Utente non registrato

scheda n. 3505 letta 362 volte

Capria di Sotto

inserita da Bruno Roba
Comune : Santa Sofia
Tipo : rudere
Altezza mt. : 580
Coordinate WGS84: 43 54' 12" N , 11 46' 20" E
Toponimo nell'arco di
notizie :

Testo inserito da Bruno Roba (30/08/17).

Nel contesto del sistema orografico del versante emiliano-romagnolo dell’Appennino Settentrionale, la Valle del Fiume Bidente delle Celle riguarda il ramo occidentale del Bidente delimitata: ad Ovest, da un tratto del contrafforte principale dal Monte Falco fino al Monte dell’Avòrgnolo da cui si stacca la dorsale di Pian dell’Olmo, che separa la Valle del Fosso della Fontaccia dalla Valle del Fosso di Val di Noce, disegnando quell’arco di rilievi che costringe il fiume a confluire con il Bidente di Campigna a Lago così contribuendo a generare poco più in là, sotto il borgo omonimo, il Fiume Bidente di Corniolo; ad Est, dall’intero sviluppo del contrafforte secondario che sempre staccandosi dal gruppo del M. Falco si dirige verso Poggio Palaio, quindi con il crinale di Corniolino termina a Lago.

Come glia altri vicini, il bacino idrografico del Bidente delle Celle mostra una morfologia nettamente differenziata: se per il versante a ridosso delle maggiori quote dello spartiacque appenninico conseguono fortissime pendenze modellate dall’erosione con formazione di canaloni fortemente accidentati, anche il versante orientale appare frastagliato mentre i versanti occidentali o prevalentemente esposti a meridione mostrano pendii più dolci a prato-pascolo, spesso su terrazzi orografici, che si alternano a tratti intensamente deformati e brecciati. In particolare, il corrispondente tratto di contrafforte principale evidenzia pressoché tutti gli aspetti elencati, inoltre la cresta non discende con regolarità assoluta tendendo anzi a rialzarsi tra il M. Ritoio e il M. Guffone (questo aspetto si ripete con notevole parallelismo in tutti i contrafforti in coincidenza con i nodi montani ed è significante tettonicamente, ovvero nella disposizione delle rocce e loro modalità di corrugamento e assestamento). Dal Monte Ritoio (che “indica la retta via”), nodo montano dell’assetto tettonico insieme al Guffone, la linea di cresta inizia a descrivere planimetricamente una serpentina da cui si distaccano due imponenti dorsali, orientate di 45° rispetto all’asse N/S ed imperniate sul Monte Cavallo (c.d. vuoi per la lunga schiena montana sormontata dall’evidente sella, completa di “pomo” e “paletta”, vuoi per i cavaglioni, mucchi, di covoni, in passato ivi disseminati), una delle quali compenetra l’intera vallata. Il tratto di serpentina successivo allo snodo “equino” costituisce la testata dell’amplissima Valle del Fosso di Lavacchio e da vista zenitale pare inoltre delimitare la metà di un grandioso anfiteatro perfettamente semicircolare, simmetricamente suddiviso dall’asse NE/SO imperniato sul Monte dell’Avòrgnolo, con l’altra metà delimitata dalla citata dorsale di Pian dell’Olmo: se tale visione di questo versante verdeggiante di prati-pascoli evoca un’immensa cavea teatrale greco-romana, il versante opposto imperniato sul M. Cavallo, rettilineo e stretto, allora corrisponde ottimamente alla funzione di spazio scenico, quale naturalistico fondale erto ed impervio, con l’alveo del Fosso di Lavacchio, sgorgante dalla piega tra il M. Cavallo e il contrafforte, con funzione di proscenio.

