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Casa nuova (sopra Pianacci di Celle)

inserita da Bruno Roba
Comune : Santa Sofia
Tipo : fabbricato abbandonato
Altezza mt. : 805
Coordinate WGS84: 43 53' 52" N , 11 44' 3" E
Toponimo nell'arco di
notizie :

Testo di Bruno Roba (Lug. 2017 – Agg. 1/02/19)

Nel contesto del sistema orografico del versante emiliano-romagnolo dell’Appennino Settentrionale, la Valle del Fiume Bidente delle Celle riguarda il ramo occidentale del Bidente ed è delimitata: ad Ovest, da un tratto del contrafforte principale che distacca dal Monte Falco proseguendo per Pian Cancelli «[…] per la costa di Pian delle Fontanelle (m. 1520) scende rapidamente a Poggio Bini (m. 1105), attraversa Poggio Corsoio e risale a Monte Ritoio (m. 1193) […]» (P. Zangheri, 1961, rist.anast. 1989, p. 14, cit.), vira bruscamente verso Est fino al Monte dell’Avòrgnolo, dove riprende l’andamento principale puntando verso Forlì per terminare dopo circa 55 km evidenziando presto i Monti Guffone e della Fratta. Presso l’Avòrgnolo si stacca la dorsale di Pian dell’Olmo, che disegna quell’arco di rilievi che completano la delimitazione del versante vallivo sx, costringendo il Fiume Bidente delle Celle a riunificarsi con il Bidente di Campigna presso Lago e contribuendo a generare poco più in là, sotto il borgo omonimo, il Fiume Bidente di Corniolo. Dai rilievi del contrafforte si staccano varie dorsali delimitanti valli e vallecole contributive del bacino imbrifero: a quella principale, topica, di testata del Bidente delle Celle costituita dalla Valle del Fosso delle Celle seguono in sx idrografica le Valli del Fosso dei Fondi, delle Fontacce, di Lavacchio e della Fontaccia.

Come gli altri vicini, il bacino fluviale del Bidente delle Celle mostra una morfologia nettamente differenziata: se per il versante a ridosso delle maggiori quote dello spartiacque appenninico conseguono fortissime pendenze modellate dall’erosione con formazione di canaloni fortemente accidentati, anche il versante orientale appare frastagliato mentre i versanti occidentali o prevalentemente esposti a meridione mostrano pendii più dolci a prato-pascolo, spesso su terrazzi orografici, che si alternano a tratti intensamente deformati e brecciati. In particolare, prima di rialzarsi con il M. Ritoio, il primo tratto di contrafforte fino a Poggio Bini, con la dorsale che da esso si distacca compenetrando l’alta Valle delle Celle, disegna un anfiteatro naturale che costituisce il bacino idrografico dove ha origine il Fosso delle Celle, che evidenzia pressoché tutti gli aspetti elencati.

Riguardo la toponomastica dell’asta fluviale principale si nota che, destino comune di ogni ramo bidentino di cambiare spesso identità e con differenze tra le varie cartografie, questo ramo del Bidente nel primo tratto è il Fosso delle Celle fino alla confluenza con il Fosso di Pian del Grado, presso Celle, quando diviene Fiume Bidente delle Celle, denominazione che mantiene fino allo sbocco della sua valle presso Lago, quando si riunifica con il Bidente di Campigna. Storicamente era il Fosso Bidente delle Celle, però con origine spostata poco più a monte di Celle ed attribuita alla confluenza tra il Fosso di Pian del Grado e il Fosso dell’Ortaccio. Se si analizza il catasto moderno si vede inoltre che il Fosso delle Celle avrebbe uno sviluppo ridottissimo in quanto avente origine dalla confluenza dei Fossi Guscella e dell’Asticciola, subito a valle de La Casina. In particolare, il Fosso Guscella corrisponde al ramo del Fosso delle Celle appartenente all’asta torrentizia-fluviale principale, avente specifica origine da Poggio Bini.

