezione dell’ex rifugio di Pian del Pero, attualmente inutilizzato, e di alcune strutture viarie nelle aree di ampliamento.»  (A. Bottacci, P. Ciampelli, a cura di, 2018, p. 28, cit.). Sul versante di Poggio Capannina appartenente al versante del bacino del Fosso di Ricopri esterno alla Riserva si trovano i resti di un ridottissimo ricovero (monoposto) ancora efficiente poi i resti di un ricovero maggiore, che nel recente passato veniva ricordato come Casetta, entrambi descritti nell’ambito del medesimo percorso: «[…] lasciando il crinale, si evita la diramazione che sale a Poggio Capannina per continuare su un largo sentiero che taglia il pendio sotto il Poggio medesimo a mezza costa. […] dopo aver superato una capanna in sasso, ad una biforcazione. Lasciato a destra il sentiero che scende alla Casetta ci si immette in un sentierino che risale […] sulla strada Corniolo-Lama […]» (O. Bandini, G. Casadei, G. Merendi, 1986, p. 127-128, cit.). Quest’ultimo, perfettamente riconoscibile nella sua consistenza mostra (incoerenti) tracce di un suo moderno riutilizzo consistenti in lastre ondulate di copertura poste ad integrazione delle fatiscenze. Ulteriore fabbricato dell'area montana è il Rifugio Ballatoio, posto sulla Costa Poggio del Ballatoio, comparente nella Carta d’Italia I.G.M. (1937) con il toponimo Casetta: oggetto di attento restauro a scopo escursionistico, è posto presso l’incrocio tra il sentiero di crinale ed uno degli importanti itinerari trasversali di antico utilizzo forestale, in parte corrispondente al Sent. 243 CAI, che mettevano in comunicazione Campigna con l’area di RicopriNegli scorsi Anni ’80 nell’area ancora si contavano inoltre (oggi scomparsi) un Rifugio Renzo lungo la pista in sx del Bidente tra il ponte in legno sotto Villaneta e Case di Sotto (forse riutilizzava l’antico Mulino di Campigna fino alla sua demolizione, ma è una supposizione) e un Rifugio del Raggio, posto lungo la Strada delle Cullacce a 200 m dall’omonima Fonte (O. Bandini, G. Casadei, G. Merendi, 1986, pp. 116-117, cit.). Un altro rudere è posto sull’argine del Fosso di Ricopri, poco prima della confluenza con il Fosso delle Cullacce da cui nasce il Fosso del Fiumicino, probabilmente in origine destinato a ospitare il ricovero di una sega idraulica (Sega di Mezzo). Si tratta di impianti documentati nel sito di Ricopri Ricuopri fin dal XV secolo: «Si sa che nel febbraio 1444 fu concessa una sega sul fosso di Ridracoli verso Valbona […], un’altra fu concessa nel 1482 sul fiume di Ricopri […] utile a detta selva per la località e la via inaccessibile che è a circa quattro miglia […]. Una terza ancora […] sempre sul fiume di Ridracoli nel 1484, ed una quarta nello stesso anno sul fiume di Ricopri in luogo detto i Diaccioni; una quinta nel Pianazzone nel 1490 ed una sesta nel 1503 […], con tanto di edificio, […] sul fiume dell’Asticciola.» (A. Gabbrielli, E. Settesoldi, 1977, pp. 63-64, cit.). Alcuni di tali impianti erano documentati come Sega di Sottodi Mezzo e di Sopra per essere collocate presso il “fiume di Ricopri”. Da un verbale di un’ispezione del 1652: «La terza parte delle selve dell’Opera succede sotto Campigna a levante e contiene […] Sega di Mezzo, Sega di sotto, Ricuopri […].» (A. Gabbrielli, E. Settesoldi, 1977, p. 267, cit.) e da una relazione del 1672: «[…] e scendendo per Ricopri dalla Via di Scali verso la Docciola in quelle coste calando alla sega di sopra sino alla sega di mezzo per la via verso Vellaneta.» (A. Gabbrielli, E. Settesoldi, 1977, p. 388, cit.). Dalla relazione di un’ispezione eseguita nel 1677 da funzionari dell’Opera si ha notizia dell’esistenza di una sega ad acqua a Campigna mentre di quelle che stavano a Ricopri occorreva ripristinarne almeno una.