Se l’intero sistema dei crinali, nelle varie epoche, ha avuto un ruolo cardine nella frequentazione del territorio, in epoca romana i principali assi di penetrazione si spostano sui tracciati di fondovalle, che tuttavia tendono ad impaludarsi e comunque necessitano di opere artificiali, mentre i percorsi di crinale perdono la loro funzione portante, comunque mantenendo l’utilizzo da parte delle vie militari romane, attestato da reperti. Tra il VI ed il XV secolo, a seguito della perdita dell’equilibrio territoriale romano ed al conseguente abbandono delle terre, inizialmente si assiste ad un riutilizzo delle aree più elevate e della viabilità di crinale con declassamento di quella di fondovalle. Lo stato di guerra permanente porta, per le Alpes Appenninae l’inizio di quella lunghissima epoca in cui diventeranno anche spartiacque geo-politico e, per tutta la zona appenninica, il diffondersi di una serie di strutture difensive, anche di tipo militare/religioso o militare/civile, oltre che dei primi nuclei urbani o poderali, dei mulini, degli eremi e degli hospitales. Percorrendo oggi gli antichi itinerari, gli insediamenti di interesse storico-architettonico o di pregio storico-culturale e testimoniale, esistenti, abbandonati o scomparsi (quindi i loro siti) che si trovano collocati lungo i crinali insediativi sono prevalentemente di carattere religioso o difensivo o sono piccoli centri posti all’incrocio di percorsi di collegamento trasversale; gli insediamenti di derivazione poderale sono invece ancora raggiunti da una fitta e mai modificata ramificazione di percorsi, mulattiere, semplici sentieri (anche rimasti localmente in uso fin’oltre metà del XX secolo, come p.es. testimoniano i cippi stradali installati negli anni ’50 all’inizio di molte mulattiere, così classificandole e specificandone l’uso escluso ai veicoli; alcune strade forestali verranno realizzate solo un ventennio dopo). Diversamente dalle aree collaterali, non si riscontrano nelle valli bidentine fabbricati anteriori al Quattrocento che non fossero in origine rocche, castelli o chiese, riutilizzati a scopo abitativo o rustico, o reimpieganti i materiali derivanti da quelli ed evidenzianti i superstiti conci decorati. Nell’architettura rurale persistono inoltre caratteri di derivazione toscana derivanti da abili artigiani. L’integrità tipologica dei fabbricati è stata peraltro compromessa dai frequenti terremoti che hanno sconvolto l’area fino al primo ventennio del XX secolo, ma anche dalle demolizioni volontarie o dal dissesto del territorio, così che se è più facile trovare fronti di camini decorati col giglio fiorentino o stemmi nobiliari e stipiti o architravi reimpiegati e riferibili al Cinque-Seicento, difficilmente sussistono edifici rurali anteriori al Seicento, mentre sono relativamente conservati i robusti ruderi delle principali rocche riferibili al Due-Trecento, con murature a sacco saldamente cementate, come quella di Corniolino. Gli edifici religiosi, infine, se assoggettati a restauri o totale ricostruzione eseguiti anche fino alla metà e oltre del XX secolo, hanno subito discutibili trasformazioni principalmente riferibili alla tradizione romanica o ad improbabili richiami neogotici.

