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La Casina (di Celle)

inserita da Bruno Roba
Comune : Santa Sofia
Tipo : fabbricato abbandonato
Altezza mt. : 871
Coordinate WGS84: 43 53' 58" N , 11 43' 38" E
Toponimo nell'arco di
notizie :

Testo di Bruno Roba (9/10/2017– Agg. 6/02/19)

Nel contesto del sistema orografico del versante emiliano-romagnolo dell’Appennino Settentrionale, la Valle del Fiume Bidente delle Celle riguarda il ramo occidentale del Bidente ed è delimitata: ad Ovest, da un tratto del contrafforte principale che distacca dal Monte Falco proseguendo per Pian Cancelli «[…] per la costa di Pian delle Fontanelle (m. 1520) scende rapidamente a Poggio Bini (m. 1105), attraversa Poggio Corsoio e risale a Monte Ritoio (m. 1193) […]» (P. Zangheri, 1961, rist.anast. 1989, p. 14, cit.), vira bruscamente verso Est fino al Monte dell’Avòrgnolo, dove riprende l’andamento principale puntando verso Forlì per terminare dopo circa 55 km evidenziando presto i Monti Guffone e della Fratta. Presso l’Avòrgnolo si stacca la dorsale di Pian dell’Olmo, che disegna quell’arco di rilievi che completano la delimitazione del versante vallivo sx, costringendo il Fiume Bidente delle Celle a riunificarsi con il Bidente di Campigna presso Lago e contribuendo a generare poco più in là, sotto il borgo omonimo, il Fiume Bidente di Corniolo. Dai rilievi del contrafforte si staccano varie dorsali delimitanti valli e vallecole contributive del bacino imbrifero: a quella principale, topica, di testata del Bidente delle Celle costituita dalla Valle del Fosso delle Celle seguono in sx idrografica le Valli del Fosso dei Fondi, delle Fontacce, di Lavacchio e della Fontaccia.

Come gli altri vicini, il bacino fluviale del Bidente delle Celle mostra una morfologia nettamente differenziata: se per il versante a ridosso delle maggiori quote dello spartiacque appenninico conseguono fortissime pendenze modellate dall’erosione con formazione di canaloni fortemente accidentati, anche il versante orientale appare frastagliato mentre i versanti occidentali o prevalentemente esposti a meridione mostrano pendii più dolci a prato-pascolo, spesso su terrazzi orografici, che si alternano a tratti intensamente deformati e brecciati. In particolare, prima di rialzarsi con il M. Ritoio, il primo tratto di contrafforte fino a Poggio Bini, con la dorsale che da esso si distacca compenetrando l’alta Valle delle Celle, disegna un anfiteatro naturale che costituisce il bacino idrografico dove ha origine il Fosso delle Celle, che evidenzia pressoché tutti gli aspetti elencati.

Riguardo la toponomastica dell’asta fluviale principale si nota che, destino comune di ogni ramo bidentino di cambiare spesso identità e con differenze tra le varie cartografie, questo ramo del Bidente nel primo tratto è il Fosso delle Celle fino alla confluenza con il Fosso di Pian del Grado, presso Celle, quando diviene Fiume Bidente delle Celle, denominazione che mantiene fino allo sbocco della sua valle presso Lago, quando si riunifica con il Bidente di Campigna. Storicamente era il Fosso Bidente delle Celle, però con origine spostata poco più a monte di Celle ed attribuita alla confluenza tra il Fosso di Pian del Grado e il Fosso dell’Ortaccio. Se si analizza il catasto moderno si vede inoltre che il Fosso delle Celle avrebbe uno sviluppo ridottissimo in quanto avente origine dalla confluenza dei Fossi Guscella e dell’Asticciola, subito a valle de La Casina. In particolare, il Fosso Guscella corrisponde al ramo del Fosso delle Celle appartenente all’asta torrentizia-fluviale principale, avente specifica origine da Poggio Bini.