La viabilità più antica riguardante anche la valle delle Celle è la Via Flaminia Minor, utilizzata dalle legioni romane per valicare l’Appennino al fine di sottomettere Celti, Liguri e Galli Boj che stanziavano nella pianura padana: si ipotizza che provenendo da Montelleri, sopra Stia, transitasse dal Lago degli Idoli, dal Monte Falco e da Poggio Sodo dei Conti, quindi discendeva da quella che oggi è nota come Pista del Lupo lungo la Costa di Pian Cancelli transitando da Pian delle Fontanelle (così detta per la presenza di polle d’acqua) e da Poggio Corsoio dove trovava un bivio ancor oggi praticato: a sx si dirigeva verso Castel dell’Alpe e Faenza per immettersi nella Via Aemilia (questo è ritenuto il più antico itinerario di valico), a dx si dirigeva verso Forlì e Ravenna sia transitando dal crinale del contrafforte principale, dove passava accanto la vetta di Monte Ritoio, sia discendendo verso il percorso vallivo in direzione di Galeata (l’antica Mevaniola), toccando La Fossa, già C. la Fossa, poi rasentando Le Celle (dove incrociava il percorso di controcrinale Celle-S. Paolo in Alpe) ed attraversando le Ripe Toscane, le cui stratificazioni rocciose ancora oggi si mostrano funzionali alla percorrenza, anche grazie agli “ammodernamenti” dei primi anni del Novecento. Questo tratto, presso il quale sono sorti gli insediamenti di Torni, già C. Torni e Forni, Fossa, Porcini di Sopra già Forni, Porcini di Sotto, oltre ai citati La Casina e La Fossa, costituiva uno dei principali collegamenti con Pian del Grado, infatti sede dei funzionari, detti Operai, e delle guardie dell’Opera del Duomo, quindi “capoluogo” di una valle che ospitò insediamenti di nuclei arcaici di origine ligure e venne sicuramente percorsa anche dai Bizantini di Ravenna a scopo difensivo rispetto ai Longobardi. Parte importante della foresta che la ricopriva (estendendosi fino a Poggio della Serra), detta selva di Castagno, rientrava nella prima donazione del 1380 a favore dell’Opera fiorentina, il cui sfruttamento essa tese subito a riservarsi in modo particolare per le proprie necessità, anche perché la sua collocazione consentiva di limitare i costi di taglio, smacchio e trasporto il quale, anziché verso il porto di Pratovecchio avveniva verso quello di Dicomano sulla Sieve, raggiungendo il crinale ai prati di Sodo dei Conti.