Dalle corrispondenze tra  la Carta Geometrica, il Catasto toscano e quanto documentato, si rileva l’esistenza di una Via della Sega di Mezzo parallela al Fosso di Ricopri ed i sopracitati resti possono essere quantomeno attribuiti al ripristino sei-settecentesco della Sega di Mezzo, eventualmente costituente la «casetta o capanna […] che serve per comodità del condurre i legni […].» (A. Gabbrielli, E. Settesoldi, 1977, p. 326, cit.), mentre sull’argine rimangono i probabili resti del basamento di appoggio dell’impianto. Peraltro, nella stretta lingua di terra che si interpone tra i Fossi delle Cullacce di Ricopri nel loro confluire si notano resti di muratura di pietrame, attribuibili all’impianto del 1482. Riguardo la collocazione della Sega di Sotto, risalente al 1484, grazie alla cartografia ottocentesca si può individuare con certezza il sito di Diaccioni, posto subito a valle di Val di Covile in riva al Fiumicino. Il luogo, raggiunto da vari tracciati collegati alla viabilità principale dell’epoca, è caratterizzato da ampie aree idonee per l’accatastamento del legname, anche di grandi pezzature, attraversate dalle anse del fosso. Un’ansa presenta la particolarità di un breve canale tagliato parallelamente al fosso, con depositi di pietrame che paiono resti di sistemazioni spondali, facendo presumere che trattasi di opera artificiale di derivazione idraulica, eventualmente dotata di paratie, il tutto a servizio del probabile impianto della Sega di Sotto. La posizione della Sega di Sopra, “scendendo per Ricopri dalla Via di Scali … calando alla sega di sopra sino alla sega di mezzo per la via verso Vellaneta”, oltre che in luoghi non verificabili interni alla Riserva, è immaginabile presso gli attraversamenti del Fosso di Poggio Scali, già del Canale del Pentolino, raggiunti dalla Via della Sega di Mezzo, o in vari siti successivi verso valle. Anche riguardo la collocazione della Sega del Pianazzone, risalente al 1490, grazie alla cartografia ottocentesca si può individuare con certezza il sito di Pianaccione, posto nell’adiacente Valle del Fiumicino di S. Paolo, a valle di Poggio Capannina, sulle sponde di una delle ramificazioni del Fiumicino, area oggi attraversata dagli stretti tornanti della Strada Vic.le Corniolino-S. Paolo in Alpe, a breve distanza dalla Fonte del Rospo, già ricompresa nel podere di Ronco del Cianco: «Di un solo e vasto tenimento di terre tutte giacenti in poggio si compone il podere […]. Questo si conosce per più e diverse denominazioni e vocaboli quali sono: […] Pianaccione […] E' molto intersecato dal Fosso principale detto il Pianaccione, dall'altro fosso delle Fontanelle […]» (A. Gabbrielli, E. Settesoldi, 1977, p. 512, cit.). Riguardo gli impianti sul “fosso” o “fiume di Ridràcoli”, la genericità dell’indicazione non consente di precisarne la collocazione, mentre il sito dell’impianto posto su “fiume dell’Asticciola” non è verificabile trattandosi di luogo interno alla Riserva, salvo precisare che il Fosso dell’Asticciola, con tale idronimo comparente in una mappa del 1637 allegata ad una relazione del 1710 del provveditore dell’Opera del Duomo di Firenze (riproduzioni della mappa si trovano in A. Gabbrielli, E. Settesoldi, 1977, p. 20, cit. e, a colori, in A. Bottacci, P. Ciampelli, a cura di, 2018, p. 35, cit.), nel Catasto toscano detto Fosso della Sega de Butteri, è oggi noto come Fosso dell’Acqua Fredda, nasce dall’area di Frana Nuova al limite di Sasso Fratino ed è un affluente del Fosso di Sasso Fratino, a sua volta affluente del Fosso delle Macine, poi di Campo alla Sega.