In questo contesto storico-geografico, a differenza della parte più profonda della Valle delle Celle che, da sempre considerata periferica e difficilmente raggiungibile, è stata maggiormente segnata dall’abbandono, questa valle, stagionalmente è ancora utilizzata da allevamenti di bestiame allo stato brado e conserva i resti o la memoria di 6 insediamenti che ne popolavano il versante esposto a meridione fino a ridosso del crinale: Lavacchio di Sopra, di Mezzo e di Sotto, Campo di Fuori, Capria o Caprìa (di Sopra) e Capria di Sotto. Di interesse storico-architettonico o di pregio storico-culturale e testimoniale ancorché abbandonati e diruti, accanto alle abitazioni tre di essi mostrano la dotazione di grandi e ancora cospicuamente alimentati lavatoi, da cui la toponomastica locale, peraltro piuttosto diffusa tra l’altro (Cà di Lavacchio) nella Valle del Sìllaro (laddove finisce la Romagna), trovando conferma nel Chartularium Imolense del 1194 (lavathura a latere Sileri - A. Polloni) con evidente riferimento a simili pratiche svolte accanto al corso d’acqua, la cui citazione è utile a riguardo se integrata dalla seguente sequenza terminologica, ancora dal latino medievale: «[…] lavachium < *lavatulum (< lavare) “resto di lavatura” […]» (A. Polloni, 1966-2004, p. 162, cit.). Il sistema insediativo vede una sostanziale ed ovvia aderenza rispetto all’unico asse infrastrutturale della mulattiera che, con rade diramazioni, data la profonda incisione dell’asta idrografica principale, risale a mezza costa parallelamente ad essa e a debita distanza, spesso sfruttando le gradonate naturali degli emergenti banchi marnoso-arenacei, scendendo ad attraversarne l’alveo solo in prossimità dell’origine grazie ai sopraggiunti minimi dislivelli spondali, così collegandosi, in alto, con la viabilità più antica riguardante l’intera valle delle Celle, cioè la Via Flaminia Minor, un ramo della quale si dirigeva verso Forlì e Ravenna transitando dal crinale del contrafforte principale, in basso, con un suo ramo a mezza costa attraversante le Ripe Toscane (le cui stratificazioni rocciose formano gradonate ancora oggi funzionali alla percorrenza), che veniva raggiunta, rapidamente e ripidamente, presso Caprìa di Sotto o, meno faticosamente, dirigendosi a Est dell’odierna Lago, così andando a ritrovare l’antica Stratam magistram, la strada maestra romagnola o Via Romagnola che, proveniente da Galeata (l’antica Mevaniola), attraversava il Bidente tramite il Ponte di Fiordilino per risalire sul crinale del Corniolino, con alternative di mezzacosta o fondovalle verso Campigna.

Toponimo di discreta diffusione (nel contesto alto-bidentino compare anche nella valle di Ridràcoli con due fabbricati da cui trae l’identica denominazione un noto Biotopo, già candidato come riserva naturale prima dell’istituzione del Parco delle Foreste Casentinesi) variamente declinato, la versione con la prima sillaba tonica trova utile paragone toponimico con Valcavria o Valcapra di Galeata, nel 1371 ancora registrato come Castrum Valcavriae, dal latino vallis capria, da caprius = capra, evidentemente “valle per capre” (A. Polloni, 1966 e E. Rosetti, 1894), peraltro in coerenza con la metrica sia latina che romagnola, mentre la “i” tonica si trova solo nella cartografia IGM e altra strettamente derivata. Comunque si pronunci rimane che, tra gli insediamenti della Valle di Lavacchio, Capria di Sotto appare tra quelli più svantaggiati per la quale, nomen omen, il nome corrisponde alla principale attività economica evidentemente insediabile nel sito, posto nel fondovalle e sul bordo della ripida cresta che delimita un tratto della Valle di Lavacchio particolarmente accidentato, tenendo comunque conto della pregressa anonimia cartografica, che verrà superata solo nella stesura particolareggiata moderna, con l’attribuzione (omonimica) dell’attuale toponimo, quindi con corredo della necessitata integrazione localizzativa, mentre l’utilizzo pare essere stato principalmente quello abitativo. Infatti, pur essendo in grave stato di dissesto per quanto riguarda il tetto e i solai, quanto rimane consente di notare che il corpo di fabbrica, non particolarmente antico e dalla lunga planimetria rettangolare su tre livelli, è costituito da tre successivi ampliamenti evidenziati dalle cesure verticali della tessitura muraria, corrispondenti a due unità abitative da terra a tetto corrispondenti alle prime due fasi (una sorta di “duplex” ante litteram), oltre a una unità di servizio (forse un seccatoio) anch’essa da terra a tetto relativa alla terza fase sulla testata O. Accanto a questa scarsi resti murari corrispondono ad un piccolo annesso mentre sull’opposto lato E rimangono resti di un probabile forno, separato dal fabbricato dalla breve rampa risalente il pendio proveniente dalla viabilità principale. Ogni unità abitativa era composta da una cucina e una stanza al piano terra e due stanze al piano superiore a tetto ma con discreta altezza in gronda, oltre a due locali di servizio interrati. Le cucine si riconoscono in quanto rimangono resti dei camini e dei lavandini sottofinestra; accanto alle porte di ingresso rimangono resti delle scale in legno recanti al piano superiore. Le cuciture murarie evidenziano che il primo nucleo, già su tre livelli e di dimensioni pari a circa metà dell’intero fabbricato, fosse quello del lato E, mentre gli altri corpi si sono successivamente aggiunti verso O, guadagnando spazio nelle ristrettezze del versante fluviale. Da una visione panoramica il complesso appare volumetricamente integro salvo il crollo di gran parte della copertura.