La viabilità più antica riguardante anche la valle delle Celle è la Via Flaminia Minor, utilizzata dalle legioni romane per valicare l’Appennino al fine di sottomettere Celti, Liguri e Galli Boj che stanziavano nella pianura padana: si ipotizza che provenendo da Montelleri, sopra Stia, transitasse dal Lago degli Idoli, dal Monte Falco e da Poggio Sodo dei Conti, quindi discendeva da quella che oggi è nota come Pista del Lupo lungo la Costa di Pian Cancelli transitando da Pian delle Fontanelle (così detta per la presenza di polle d’acqua) e da Poggio Corsoio dove trovava un bivio ancor oggi praticato: a sx si dirigeva verso Castel dell’Alpe e Faenza per immettersi nella Via Aemilia (questo è ritenuto il più antico itinerario di valico), a dx si dirigeva verso Forlì e Ravenna sia transitando dal crinale del contrafforte principale, dove passava accanto la vetta di Monte Ritoio, sia discendendo verso il percorso vallivo in direzione di Galeata (l’antica Mevaniola), toccando La Fossa poi rasentando Le Celle (dove incrociava il percorso di controcrinale Celle-S. Paolo in Alpe) ed attraversando le Ripe Toscane, le cui stratificazioni rocciose ancora oggi si mostrano funzionali alla percorrenza, anche grazie alla “modernizzazione” dei primi anni del Novecento. Questo tratto, presso il quale sono sorti gli insediamenti di Torni, già C. Torni e Forni, Fossa, Porcini di Sopra già Forni, Porcini di Sotto, oltre alla citata La Casina, costituiva uno dei principali collegamenti con Pian del Grado, infatti sede dei funzionari, detti Operai, e delle guardie dell’Opera del Duomo, quindi “capoluogo” di una valle che ospitò insediamenti di nuclei arcaici di origine ligure e venne sicuramente percorsa anche dai Bizantini di Ravenna a scopo difensivo rispetto ai Longobardi. Parte importante della foresta che la ricopriva (estendendosi fino a Poggio della Serra), detta selva di Castagno, rientrava nella prima donazione del 1380 a favore dell’Opera fiorentina, il cui sfruttamento essa tese subito a riservarsi in modo particolare per le proprie necessità, anche perché la sua collocazione consentiva di limitare i costi di taglio, smacchio e trasporto il quale, anziché verso il porto di Pratovecchio avveniva verso quello di Dicomano sulla Sieve, raggiungendo il crinale ai prati di Sodo dei Conti.