Nella parte più remota della valle dominata dalle cime appenniniche, prima di giungere al ponte moderno con cui la Pista di servizio S.P.4 del Bidente-Poderone-Pian del Grado attraversa il Fosso di Pian del Grado, occorre fare mente locale (con l’aiuto di una mappa accurata) per rendersi conto che ci si trova nell’area dell’oggi trascuratissimo insediamento industriale/religioso de Le Celle che, insieme al villaggio di Pian del Grado, nel massimo sviluppo demografico giunse a contare una trentina di nuclei familiari (316 abitanti nel 1896). Costituito dalla Chiesa di S. Maria alle Celle, dal Molino di Sopra, dal Molino delle Celle, dal Cimitero di Celle, e dal nucleo di Pianacci, si può estendere fino alla “casa nuova sopra Pianacci, tutti fabbricati abbandonati da decenni e ridotti a rudere. Abbandonata la rotabile e raggiunto subito il fosso si ritrovano le infrastrutture viarie testimonianti di un fondamentale snodo di transito locale e generale costituite da un ponte in legno ad una campata che attraversa il Fosso di Pian del Grado e da un ponte in muratura di pietrame ad arco ribassato che attraversa il Fosso delle Celle: sia questo (di probabile fattura di inizio ‘900) sia quello in legno (più recente) sono sostituzioni di strutture antiche inevitabilmente preesistenti data l’importanza del tracciato, comunque rappresentati nella cartografia di impianto I.G.M. del 1937 con il simbolo grafico detto “pedanca”. Utilizzato anche per raggiungere Pian del Grado tramite La Fossa, questo tracciato dovette mantenere un rilievo superiore fino al XX sec. inoltrato se la mulattiera di fondovalle, come rappresentato già nel catasto ottocentesco e in parte corrispondente alla moderna rotabile, nella cartografia storica IGM viene rappresentata mentre, rasentato il Mulino delle Celle, attraversa il Fosso di Pian del Grado senza strutture, quindi a guado (ma permangono resti consistenti del tracciato che da Celle raggiunge il cimitero e prosegue verso Pian del Grado, ma forse realizzato a seguito della dotazione cimiteriale). Tra i due ponti posti alla confluenza tra il Fosso di Pian del Grado e il Fosso delle Celle, da cui ha origine il Fiume Bidente delle Celle, isolati e praticamente infossati si ergono i resti dell’ormai completamente diroccata Chiesa di S. Maria alle Celle. La prima documentazione della sua esistenza si ha grazie ad … «[…] un atto del 15 aprile 1270, col quale Ventura abate dell’Isola dà in locazione a Bonaventura da Sasso un podere […] nel luogo detto Celle di Solaiolo […] coll’obbligo di far celebrare ogni anno 2 Messe al mese nella chiesa delle Celle […] (Archivio di stato di Firenze, Spogli delle cartapecore di Camaldoli, v. II). […] Campigna appartiene alla parrocchia di S. Maria delle Celle. Di essa abbiamo una prima memoria nel 1223, in un atto delle cartapecore di Camaldoli, come dipendente dalla pieve di Galeata.» (D. Mambrini, 1935 - XIII, pp.268, 271, cit.), documento che consente anche di datare una “chiesa delle Celle” almeno al XIII sec., senza però poter conoscere la sua esatta datazione e collocazione: Celle di Solaiolo è il luogo un podere concesso in cambio di celebrazioni nella chiesa già esistente dal 1223. Nella zona pare già vi fosse insediato un eremo fondato dai conti di Valbona e donato nel 1091 ai Camaldolesi di Isola (E. Rosetti, 1894, p.194, cit.). Dalla relazione di una visita del 1677 dei funzionari dell’Opera: «[…] passando da Monte Corsoio luogo di nostro confino con lo Spedale di S. Maria Nuova scesimo abbasso sino alla Chiesa delle Celle nel qual viaggio molto disastroso per li cattivi passi […]» (A. Gabbrielli, E. Settesoldi, 1977, pp. 320-321, cit.). Un altro autore riporta le descrizioni dei vari visitatori pastorali del ‘6-700, che paiono corrispondere alla situazione odierna: «La chiesa è situata in un asperrimo luogo, alla radice del sommo giogo dell’Appennino, sotto il dirupo di Galterone […] è posta tra il fiume e il fosso e da ambe le parti circondata d’abeti e in luogo orrido e di grande solitudine […]» (E. Agnoletti, 1996, p. 61, cit.).

In questo contesto storico-geografico, a differenza della parte valliva più profonda, da sempre considerata periferica e difficilmente raggiungibile quindi maggiormente segnata dall’abbandono, la Valle del Fosso delle Celle, favorita dalla felice esposizione a meridione e dalla dolce morfologia dei suoi pendii, che hanno favorito il disboscamento con trasformazione in prati-pascoli fino a ridosso del crinale, nonché dalla moderna realizzazione di un’infrastrutturazione viaria, stagionalmente è ancora utilizzata da allevamenti di bestiame allo stato brado e registra l’utilizzo dei suoi principali insediamenti a fini agricoli e/o turistici. Finora non citati, ma presenti quanto abbandonati, sono da segnalare i consistenti resti del Capanno di Porcini e del Seccatoio di Casina, che si trova all’interno dell’Emergenza antropico-ambientale La Casina costituita dal relitto di un castagneto secolare considerato rarità botanico/vegetazionale. Da ricordare che in questa valle, anziché le tipiche maestà, sono presenti due cellette (una a Pian del Grado ed una a La Fossa, cui forse si deve la toponomastica locale insieme al probabile riferimento alle cellae di un antichissimo, documentato ma mai localizzato eremo camaldolese), piccoli e caratteristici chiostri votivi che paiono unire la funzione devozionale al culto delle acque, essendo corredati di fontana con (resti di) mensola/acquaio a corredo dell’icona sacra.