Le pendici pedemontane esposte a meridione del sopracitato Poggio di Montali hanno consentito l’unico insediamento della Valle del Fiumicino, costituito dal sopracitato podere di Val di Covile, posto sul limite dell’areale vallivo in prossimità dell’area di Fiumari.

Le identificazioni toponomastiche e grafiche della cartografia antica e moderna (Catasto toscano, Carta d’Italia I.G.M., N.C.T. Nuovo Catasto Terreni, C.T.R. Carta Tecnica Regionale) riguardanti i fabbricati della Valle del Fosso del Fiumicino si possono schematizzare come di seguito elencato:

 - Casetta (Ballatoio): assente nel Catasto toscano, o Casetta nella Carta d’Italia I.G.M. di impianto (1894 e 1937), o Rif.o Ballatoio in quella moderna, o anonimo nel N.C.T., o simbolo anonimo Ricovero di emergenza nella C.T.R.;

- Casetta (Ricopri): assente nel Catasto toscano e nella Carta d’Italia I.G.M. di impianto (1894), o Casetta nella Carta d’Italia I.G.M. di impianto (1937), o simbolo anonimo dei ruderi in quella moderna, o fabbricato anonimo nel N.C.T., o assente nella C.T.R.;

- Val di Covile nel Catasto toscano, o C. Valcovile nella Carta d’Italia I.G.M. di impianto (1894), o C.Val di Covile nella Carta d’Italia I.G.M. di impianto (1937), C. Val di Covile in quella moderna, o Val di Covile nel N.C.T. e nella C.T.R.