Nella parte più remota della valle dominata dalle cime appenniniche, prima di giungere al ponte moderno con cui la Pista di servizio S.P. 4 del Bidente-Poderone-Pian del Grado attraversa il Fosso di Pian del Grado, occorre fare mente locale (con l’aiuto di una mappa accurata) per rendersi conto che ci si trova nell’area dell’oggi trascuratissimo insediamento industriale/religioso de Le Celle che, insieme al villaggio di Pian del Grado, nel massimo sviluppo demografico giunse a contare una trentina di nuclei familiari (316 abitanti nel 1896). Costituito dalla Chiesa di S. Maria alle Celle, dal Molino di Sopra, dal Molino delle Celle, dal Cimitero di Celle, e dal nucleo di Pianacci, si può estendere fino alla “casa nuova sopra Pianacci, tutti fabbricati abbandonati da decenni e ridotti a rudere. Abbandonata la rotabile e raggiunto subito il fosso si ritrovano le infrastrutture viarie testimonianti di un fondamentale snodo di transito locale e generale costituite da un ponte in legno ad una campata che attraversa il Fosso di Pian del Grado e da un ponte in muratura di pietrame ad arco ribassato che attraversa il Fosso delle Celle: sia questo (di probabile fattura di inizio ‘900) sia quello in legno (più recente) sono sostituzioni di strutture antiche inevitabilmente preesistenti data l’importanza del tracciato, comunque rappresentati nella cartografia di impianto I.G.M. del 1937 con il simbolo grafico detto “pedanca”. Utilizzato anche per raggiungere Pian del Grado tramite La Fossa, questo tracciato dovette mantenere un rilievo superiore fino al XX sec. inoltrato se la mulattiera di fondovalle, come rappresentato già nel catasto ottocentesco e in parte corrispondente alla moderna rotabile, nella cartografia storica IGM viene rappresentata mentre, rasentato il Mulino delle Celle, attraversa il Fosso di Pian del Grado senza strutture, quindi a guado (ma permangono resti consistenti del tracciato che da Celle raggiunge il cimitero e prosegue verso Pian del Grado, ma forse realizzato a seguito della dotazione cimiteriale). Tra i due ponti posti alla confluenza tra il Fosso di Pian del Grado e il Fosso delle Celle, da cui ha origine il Fiume Bidente delle Celle, isolati e praticamente infossati si ergono i resti dell’ormai completamente diroccata Chiesa di S. Maria alle Celle. La prima documentazione della sua esistenza si ha grazie ad … «[…] un atto del 15 aprile 1270, col quale Ventura abate dell’Isola dà in locazione a Bonaventura da Sasso un podere […] nel luogo detto Celle di Solaiolo […] coll’obbligo di far celebrare ogni anno 2 Messe al mese nella chiesa delle Celle […] (Archivio di stato di Firenze, Spogli delle cartapecore di Camaldoli, v. II). […] Campigna appartiene alla parrocchia di S. Maria delle Celle. Di essa abbiamo una prima memoria nel 1223, in un atto delle cartapecore di Camaldoli, come dipendente dalla pieve di Galeata.» (D. Mambrini, 1935 - XIII, pp.268, 271, cit.), documento che consente anche di datare una “chiesa delle Celle” almeno al XIII sec., senza però poter conoscere la sua esatta datazione e collocazione: Celle di Solaiolo è il luogo un podere concesso in cambio di celebrazioni nella chiesa già esistente dal 1223. Nella zona pare già vi fosse insediato un eremo fondato dai conti di Valbona e donato nel 1091 ai Camaldolesi di Isola (E. Rosetti, 1894, p.194, cit.). Dalla relazione di una visita del 1677 dei funzionari dell’Opera: «[…] passando da Monte Corsoio luogo di nostro confino con lo Spedale di S. Maria Nuova scesimo abbasso sino alla Chiesa delle Celle nel qual viaggio molto disastroso per li cattivi passi […]» (A. Gabbrielli, E. Settesoldi, 1977, pp. 320-321, cit.). Un altro autore riporta le descrizioni dei vari visitatori pastorali del ‘6-700, che paiono corrispondere alla situazione odierna: «La chiesa è situata in un asperrimo luogo, alla radice del sommo giogo dell’Appennino, sotto il dirupo di Galterone […] è posta tra il fiume e il fosso e da ambe le parti circondata d’abeti e in luogo orrido e di grande solitudine […]» (E. Agnoletti, 1996, p. 61, cit.).

In questo contesto storico-geografico, a differenza della parte valliva più profonda, da sempre considerata periferica e difficilmente raggiungibile quindi maggiormente segnata dall’abbandono, la Valle del Fosso delle Celle, favorita dalla felice esposizione a meridione e dalla dolce morfologia dei suoi pendii, che hanno favorito il disboscamento con trasformazione in prati-pascoli fino a ridosso del crinale, nonché dalla moderna realizzazione di un’infrastrutturazione viaria, stagionalmente è ancora utilizzata da allevamenti di bestiame allo stato brado e registra l’utilizzo dei suoi principali insediamenti a fini agricoli e/o turistici. Finora non citati, ma presenti quanto abbandonati, sono da segnalare i consistenti resti del Capanno di Porcini e del Seccatoio di Casina, che si trova all’interno dell’Emergenza antropico-ambientale La Casina costituita dal relitto di un castagneto secolare considerato rarità botanico/vegetazionale. Da ricordare che in questa valle, anziché le tipiche maestà, sono presenti due cellette (una a Pian del Grado ed una a La Fossa, cui forse si deve la toponomastica locale insieme al probabile riferimento alle cellae di un antichissimo, documentato ma mai localizzato eremo camaldolese), piccoli e caratteristici chiostri votivi che paiono unire la funzione devozionale al culto delle acque, essendo corredati di fontana con (resti di) mensola/acquaio a corredo dell’icona sacra. Ulteriori insediamenti della valle riguardano gli enigmatici e consistenti ruderi oggi detti Pianacci che, per la tipologia, piace considerarli riutilizzo delle strutture dell’eremo e/o della chiesa risalenti al 1091 e al 1223, ed un fabbricato anonimo, la “casa nuova n.73”, che nella struttura attuale appare edificio novecentesco realizzato in sostituzione o ampliamento di un fabbricato più piccolo, già presente nel Catasto Toscano del 1826-34, oggi corrispondente al civico n.73 della S.Vic.le Fossa-Foscolo, posto tra Pianacci e La Fossa.