Dopo un breve tratto di mulattiera che ancora conserva tracce del selciato e rasenta il piccolo promontorio che ospita gli enigmatici e consistenti ruderi, a fatica riconoscibili ormai ricoperti di rovi che, il Catasto Toscano del 1826-34, degna del toponimo Pianacci (le cui singolari caratteristiche planivolumetriche rendono lecito ipotizzare che si tratti dei resti di un edificio religioso - cfr. scheda toponomastica Pianacci sopra Celle), occorre risalire in direzione La Fossa lungo un canalone causato dal dilavamento dell’antica sede viaria, oggi sent. 261 CAI. Fatti pochi passi si trova il catastalmente anonimo fabbricato definibile “casa nuova”, o “casa nuova n.73” in quanto oggi corrispondente al civico n.73 della S.Vic.le Fossa-Foscolo, posto tra Pianacci e La Fossa. Fatiscente ma non pericolante, nella struttura attuale appare edificio novecentesco realizzato in sostituzione o ampliamento del fabbricato più piccolo già presente sia nel Catasto Toscano del 1826-34 sia nella cartografia I.G.M. di impianto in scala 1:50.000 (1894) mentre non compare in quella successiva in scala 1:25.000 (1937), per cui (salvo una svista) si può ipotizzare che nei primi decenni del XX sec. sia crollato (terremoto del ’18?), in attesa della futura, più ampia e forse totale ricostruzione, nella quale non si riconoscono porzioni più antiche. La dotazione di un ampia area disboscata (ronco) è testimoniata dalla presenza di una fitta quanto circoscritta abetina restaurativa che rende il sito facilmente individuabile da viste panoramiche. L’edificio principale è composto da una cucina e una stanza al P.T., separate dalla scala in muratura che reca al 1° P. disimpegnando due stanze soffittate in corrispondenza di quelle inferiori (una è a tetto ma per parziale carenza del soffitto). L’edificio, a pianta rettangolare perpendicolare allo stradello, dal lato strada presenta una loggetta con forno, mentre dal lato opposto si allunga con una capanna semidiroccata. Appare abbandonato da tempo non lunghissimo, con il desco ancora ironicamente apparecchiato oltre che con alcuni arredi e capi vestiari.

Per approfondimenti si rimanda alle schede toponomastiche Valle del Bidente delle Celle e/o relative a rilievi, acque e insediamenti citati.

N.B. - La visita apostolica o pastorale, che veniva effettuata dal vescovo o suo rappresentante, era una prassi della Chiesa antica e medievale riportata in auge dal Concilio di Trento, che ne stabilì la cadenza annuale o biennale, raramente rispettata. La definizione di apostolica può essere impropria in quanto derivante dalla peculiarità di sede papale della diocesi di Roma, alla cui organizzazione era predisposta una specifica Congregazione della visita apostolica. Scopo della visita pastorale è quello di ispezione e di rilievo di eventuali abusi. I verbali delle visite, cui era chiamata a partecipare anche la popolazione e che avvenivano secondo specifiche modalità di preparazione e svolgimento che prevedevano l'esame dei luoghi sacri, degli oggetti e degli arredi destinati al culto (vasi, arredi, reliquie, altari), sono conservati negli archivi diocesani; da essi derivano documentate informazioni spesso fondamentali per conoscere l’esistenza nell’antichità degli edifici sacri, per assegnare una datazione certa alle diverse fasi delle loro strutture oltre che per averne una descrizione a volte abbastanza accurata.