Il luogo di Val di Covile, come accennato, si trova su un costone che si distacca da Poggio di Montali e, come appezzamento di terra, è documentato tra i possedimenti già di proprietà dell’Opera del Duomo fin dal 1545. Occorre attendere quasi due secoli perché si ritrovi qualche altra informazione a riguardo quando, da un accurato elenco relativo al 1637, si apprende che l’appezzamento è entrato a far parte del confinante podere di Ronco del Cianco, tenuto da Don Francesco Fabbri, che nel frattempo aveva assunto una notevole rilevanza, infatti gli erano stati uniti ben 13 appezzamenti, tra essi appunto: «[…]14) Valdicovile terre tenute da Don Piero e Don Francesco Fabbri unite al Podere Ronco del Cianco […]» (A. Gabbrielli, E. Settesoldi, 1977, p. 409-410, cit.). Solo circa un secolo dopo, da un decreto del 1731, è documentata la formazione del podere, conseguentemente dotato di casa: «[…] Marco del quondam Antonio Conti fittuario del podere Val di Covile che faceva istanza gli fosse bonificato lo sbasso del fitto […] e gli fu accordato in ducati tre l’anno fino dal 1728 […] stante le scarsissime ricolte che vi ha fatte e fa mediante aver le continue piogge portato via molta terra del medesimo podere […] per il fitto delle terre di detto podere il medesimo Conti deve pagare dal principio del mese di ottobre 1728 in qua et in avvenire scudi 12 l’anno et il solito frutto del bestiame come ha pagato fin’ora […]» (A. Gabbrielli, E. Settesoldi, 1977 , p. 355 cit.). La riduzione dell’affitto non deve aver risolto i problemi del conduttore, probabilmente costretto all’abbandono, considerato che da una relazione del 1751 sullo stato dei poderi dell’Opera si apprende che, pur mantenendo una propria autonomia, forse solo amministrativa, l’affittuario è ora tale Diacinto Mainetti, lo stesso di Ronco del Cianco: «[…] 4) Podere di VALDICOVILE tenuto in affitto da Diacinto Mainetti. In questo podere fu trovato esservi l’appresso bestiame: Vacche da frutto n.6 Due manze sopra un anno n.2 Due tori n.2 Pecore n.28 Agnelli per rilevare n.6 Capre e caprette n.10. semina grano staia 24 e 7 di biade, rimette tutto 130 così disse il lavoratore. Il fittuario faceva istanza di poter roncare un pezzo di terra. Le fu replicato di indirizzare la sua istanza all’Ill.mo Sig. Provveditore dell’Opera […]. […] 6) Podere di RONCO DEL CIANCO tenuto in affitto dal Mainetti medesimo. […]» (A. Gabbrielli, E. Settesoldi, 1977, pp. 433, 434, cit.). Nel 1789, da una relazione sui canoni da stabilirsi, si hanno utili informazioni: «I poderi […] Val di Covile, Ronco del Cianco […] sono situati alle falde di vasto circondario delle selve d’abeti e sembra che sieno stati fabbricati in detti luoghi per servire di custodia e per far invigilare dai contadini di detti poderi al fuoco, al taglio insomma alla conservazione di dette selve[…] non ardirei mai di far proposizione di alienarli ma seguitare a tenerli per l’oggetto che sono stati fabbricati […] come si rileva chiaramente dalla loro posizione servendo di cordone e custodia alle macchie medesime […] onde proporrei di darli in affitto a buoni affittuari […]» (A. Gabbrielli, E. Settesoldi, 1977, pp. 441, 442, cit.). Occorre attendere il Contratto livellario del 1818, tra l’Opera e il Monastero di Camaldoli per trovare la prima descrizione dei fabbricati del podere: «[…] descritte tutte le tenute […] della comunità di Premilcuore la quale viene composta dei seguenti terreni cioè: […] 45° Un podere denominato Val di Covile, in questa Comunità e nel popolo di S. Paolo in Alpi, con casa da lavoratore composta di numero dodici stanze da cielo a terra, con, forno, stalletta con loggia d’ingresso. Questa casa merita di essere resarcita con la spesa di lire 250.» (A. Gabbrielli, E. Settesoldi, 1977, pp. 476, 480, cit.). A tale data il podere risulta composto da diversi terreni “sotto vari vocaboli” di cui vengono nominati Roncacci, Diacceti e Piano Erboso, per un totale di 310 staia (uno staio era pari a circa 1900 mq). Nel 1832 viene conferito l’incarico per una perizia probabilmente relativa a detti lavori di restauro o nuova costruzione della casa del podere, a carico del Monastero di Camaldoli in base alla concessione enfiteutica. (A. Gabbrielli, E. Settesoldi, 1977, p. 459, cit.). Per inadempienze nell’applicazione di un rigoroso regime forestale ai possedimenti dell’Opera, nel 1840 il Granduca fece sciogliere il contratto del 1818 con il Monastero di Camaldoli stipulandone uno nuovo; in esso si trova