Dopo un breve tratto di mulattiera che ancora conserva tracce del selciato e rasenta il piccolo promontorio che ospita gli enigmatici e consistenti ruderi, a fatica riconoscibili ormai ricoperti di rovi, che il Catasto Toscano del 1826-34 degna del toponimo Pianacci (le cui singolari caratteristiche planivolumetriche rendono lecito ipotizzare che si tratti dei resti di un edificio religioso - cfr. scheda toponomastica Pianacci sopra Celle), si risale in direzione La Fossa lungo un canalone causato dal dilavamento dell’antica sede viaria superando l’anonima “casa nuova n.73”, il cui ronco è oggi ricoperto da una fitta quanto circoscritta abetina che rende il sito facilmente individuabile anche da viste panoramiche agevolando anche la percezione dei luoghi circostanti. La Fossa è costituito da un aggregato articolato e complesso di abitazioni e annessi (in origine fienili e stalle) di interesse storico-architettonico, dove si distingue un edificio principale suddiviso in due corpi congiunti da un passaggio coperto ad arco che scavalca uno dei tanti percorsi che vi convergono, attorno al quale si distribuiscono ulteriori annessi, una cappella, già Oratorio di S. Giuseppe alla Fossa, e la citata celletta.

In base alle rappresentazioni cartografiche, probabilmente solo tra fine XIX e inizio XX sec. una diramazione da La Fossa consentiva di raggiungere il villaggio di Pian del Grado rimanendo a mezzacosta e attraversando aree un tempo coperte da faggete plurisecolari e castagneti (come sopracitato oggi riconosciuti per il rilievo antropico-ambientale), come testimoniano i relitti che popolano la zona, trovando insediamenti come La Casina e un caratteristico ed interessante seccatoio. Il fabbricato de La Casina, definito abbandonato ma in gran parte ormai allo stato di rudere, risulta composto da vari corpi eseguiti in ampliamento sui lati e sul retro, in gran parte collassati e, per la porzione più integra, manomesso soprattutto per quanto riguarda la copertura, in Eternit, ormai inutilmente installata come intervento di sussistenza a fronte dell’incipiente degrado. Dal raffronto con il Catasto Toscano del 1826-34 quest’ultima porzione pare quella ivi rappresentata, composta dal fabbricato principale e da un’ala laterale privi di caratteristiche di pregio, benché la loro costruzione venga fatta risalire tra il XVIII e metà del XIX sec. in base alle due date 1788 e 1850, la prima ancora visibile accanto allo stipite di una porta posteriore. Un vicino e piccolo annesso presenta una loggetta e una parte chiusa apparentemente priva di accesso ma dotata di una piccola finestra, di uso incerto salvo che si tratti di un pozzo. A circa 300 m, in un bosco misto di giovani faggi e polloni di castagni ma con relitti di esemplari plurisecolari di tale specie, si trova un seccatoio di un certo interesse storico-tipologico ed architettonico, suddiviso in due porzioni indipendenti, non comunicanti tra loro. Una porzione presenta i resti di una profonda loggia realizzata in ampliamento tramite la prosecuzione delle pareti laterali del fabbricato e dante accesso ad un locale poco profondo ma alto con finestra sopra la porta. L’altra porzione con accesso sulla parete opposta, anch’essa presentante una porta sovrastata da una finestra e di ridotta profondità e di altezza leggermente superiore conseguente ad una copertura non perfettamente complanare. Evidentemente si tratta di due locali per la seccatura delle castagne. Anche questo fabbricato è presente nel catasto storico.

Per approfondimenti si rimanda alle schede toponomastiche Valle del Bidente delle Celle e/o relative a rilievi, acque e insediamenti citati.