- In base alle note tecniche dell’I.G.M. se in luogo dell’anteposta l’abbreviazione “C.”, che presumibilmente compare quando si è manifestata l’esigenza di precisare la funzione abitativa, viene preferito il troncamento “Ca” deve essere scritto senza accento: se ne deduce che se compare con l’accento significa che è entrato nella consuetudine quindi nella formazione integrale del toponimo.

RIFERIMENTI   

AA. VV., Dentro il territorio. Atlante delle vallate forlivesi, C.C.I.A.A. Forlì, 1989;

AA. VV., Indagine sulle caratteristiche ambientali suscettibili di valorizzazione turistico-culturale delle vallate forlivesi. Repertorio, C.C.I.A.A. Forlì, 1982;

E. Agnoletti, Viaggio per le valli bidentine, Tipografia Poggiali, Rufina 1996;

S. Bassi, N. Agostini, A Piedi nel Parco, Escursioni nel Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi, Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi, ComunicAzione, Forlì 2010;

G.L. Corradi (a cura di), Il Parco del Crinale tra Romagna e Toscana, Alinari, Firenze 1992;

A. Gabbrielli, E. Settesoldi, La Storia della Foresta Casentinese nelle carte dell’Archivio dell’Opera del Duomo di Firenze dal secolo XIV° al XIX°, Min. Agr. For., Roma 1977;

N. Graziani (a cura di), Romagna toscana, Storia e civiltà di una terra di confine, Le Lettere, Firenze 2001;

D. Mambrini, Galeata nella storia e nell’arte, Tipografia Stefano Vestrucci e figlio, Bagno di Romagna 1935 - XIII;

E. Rosetti, La Romagna. Geografia e Storia, Hoepli, Milano 1894;

P. Zangheri, La Provincia di Forlì nei suoi aspetti naturali, C.C.I.A.A. Forlì, Forlì 1961, rist. anastatica Castrocaro Terme 1989;

Carta Escursionistica scala 1:25.000, Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi, S.E.L.C.A., Firenze

Carta dei sentieri Alpe di S. Benedetto, Istituto Geografico Adriatico, Longiano 2014;

Link https://servizimoka.regione.emilia-romagna.it/appFlex/sentieriweb.html.

Percorso/distanze :

Testo di Bruno Roba

La Valle delle Celle è facilmente raggiungibile dalla S.P. 4 del Bidente percorrendo circa 5 km della Pista di servizio SP 4 del Bidente-Poderone-Pian del Grado, in parte sconnessa e ripida. Dai pressi del Molino di Celle o Molino di Sopra uno stradello (Sent. 261 CAI) conduce rapidamente a Celle attraversando i due corsi d’acqua tramite i due ponti. Da Celle si percorrono circa 320 m risalendo di circa 50 m di dislivello per raggiungere la casa nuova.

foto/descrizione :

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001a/001h – Dal crinale di Partinico (che costeggia il Geosito delle Mandriacce) si abbraccia la valle del Fosso Bidente delle Celle distinguendo bene il nucleo de La Fossa sotto cui una circoscritta ed evidente abetina lascia intravedere l’edificio di “casa nuova sopra Pianacci”, posto lungo la mulattiera che risale da Celle, a 130 m di distanza e con dislivello di 45 m. Rispetto a La Fossa, Pianacci si trova 350 m più a valle (dislivello 70 m) mentre Celle dista quasi 500 m (dislivello 100 m), entrambi nascosti (2/12/16).

 

001i – 001l – Dall’estremo del crinale del Corniolino, presso I Tre Faggi, si abbraccia l’alto bacino idrografico dove hanno origine i Fossi delle Celle e di Pian del Grado che, confluendo a Celle, daranno origine al Fiume Bidente. Il parzialmente spoglio “crinaletto di Pian del Grado” che si distacca dal contrafforte principale separa le incisioni dei rami alti dei suddetti Fossi e, mentre La Fossa riflette la luce solare, la dorsale di Partinico nasconde la profondità valliva che ospita Celle fino all’insediamento di “casa nuova” (30/11/16).