un’ulteriore, ed ora estremamente precisa, descrizione del podere e dei fabbricati: «N. 3 - Podere di Val di Covile […] lavorato dalla famiglia colonica di Gaetano Michelacci. Fabbricati colonici. Una casa di abitazione della famiglia colonica di recentissima costruzione, si compone al piano terreno di una stalla per il bestiame vaccino con ingresso esterno a mezzogiorno lastricata e munita di doppia mangiatoia di materiale, di una stanzetta lastricata per uso di caciaia a tetto con ingresso parimente esterno e quindi del forno preceduto da una piccola loggetta. Il piano superiore a cui si giunge per una scaletta esterna munita di parapetto si compone di un cavone coperto da tettoia avente uno stalletto sottoposto ed offre ingresso a finestra di una cucina con il piano intavolato corredata di camino acquaio e scaletta di legno a cappello che monta al piano superiore. Questo libera due camerette divise fra loro e dalla cucina medesima mediante delle pareti di tavole. Il secondo piano a tetto ha una stanza buia a capo scala la quale libera numero quattro camerette tutte con il piano intavolato e fra loro separate mediante divisori di legname. Al di sotto di questa descritta fabbrichetta altra ce ne esiste la quale nel suo piano terreno comprende una loggetta che dà ingresso lateralmente ad un porcile e di fronte ad una stalla per le vaccine, lastricata, con mangiatoia e quindi una stalla per le pecore con ingresso esterno. Il piano superiore ha un piccolo portichetto con forno il quale dà ingresso a due stanze oggi ridotte ad uso di capanna. Ed una loggetta a terreno attesa l’inclinazione del suolo precede due stalle che una per le pecore e l’altra per le capre. Superiormente a queste due ultime stanze si trova una capanna a tetto avente ingresso dalla strada. Tali sono i fabbricati addetti a questo podere attorno ai quali esistono i suoi resedi una piazzetta e l’aia ambedue sterrate ed all’ultima descritta fabbrichetta occorrono alcuni restauri. […]» (A. Gabbrielli, E. Settesoldi, 1977, pp. 498, 509-510, cit.). Dal contratto risulta la riconquistata autonomia e vastità dei possedimenti del podere, comprendendo ampia parte del versante occidentale della dorsale fino ad alcuni rilievi del crinale, intersecati da molteplici fossi e fossatelli e da numerose “strade, stradelle e viottole”, tra le quali una proveniente da Castagnoli e diretta a Ronco del Cianco e un’altra diretta verso Poggio Ricopri. Tra i “vocaboli” oggi dimenticati corrispondenti a terreni o confini del podere vi erano Diaccioni, la Cerreta, la Spinacciaia, le Carbonaie, il Mandrione, il Pianello, Poggio di Montale (come accennato, toponimo documentato per la prima volta in occasione dei sopracitati contratti), le Bruciate, il Bagnatoio, Poggio di Ricopri, Ricopri, lo Scopetino, Pian della Ruota e Poggio alla Serra, per un totale di 744 staia, oltre 14 ettari, con una rendita imponibile di lire 256,38. La Carta Geometrica della Regia Foresta Casentinese e adiacenze, datata 1850 e conservata presso il Nàrodni Archiv Praha, consente di localizzare tali luoghi. Il fabbricato, già proprietà ex A.R.F., nell’ambito dei programmi regionali di riutilizzo del patrimonio edilizio nel Demanio forestale venne sottoposto a schedatura da cui si apprende che Val di Covile aveva dimensioni esterne pari a 130 mq e 780 mc, suddivisi in 8 vani, ma non era utilizzato; da tale dato si comprende che a tale epoca esso manteneva ancora la sua consistenza. L’interesse storico-culturale e/o testimoniale è di rilievo anche toponomastico in considerazione dell’associazione di termini sia legati all’orografia del luogo (toponimo molto diffuso nella Romagna collinare dal latino vallis, -is, con il noto significato latino di avvallamento di monti che, anche se utilizzato in senso improprio, è testimonianza esplicita dell’importanza che sito e posizione possono avere esercitato nel processo di localizzazione) sia rapportati in maniera emblematica alla fruizione del territorio con forme tipiche di allevamento: covile = ovile. Dal vocabolario on-line Treccani: «Luogo riparato nel quale abitualmente gli animali si rintanano per dormire o per nascondersi». Dal confronto tra catasti si rilevano notevoli modifiche planimetriche, come confermano i resti ancora consistenti che consentono di riconoscere il fabbricato residenziale più antico affiancato da stalletti e un grosso annesso antistante, tutti presentanti consolidamenti moderni in c.a. e ferro, indici di un abbandono non troppo lontano. 