RIFERIMENTI   

AA. VV., Dentro il territorio. Atlante delle vallate forlivesi, C.C.I.A.A. Forlì, 1989;

E. Agnoletti, Viaggio per le valli bidentine, Tipografia Poggiali, Rufina 1996;

S. Bassi, N. Agostini, A Piedi nel Parco, Escursioni nel Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi, Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi, ComunicAzione, Forlì 2010;

A. Gabbrielli, E. Settesoldi, La Storia della Foresta Casentinese nelle carte dell’Archivio dell’Opera del Duomo di Firenze dal secolo XIV° al XIX°, Min. Agr. For., Roma 1977;

N. Graziani (a cura di), Romagna toscana, Storia e civiltà di una terra di confine, Le Lettere, Firenze 2001;

E. Rosetti, La Romagna. Geografia e Storia, Ulrico Hoelpli, Milano 1894, rist. anast. University Press Bologna, Castel Bolognese, 1995;

P. Zangheri, La Provincia di Forlì nei suoi aspetti naturali, C.C.I.A.A. Forlì, Forlì 1961, rist. anastatica Castrocaro Terme 1989;

Piano Strutturale del Comune di Santa Sofia, Disciplina particolareggiata degli insediamenti e infrastrutture storici del territorio rurale, 2009, Scheda n.112;

Carta Escursionistica scala 1:25.000, Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi, S.E.L.C.A., Firenze;

Carta dei sentieri Alpe di S. Benedetto, Istituto Geografico Adriatico, Longiano 2014;

Link https://servizimoka.regione.emilia-romagna.it/appFlex/sentieriweb.html.

Percorso/distanze :

Testo di Bruno Roba

Da Pian del Grado, che è facilmente raggiungibile dalla S.P. 4 del Bidente percorrendo circa 6 km rotabili della Pista di servizio SP 4 del Bidente-Poderone-Pian del Grado, in parte sconnessa e ripida, si percorre il sentiero 261 CAI che, aggirato e guadato un ramo del Fosso Bidente delle Celle, si dirige verso La Fossa. Dopo 600 m si raggiunge La Casina. Proseguendo dopo 300 m si trova il seccatoio (Coordinate WGS84 43° 53’ 55” N / 11° 43’ 46” E – Quota 845 m) quindi ulteriori 500 m portano a La Fossa, che dista 500 m da Celle, quindi dalla rotabile.

foto/descrizione :

Le seguenti foto sono state scattate da Bruno Roba, che ha anche inserito i testi, e qui riprodotte su autorizzazione dell’autore.

Nota – Per visualizzare le foto nel loro formato originale salvarle sul proprio computer, oppure se il browser lo consente tasto destro sulla foto e Apri immagine in un’altra scheda.

001a/001e – Dall’estremo del Crinale del Corniolino, pressi I Tre Faggi, si abbraccia l’alto bacino idrografico dove hanno origine i Fossi delle Celle e di Pian del Grado che, confluendo a Celle, daranno origine al Fiume Bidente. Mentre il Crinale di Partinico nasconde la profondità valliva che ospita Celle e gli insediamenti vicini e La Fossa riflette la luce solare, i contrasti cromatici stagionali della vegetazione consentono di individuare anche da remoto alcune ridotte aree corrispondenti a rimboschimenti di conifere che, solitamente, corrispondono ad antichi “ronchi” e relativi insediamenti: tra essi La Casina (30/11/16).

 

001fa – 001fb – 001fc – Dal Crinale di Partinico, che si diparte dai pressi delle Mandriacce, la posizione più ravvicinata consente la vista della Valle del Fosso Bidente delle Celle e dei suoi insediamenti (2/12/16).

001g - 001h – 001i – Dal Sentiero degli Alpini (SA 301 CAI) a SO di P.gio Bini, si abbraccia il versante vallivo dai pressi dell’origine del F.so Bidente, prima che diventi fiume, potendo avere una contestualizzazione dei siti dell’Alta Valle di Celle, tra cui si nota l’abetina da rimboschimento che ormai occulta La Casina (16/04/16).