 

001m – 001n – 001o – Dal Sentiero degli Alpini (SA 301 CAI) a SO di P.gio Bini, si abbraccia il versante vallivo dai pressi dell’origine del F.so Bidente, prima che diventi fiume, potendo avere una diversa contestualizzazione del sito di Celle, pur rimanendo totalmente nascosto nelle profondità che lo ospitano. Si scorge appena al centro dell'ultima foto l’abetina di “casa nuova; in 1° p., Porcini di sotto (16/04/16).

 

001p/001v -  La Chiesa di S. Maria alle Celle si raggiunge abbandonando la rotabile di Pian del Grado presso il Molino delle Celle, poi detto di Sopra, attraversando un ponte in legno; il successivo ponte in pietra consente di recarsi alla “casa nuova”, direzione La Fossa, transitando davanti a Pianacci, percorrendo un tratto di mulattiera con resti di selciato mentre un successivo è stato trasformato in canalone causa il dilavamento e l’abbandono (11/09/16 – 2/12/16 – 6/12/16).

 

001w –Il bacino idrografico del Fosso delle Celle; elaborazione da cartografia moderna integrata con localizzazione di luoghi di antica datazione; qui l’idronimo è assegnato all’intero corso del fosso.

001x - Elaborazione da cartografia di inizio Ottocento con rappresentazione dell’assetto insediativo ed infrastrutturale: i fabbricati ancora utilizzati sono quelli raggiunti dalle moderne piste poderali mentre tratti superstiti della viabilità antica consentono i collegamenti sentieristici e di raggiungere i fabbricati abbandonati. La scrittura della toponomastica riprende quella originale; il F.so delle Celle, Fossa e il ridotto nucleo antico di “casa nuova” (riquadro in basso a dx) compaiono anonimi.

001y – Schema di mappa risalente ai primi decenni del XX sec. da cui si nota la fitta rete di mulattiere corrispondente ad una intensa frequentazione della valle; mentre il fabbricato di “casa nuova” è presente nella cartografia I.G.M. di impianto in scala 1:50.000 (1894) non compare in quella successiva in scala 1:25.000 (1937), per cui (salvo una svista) può ipotizzare che nei primi decenni del XX sec. sia crollato (terremoto del ’18?), in attesa di una futura e più ampia ricostruzione.

 

001z - Mappa schematica dell’area di Celle.

 

002a/002h – Il fabbricato, che sorge accanto alla mulattiera sul margine di una fitta abetina terrazzata, verosimilmente impiantata sul ronco abbandonato, per quanto dotato della caratteristica loggetta con forno appare tipologicamente moderno e frutto di un intervento sincronico ed omogeneo, oltre che ancora solido per quanto fatiscente (6/12/16).

 

002i/002o – Viste dall’esterno e interne della cucina, anch’essa tipica nelle dotazioni, pavimentata con grandi lastre di pietra e con il desco “ironicamente” apparecchiato; il sottoscala verosimilmente fungeva da servizio (6/12/16).

 

002p – La scala in pietra fronteggia l’ingresso e disimpegna modernamente gli ambienti ottimizzando lo spazio (6/12/16).

 

002q – La stanza accanto alla cucina, disimpegnata solo dall’ingresso e dotata di finestra, verosimilmente aveva un uso abitativo considerato la canna fumaria per stufa, per quanto notevolmente fatiscente per l’umidità (6/12/16).

 

002r – 002s – La camera da letto, posta sopra la cucina e controsoffittata, pare in fase di “riordino” mattutino (6/12/16).

 

002t – La scaletta in legno di accesso alle soffitte (6/12/16).

 

002u – 002v – 002x – L’altra stanza al 1° p., ad uso “guardaroba”, è priva di gran parte del tavolato del soffitto, verosimilmente asportato (6/12/16).

 

002y - … … … e l’ultimo chiuda la porta! (6/12/16).

Yell