Per approfondimenti ambientali e storici si rimanda alle schede toponomastiche relative ad acque, rilievi e insediamenti citati.

N.B.: - Dopo la confisca del vasto feudo forestale da parte della Repubblica di Firenze a danno dei conti Guidi, l’alpe del Corniolo, la selva del Castagno e la selva di Casentino ovvero di Romagna che si chiama la selva di Strabatenzoli e Radiracoli tra il 1380 e il 1442 furono donate (il termine contenuto in atti è “assegnato in perpetuo”; A. Gabbrielli, E. Settesoldi, 1977, pp. 15-16, cit.) all’Opera del Duomo di Firenze in Romagna che, per oltre quattro secoli si riservò il prelievo del legname da costruzione e per le forniture degli arsenali di Pisa e Livorno, di quelli della Francia meridionale oltre che per l’ordine dei Cavalieri di Malta. Dopo la presa in possesso l’Opera aveva costatato che sia nei vari appezzamenti di terra lavorativa distribuiti in vari luoghi e dati in affitto o enfiteusi sia altrove si manifestavano numerosi disboscamenti (roncamenti) non autorizzati. Desiderando evitare nuovi insediamenti, dalla fine del 1510 intervenne decidendo di congelare e confinare gli interventi fatti, stabilendo di espropriare e incorporare ogni opera e costruzione eseguita e concedere solo affitti quinquennali. I nuovi confinamenti vennero raccolti nel “Libro dei livelli e regognizioni livellarie in effetti” che, dal 1545 al 1626 così costituisce l’elenco più completo ed antico disponibile. Altri elenchi e documenti utili si sono susseguiti nei secoli seguenti, fino ai contratti enfiteutici del 1818 e del 1840 con il Monastero di Camaldoli, contenenti una precisa descrizione dei confini e delle proprietà dell’Opera.

- Le “vie dei legni” indicano i percorsi in cui il legname, tagliato nella foresta, tronchi interi o pezzato, dal XV° al XIX° secolo veniva condotto prima per terra tramite traini di plurime pariglie di buoi o di cavalli, a valicare i crinali appenninici fino ai porti di Pratovecchio e Poppi sull’Arno, quindi fluitato per acqua, a Firenze e fino ai porti di Pisa e Livorno. Per approfondimenti, v. M. Ducci, G. Maggi, B. Roba, 2024, cit.

- La sega idraulica o “ad acqua” venne inventata da Villard de Honnecourt nel sec. XIII e Leonardo da Vinci ne studiò il funzionamento nel 1480. Già a metà del ‘400 sono documentati alcuni impianti in Casentino, in particolare una sega ad acqua a Camaldoli (i monaci sono stati sempre all’avanguardia nella lavorazione del legno) e due artigiani specializzati a Papiano (M. Massaini, 2015, cit.).

- In base alle note tecniche dell’I.G.M. se in luogo dell’anteposta l’abbreviazione “C.”, che presumibilmente compare quando si è manifestata l’esigenza di precisare la funzione abitativa, viene preferito il troncamento “Ca” deve essere scritto senza accento: se ne deduce che se compare con l’accento significa che è entrato nella consuetudine quindi nella formazione integrale del toponimo. Inoltre, le pratiche scritturali prevedono che tra l’abbreviazione “C”, l’interpunzione e la parola seguente non vi siano interspazi.

RIFERIMENTI    

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Bozze di mappe catastali della Foresta Casentinese e Campigna: URL http://www502.regione.toscana.it/searcherlite/cartografia_storica_regionale_scheda_dettaglio.jsp?imgid=11644;

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URL https://www.treccani.it/vocabolario/;

URL www.mokagis.it/html/applicazioni_mappe.asp.

