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Ronco del Cianco

inserita da Bruno Roba
Comune : Santa Sofia
Tipo : rudere
Altezza mt. : 854
Coordinate WGS84: 43 52' 28" N , 11 46' 53" E
Toponimo nell'arco di
notizie :

Testo di Bruno Roba (11/05/2018)

Nel contesto del sistema orografico del versante emiliano-romagnolo dell’Appennino Settentrionale, l’Alta Valle del Fiume Bidente nel complesso dei suoi rami di origine (delle Celle, di Campigna, di Ridràcoli, di Pietrapazza/Strabatenza), assieme alle vallate collaterali, occupa una posizione nord-orientale, in prossimità del flesso che piega a Sud in corrispondenza del rilievo del Monte Fumaiolo. L’assetto morfologico è costituito dal tratto appenninico spartiacque compreso tra il Monte Falterona e il Passo dei Mandrioli da cui si stacca una sequenza di diramazioni montuose strutturate a pettine, proiettate verso l’area padana secondo linee continuate e parallele che si prolungano fino a raggiungere uno sviluppo di 50-55 km. In quest’ambito, la Valle del Bidente di Campigna riguarda un ramo fluviale occidentale ed intermedio delimitato ad Ovest, dalla dorsale che, staccatasi dal gruppo del Monte Falco, da Poggio Palaio digrada con la Costa Poggio dei Ronchi verso Tre Faggi per risalire subito evidenziando il Crinale di Corniolino ed il Monte della Maestà, termina  a Lago; ad Est, dal contrafforte secondario che si distacca da Poggio Scali e che, disegnata la sella di Pian del Pero ed evidenziata una sequenza di rilievi ( tra cui i Poggi della Serra e Capannina, l’Altopiano di S. Paolo in Alpe, Poggio Squilla), termina digradando al ponte sul Fiume Bidente di Corniolo presso Isola, costretto dalla confluenza del Fiume Bidente di Ridràcoli. Da Poggio Squilla si distacca un’altra dorsale che, declinando a Nord, precipita verso Corniolo mentre un costone delimitato dall’incisione del Fosso delle Cerrete dopo Poggio Aguzzo punta anch’essa verso Lago.

Gli alti bacini idrografici bidentini mostrano in genere una morfologia nettamente differenziata dovuta alla diversa giacitura e disgregabilità dell’ambiente marnoso-arenaceo; per il versante a ridosso delle maggiori quote dello spartiacque appenninico conseguono fortissime pendenze modellate dall’erosione con formazione di canaloni fortemente accidentati, i versanti orientali appaiono solitamente frastagliati mentre i versanti prevalentemente esposti a meridione mostrano pendii più dolci a prato-pascolo, spesso su terrazzi orografici, che si alternano a tratti intensamente deformati e brecciati. Il bacino del Bidente di Campigna ha una conformazione vagamente deltoide e profondamente incisa da un reticolo idrografico maggiormente sviluppato in dx idrografica dell’asta fluviale principale, laddove due importanti confluenze sono costituite dai quasi omonimi Fosso del Fiumicino e Fosso Fiumicino di S. Paolo, i cui bacini sono separati da un’imponente dorsale che, distaccatasi da Poggio Capannina con orientamento SE-NO, a breve distanza vede Poggio Ricopri svolgere la funzione di nodo montano per cui assume un perfetto orientamento Nord, caratterizzando la morfologia della valle per il suo profilo sempre più affilato verso il suo termine quando, concluso con il Poggio di Montali (toponimo in uso nel XIX secolo) il trittico dei suoi rilievi, punta verso il Bidente con una ramificazione di costoni e sproni finali che obbligano il fiume a tortuose circonvoluzioni. Mentre solo Poggio Capannina mostra la tipica asimmetria geo-morfologica dei suoi opposti versanti, già il tratto tra i due poggi (che pure ha un orientamento simil-parallelo allo spartiacque tosco-romagnolo), il Poggio di Montali (che fa da fulcro ad una diramazione “stellare” di almeno 5-6 costoni sovrastando Ronco del Cianco), e il restante sviluppo della dorsale, possiedono una prevalente omogeneità dell’ambiente marnoso-arenaceo comportante caratteristiche morfologiche e vegetazionali poco differenziate, con limitate aree brecciate e a forte pendenza, per quanto il versante occidentale presenti una maggiore ampiezza rispetto a quello orientale, che però ha quote di fondovalle nettamente superiori.