Per approfondimenti si rimanda alle schede toponomastiche Valle del Bidente delle Celle e/o relative a monti e insediamenti citati. Per completa documentazione fotografica e cartografica sulla Valle di Lavacchio v. scheda toponomastica Fosso di Lavacchio.

RIFERIMENTI   

AA. VV., Dentro il territorio. Atlante delle vallate forlivesi, C.C.I.A.A. Forlì, 1989;

G.L. Corradi (a cura di), Il Parco del Crinale tra Romagna e Toscana, Alinari, Firenze 1992;

M. Gasperi, Boschi e vallate dell’Appennino Romagnolo, Il Ponte Vecchio, Cesena 2006;

N. Graziani (a cura di), Romagna toscana, Storia e civiltà di una terra di confine, Le Lettere, Firenze 2001;

A. Polloni, Toponomastica Romagnola, Olschki, Firenze 1966, rist. 2004;

E. Rosetti, La Romagna. Geografia e Storia, Ulrico Hoelpli, Milano 1894, rist. anast. University Press Bologna, Castel Bolognese, 1995;

P. Zangheri, La Provincia di Forlì nei suoi aspetti naturali, C.C.I.A.A. Forlì, Forlì 1961, rist. anast. Castrocaro Terme 1989;

Carta Escursionistica scala 1:25.000, Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi, S.E.L.C.A., Firenze

Carta dei sentieri Alpe di S. Benedetto, Istituto Geografico Adriatico, Longiano 2014;

Link https://servizimoka.regione.emilia-romagna.it/appFlex/sentieriweb.html.

Percorso/distanze :

Testo di Bruno Roba

Dalla S.P. 4 del Bidente, giunti a Lago si segue la strada di servizio che risale il Bidente delle Celle, sostando presso il cancello. Percorsi circa 450 m occorre fare attenzione per ritrovare il Sent. 261 CAI il cui innesto non è segnalato. Di esso si percorrono meno di 250 m corrispondenti all’antica mulattiera per giungere a destinazione, presso il ponte in legno sul Fosso di Lavacchio. Volendo è possibile percorrere anche il tratto di mulattiera verso Lago, di cui permane il tracciato dimenticato sopra strada.

foto/descrizione :

Le foto sono state scattate da Bruno Roba, che ha anche inserito i testi, e qui riprodotte su autorizzazione dell'autore
Nota - Per visualizzare le foto nel loro formato originale salvarle sul proprio computer, oppure se il browser lo consente tasto destro sulla foto e Apri immagine in un'altra scheda

Per completa documentazione fotografica e cartografica v. scheda toponomastica Fosso di Lavacchio.

001a/001l – Dal Crinale del Corniolino (pressi Castellaccio) si ha una delle viste panoramiche più interessanti della Valle del Lavacchio, da cui si possono distinguere i suoi insediamenti, fino ad evidenziare la collocazione di Capria di Sotto, nel profondo dell’incisione del Fosso di Lavacchio, sul margine di un rimboschimento a conifere del versante in erosione che nasconde il sentiero di cresta che, ripidissimo, portava a Capria di Sopra collegando un ramo secondario della Via Flaminia Minor proveniente da Celle attraverso le Ripe Toscane con la Mulattiera di Lavacchio, quindi con il contrafforte principale dove transitava il ramo della stessa Flaminia Minor che si dirigeva verso Forlì e Ravenna (30/11/16 - 24/01/18).