 

001l – 001m – 001n – Dalla S.F. di Giogo di Castagno (vi si giunge tramite la S.P. n.94 del Castagno dal Passo della Calla), tagliata sotto Pian delle Fontanelle, scorci panoramici consentono la vista della Valle delle Celle a ridosso dal primo tratto del contrafforte tra i MM. Ritoio e Cavallo dove, tra l’alternanza di prati pascoli e aree brulle e incolte e dell'intenso foliage autunnale, si nota il risorto insediamento La Fossa, mentre sotto l’osservatore il vertice determinato dalla verdeggiante Costa Poggio dell’Aggio Grosso, che delimita l’incisione del Fosso di Pian del Grado, indica il tetto di una casa di quel villaggio; nelle viste ravvicinate si nota Porcini di Sotto posto sul bordo di una “biancana” seguita dal rimboschimento di conifere che ricopre l’antico “ronco” de La Casina, ma la gran parte rimane occultata dalla ripida e spoglia dorsale costituente l'altro versante del fosso (7/10/17).

 

001o – Dal bordo della conca di Pian del Grado, uno scorcio verso l’Alta Valle del Fosso Bidente delle Celle consente la vista, in p.p., dell’abetina dove si cela La Casina, da posizionare poco sotto la radura corrispondente all’area brecciata (6/12/16).

001p –Il bacino idrografico del Fosso delle Celle; elaborazione da cartografia moderna integrata con localizzazione di luoghi di antica datazione; qui l’idronimo è assegnato all’intero corso del fosso.

001q - Elaborazione da cartografia di inizio Ottocento con rappresentazione dell’assetto insediativo ed infrastrutturale: i fabbricati ancora utilizzati sono quelli raggiunti dalle moderne piste poderali mentre tratti superstiti della viabilità antica consentono i collegamenti sentieristici e di raggiungere i fabbricati abbandonati. La scrittura della toponomastica riprende quella originale; il F.so delle Celle, Fossa e il ridotto nucleo antico di “casa nuova” (riquadro in basso a dx) compaiono anonimi.

 

001r – Schema di mappa risalente ai primi decenni del XX sec. da cui si nota la fitta rete di mulattiere corrispondente ad una intensa frequentazione della valle; mentre il fabbricato di “casa nuova” è presente nella cartografia I.G.M. di impianto in scala 1:50.000 (1894) non compare in quella successiva in scala 1:25.000 (1937), per cui (salvo una svista) può ipotizzare che nei primi decenni del XX sec. sia crollato (terremoto del ’18?), in attesa di una futura e più ampia ricostruzione.

002a/002l – Al limite di un rimboschimento non recente di abeti i resti de La Casina mostrano una porzione coperta da onduline in Eternit in un estremo tentativo di salvaguardia, che probabilmente corrisponde al nucleo più antico, oltre ad ampie porzioni sul lato e sul retro ormai collassate; accanto allo stipite di una porta posteriore è ancora visibile la data 1788 (6/12/16).

 

002m – 002n – 002o – Nelle adiacenze del fabbricato principale si trova un piccolo annesso costituito da una loggetta ed un piccolo locale privo di accesso salvo una piccola apertura che fa presumere si trattasse di un pozzo (6/12/16).

 

003a/003e – Dal bordo della conca di Pian del Grado, se dalla contemplazione del paesaggio l’attenzione si sposta sulla faggeta del versante sx del Fosso Bidente delle Celle la vestizione stagionalmente spoglia lascia trasparire un annesso, probabile un seccatoio ad uso dei castagneti anche seminaturali di cui ancora rimangono ridotti appezzamenti di valore antropico-ambientale (6/12/16)  

 

003f/003v – L’annesso già visto dall’alto mostra ancora tutte le sue peculiarità funzionali di un seccatoio, costituite da due locali strettissimi ed alti, non comunicanti, uno dei quali preceduto da una loggia che appare un ampliamento realizzato prolungando le pareti laterali del fabbricato (6/12/16).

 

004a/004g – La giovane boscaglia che nasconde il seccatoio è disseminata da relitti di esemplari plurisecolari anche dei castagni che anticamente vegetavano nella valle (6/12/16).

 

004h/004p – La mulattiera che reca a La Fossa guada alcuni rami del Fosso Bidente delle Celle, evidenziando sia nell’alveo sia nella sede viaria alcune stratificazioni arenacee superficiali (6/12/16).

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