Percorso/distanze :

Testo di Bruno Roba - Si percorre la rotabile S.Vic.le Corniolino-S.Paolo in Alpe (bivio al km 35+250 circa della S.P. 4R del Bidente –ex S.S. 310- tra la frazione Lago e il tornante delle Balzette, con segnalazione -poco visibile- per S.Agostino, chiesa presso il Molino di Fiumari) nonché Sent. 249 CAI. Dopo oltre 2 km si giunge a Case Fiumari, nuovo bivio a dx, segnalazione S.Agostino e Sent. 249 (che prosegue verso Campigna transitando da Villaneta) che percorsi circa 1,3 km, pressi Molino Fiumari e chiesa di S.Agostino, si abbandona per pista a sx (675 m.s.l.m.) seguendo la segnalazione Sent.275 CAI per Ballatoio ma per un brevissimo tratto: infatti dei nuovi bolli rossi evidenziano un ripido sentiero, sempre sulla sx, che presto diviene mulattiera e che in 15 min. (400-500 mt.) conduce a destinazione. Val di Covile è raggiungibile anche da Ronco del Cianco, superandolo fino al crinale (400 m) e ridiscendendo sul lato opposto (650 m).

foto/descrizione :

Le seguenti foto sono state scattate da Bruno Roba, che ha anche inserito i testi, e qui riprodotte su autorizzazione dell’autore.

001a – Da Poggio Scali, la vegetazione nasconde il primo tratto del contrafforte, di cui se ne nota il successivo sviluppo zigzagante, dove tra Poggio Ricopri e Poggio Capannina, entrambi nodi montani della dorsale che penetra nella valle del Bidente di Campigna, la deformazione prospettica ravvicina Poggio di Montali sulle cui pendici si individua il sito di Ronco del Cianco mentre quello di Val di Covile rimane coperto da Poggio Ricopri (5/02/11 – 15/05/14 – 16/02/18).

 

001b - 001c – 001d - Dal varco sulla Giogana, non lontano da Poggio Scali, aperto dall’incisione del Canale del Pentolino, si sovrasta la sella di Pian del Pero alla cui estremità si erge Poggio della Serra da cui, mentre verso dx si stacca il crinale che penetra nella valle del Bidente di Ridràcoli, in allineamento prosegue il contrafforte fino ai nodi montani di Poggio Capannina e Poggio Ricopri, ma occorre riposizionarsi per riuscire ad ottenere viste dall’alto prospetticamente più realistiche del restante sviluppo della dorsale, che termina con Poggio di Montali, sulle cui pendici si notano i ruderi di Ronco del Cianco mentre il sito di Val di Covile rimane del tutto coperto da Poggio Ricopri (2/09/11 - 15/05/14 – 11/12/14).

 

001g – Schema da cartografia moderna del bacino idrografico dei Fossi della Ruota e del Fosso del Fiumicino, con i suoi tratti alti di Ricopri e di Poggio Scali ed i suoi affluenti della Fonte del Raggio, delle Cullacce, della Porta e Canale del Pentolino.

001h – 001i - Schema da mappa catastale della prima metà dell’Ottocento, evidenziante il sistema insediativo, con utilizzo della toponomastica originale, integrata a fini orientativi con utilizzo di grassetto nero, e confronto schematico tra cartografia antica e moderna da cui si rilevano le modifiche planimetriche e alla viabilità intercorse nel periodo intercorso.

001l – Mappa schematica dedotta da cartografia del 1850 dove, in base ai toponimi storici, sono evidenziati i siti delle seghe idrauliche localizzate a Campigna, prima lato ovest poi forse spostata pressi I Tre Fossati, le altre presso il Fosso di Ricopri, ovvero a Diaccioni la Sega di Sotto e a Ricopri le Seghe di Mezzo e di Sopra, a Pianaccione presso il Fosso Fiumicino di S. Paolo e a Sasso Fratino, sul Fosso dell’Asticciola.

001m – Mappa schematica dedotta da cartografia storica di inizio XX sec. evidenziante reticolo viario e idrografico precedente al completamento della viabilità provinciale.