 

001la/001ld – Sullo stesso asse visivo ma dalla quota inferiore dei sentieri che scendono sul versante occidentale del Monte della Maestà, sono da ripetere le stesse considerazioni delle viste precedenti, ora con maggiore evidenza dei particolari (24/01/18).

001le/001lh – Dalla Valle del Fosso della Fontaccia, scorcio verso le profondità della Valle del Bidente delle Celle da dove parrebbe incredibile che, sul bordo della cresta di separazione dalla Valle del Fosso di Lavacchio, possa essere sorto l’insediamento di Capria di Sopra. Ma più sotto, nel pieno dell’ombra mattutina, forse si può scorgere una piccola macchia più chiara: è Capria di Sotto (8/12/16).

001m/001r – Il ramo della Via Flaminia Minor attraversante le Ripe Toscane transita da Capria di Sotto, una rampa la raggiunge da E risalendo il pendio; da O la si scorge nell’attraversare il ponte in legno sul Fosso di Lavacchio (12/12/16).

 

001s – 001t – 001u – Una cresta che si insinua tra il fosso e il Bidente consente di fronteggiare il sito di Capria, quasi sempre in ombra (12/12/16).

 

001v – Schema particolareggiato di mappa moderna, con sentieristica corrispondente alla traccia della vecchia mulattiera che risaliva l’intera Valle di Lavacchio e al ramo della Via Flaminia Minor recante alle Ripe Toscane.

 

002a/002f – Scorci di Capria di Sotto dal suo intorno; nella 4^ foto, particolari della cesura verticale della muratura che separa il nucleo abitativo originario (a sx) dal 2° nucleo abitativo (12/12/16).

 

002g – 002h – Il lato E visto dalla rampa di accesso (12/12/16).

 

002i – Il lato N con l’ingresso al 1° nucleo abitativo (12/12/16).

 

002l – 002m – 002n – La testata O relativa al nucleo di servizio con resti di un piccolo annesso (12/12/16).

 

002o/002r – La cucina del 2° nucleo abitativo mostra il camino interamente in pietra e l’acquaio sottofinestra con mensola laterale, oltre a tracce di intonaco con fascia a tinta vivace; il vuoto dei cedimenti strutturali mostra anche le pareti interne della soprastante stanza sottotetto e del vano seminterrato (12/12/16).

 

002s/002v – La cucina del 1° nucleo abitativo mostra il camino con parti in legno come pure resti della scala e dell’acquaio sottofinestra affiancato da ampia nicchia, oltre a tracce di intonaco con medesima fascia a tinta vivace; i minori cedimenti dei solai occultano la vista della stanza sottotetto e del vano seminterrato (12/12/16).

 

002x – 002y – L’interno del nucleo della testata O mostra la sede di innesto di vari livelli di solai e/o travi lignee, oltre al seminterrato, che insieme alle aperture poste in alto (e in particolare quella sotto il colmo del tetto) fanno presumere la funzione di seccatoio (12/12/16).

 

003a – 003b – Alcuni resti murari presso la testata E fanno presumere la preesistenza di un forno (12/12/16).

 

003c – 003d – 003e – Resti di un piccolo annesso presso la testata O del Fabbricato (12/12/16).

 

003f – Da Capria di Sotto la vista termina sul versante NO della dorsale del Corniolino, da cui spunta il Castellaccio, ormai inoffensivo da secoli rispetto alla probabile data di edificazione di Capria (11/09/16).

 

003g/003m – Percorrendo la strada di servizio che da Lago risale il Bidente verso le opere di presa idraulica a favore dell’invaso di Ridràcoli, da un lato si nota una briglia che forma laghetto da cui emergono stratificazioni marnoso-arenacee che, dall’altro lato, sorreggono un tratto dimenticato dell’antica mulattiera, in uso fino alla realizzazione della rotabile. Proseguendo si trova l’innesto, non segnalato, del Sent. 261 CAI, che consente di ritrovare la stessa mulattiera che poi transita da Capria (11/09/16 - 12/12/16).

{#emotions_dlg.16}