 

002a – 002b – Il panorama che si apre da Poggio Sodo dei Conti sui rilievi dell’Appennino romagnolo evidenzia la sequenza di dorsali e contrafforti che si sviluppano con prevalentemente parallelismo, tra cui la continuità morfologica tra il primo tratto del contrafforte e il primo tratto della dorsale con l’allineamento Poggio della Serra-Poggio Capannina-Poggio Ricopri, la cui asimmetria delle giaciture dell’ambiente marnoso-arenaceo, pressoché parallelo allo spartiacque principale, pare dovuto a dislocazioni recenti lungo fratture sub verticali ipotizzabili anche per il Monte Penna, o Pian Tombesi sul versante toscano. Al termine della dorsale si nota il profilo di Poggio di Montali ed il costone vi si distacca ed ospita Val di Covile, che rimane poco più sotto (22/12/11).

 

002c – 002d –Da Tre Faggi, all’inizio del Crinale del Corniolino, altra vista da occidente dello stesso tratto di dorsale di cui in precedenza, dove le ombre pomeridiane ne evidenziano la morfologia (30/11/16).

 

002e/002i - Risalendo sul Crinale del Corniolino e percorrendo il sentiero 259 dal lato del Castellaccio si può notare la penetrazione nella valle della dorsale Poggio Capannina-Poggio Ricopri-Poggio di Montali e il condizionamento morfologico alla confluenza del Fosso Fiumicino di S. Paolo nel Bidente (30/11/16 - 13/12/16).

 

002l – 002m - Dalla S.P. 4 si hanno viste ottimali dell’ultimo tratto della dorsale che proviene da Poggio Capannina che consentono di coglierne vari aspetti morfologici; oltre all’assenza di interventi di mitigazione determinanti il forte impatto paesaggistico della rotabile, che ha separato il sito del fabbricato di Moscoso dal suo poderino in gran parte ricoperto da un’abetina, sulla sx si nota l’incisione del Fosso del Fiumicino di S. Paolo all’altezza del Ponte Cesare e il tratto dell’antica mulattiera che raggiungeva il fabbricato sul bordo sx della cresta, interrotto dalla nuova scarpata stradale, di cui si può comprendere la difficoltà del tracciato che si accompagnava ad un insignificante impatto paesaggistico (12/03/12 - 30/11/16).

 

002n/002q – Ancora da una cresta lungo la S.P. 4 del Bidente l’asse visivo è simile a quello da Poggio Sodo dei Conti ma da quota inferiore, così evidenziando l’incisione dei Fossi di Poggio Scali e di Ricopri, che costituiscono tratto iniziale del Fosso del Fiumicino. A mezzacosta del costone che si distacca da Poggio di Montali, che da qui appare molto vicino mostrando le sue caratteristiche morfologiche, si vedono i ruderi di Val di Covile (26/03/12).

 

003a – 003b – 003c – La mulattiera che, lasciato il sentiero 275 per Ballatoio, risale verso Val di Covile (6/04/16).

 

003d/003l – Nel totale abbandono è facile individuare il fabbricato principale residenziale del podere, l’ultima immagine è una neografia pittorica del fabbricato solo 10 anni prima (6/04/16).

 

003m/003q – Gli interni mostrano tracce di inutili interventi di consolidamento; nelle ultime due foto le mensole del camino ancora incastrate consentono di localizzare la cucina (6/04/16).

 

004a/004g – Accanto al fabbricato principale fu realizzato un porcile, consolidato con uso di malta di cemento (6/04/16).

 

004h/004o – L’edificio di maggiori dimensioni del podere è sempre stata la stalla, anch’essa consolidata modernamente ma inutilmente con strutture in c.a.  (6/04/16).

 

004p – Il panorama da Val di Covile si affaccia sullo spartiacque tosco-romagnolo dal Falterona fino a Poggio Pian Tombesi, con vista sulle dorsali delle Cullacce e di Costa Poggio del Ballatoio che si distaccano dal Poggione, separate dall’incisione del Fosso della Fonte del Raggio Mozzo (6/04/16). 

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