L’intero sistema dei crinali, nelle varie epoche, ha avuto un ruolo cardine nella frequentazione del territorio. Se in epoca romana i principali assi di penetrazione si spostano sui tracciati di fondovalle, che tuttavia tendono ad impaludarsi e comunque necessitano di opere artificiali, i percorsi di crinale perdono la loro funzione portante, comunque mantengono l’utilizzo da parte delle vie militari romane, attestato da reperti. Tra il VI ed il XV secolo, a seguito della perdita dell’equilibrio territoriale romano ed al conseguente abbandono delle terre, inizialmente si assiste ad un riutilizzo delle aree più elevate e della viabilità di crinale con declassamento di quella di fondovalle. Lo stato di guerra permanente porta, per le Alpes Appenninae l’inizio di quella lunghissima epoca in cui i crinali diventano anche spartiacque geo-politico e, per tutta la zona appenninica, sede di una serie di strutture difensive, anche di tipo militare/religioso o militare/civile, oltre che dei primi nuclei urbani o poderali, degli eremi e degli hospitales, mentre nei fondovalle si moltiplicano i mulini. Oggi, tramite gli antichi itinerari posti sui crinali insediativi, si raggiungono siti di interesse storico-architettonico o di pregio storico-culturale e testimoniale, esistenti, abbandonati o scomparsi (quindi le loro memorie), prevalentemente di carattere religioso o difensivo, ovvero si attraversano piccoli centri posti all’incrocio di percorsi di collegamento trasversale. Gli insediamenti di derivazione poderale sono invece ancora raggiunti da una fitta e mai modificata ramificazione di percorsi, mulattiere, semplici sentieri (anche rimasti localmente in uso fin’oltre metà del XX secolo, come p.es. testimoniano i cippi stradali installati negli anni ’50 all’inizio di molte mulattiere, così classificandole e specificandone l’uso escluso ai veicoli; alcune strade forestali verranno realizzate solo un ventennio dopo). Diversamente dalle aree collaterali, non si riscontrano nelle valli bidentine fabbricati anteriori al Quattrocento che non fossero in origine rocche, castelli o chiese, riutilizzati a scopo abitativo o rustico, o reimpieganti i materiali derivanti da quelli ed evidenzianti i superstiti conci decorati. Nell’architettura rurale persistono inoltre caratteri di derivazione toscana e/o derivanti dall’opera di abili artigiani anche di provenienza settentrionale. L’integrità tipologica dei fabbricati è stata peraltro compromessa dai frequenti terremoti che hanno sconvolto l’area fino al primo ventennio del XX secolo, ma anche dalle demolizioni volontarie o dal dissesto del territorio, così che se è più facile trovare fronti di camini decorati col giglio fiorentino o stemmi nobiliari e stipiti o architravi reimpiegati e riferibili al Cinque-Seicento, difficilmente sussistono edifici rurali anteriori al Seicento, mentre sono relativamente conservati i robusti ruderi delle principali rocche riferibili al Due-Trecento, con murature a sacco saldamente cementate. Gli edifici religiosi, infine, se assoggettati a restauri o totale ricostruzione eseguiti anche fino alla metà e oltre del XX secolo, hanno subito discutibili trasformazioni principalmente riferibili alla tradizione romanica o ad improbabili richiami neogotici.

La viabilità più antica interessante la valle di Campigna, di origine preromana, sul limite occidentale percorreva il crinale di Corniolino con l’antica Stratam magistram, la strada maestra romagnola o Via Romagnola che iniziava a Galeata, l’antica Mevaniola. Sul limite orientale un’altra via militare romana che, proveniente da Arezzo, risaliva lo spartiacque transitando da Bibbiena, Freggina e il Fosso Tellito (poi di Camaldoli), nel giungere sul versante orientale di Poggio Scali piegava a settentrione discendendo lungo la sella di Pian del Pero, sul sopracitato contrafforte secondario che, superato S. Paolo in Alpe, si sviluppa verso Forlì. «Un tracciato romano molto razionale è riconoscibile anche nel bacino dell’Archiano, per Partina, Camaldoli e la valle del Bidente, anche perché documenti dei secoli XI e XIV menzionano una “Via Romana” sul crinale a monte di Camaldoli, che sarebbe alquanto difficile da spiegare nel senso di Via Bizantina, o di via che conduce a Roma.» (A. Fatucchi, 1995, p. 27, cit.). Vi corrisponde un tratto di sentiero (vietato al transito per la parte interna alla Riserva di Sasso Fratino) in seguito noto come Via del Giogo di Scali, dalla cui ripidezza, quasi una scalata, è derivato il toponimo del rilievo (dal latino scala, -ae = scala), infatti nel 1791 si ritrova denominato Poggio della scala e, nella Carta Generale della Toscana della Litografia Militare Granducale del 1858, Poggio delle Ripebianche. Riguardo il percorso antico di fondovalle da Corniolo a Campigna, l’inizio è facilmente individuabile presso Lago (almeno nello sviluppo posteriore alla fine del XVII sec., infatti la morfologia del luogo non è antichissima ma è dovuta ad una frana che nel 1681 creò un’ostruzione che effettivamente generò un lago -che sommerse il Mulino Vecchio risalente al XV secolo- poi colmato da sedimentazioni modellate dallo scorrimento delle acque), grazie ai resti del Ponte di Fiordilino struttura dalla poetica denominazione sul Bidente delle Celle adiacente al ponte moderno, dopo il quale si inerpicava subito sull’erta rocciosa senza deviazioni in allineamento al ponte stesso, come documentato dal Catasto Toscano del 1826-34, quindi deviava fino a rasentare il Bidente di Campigna per poi risalire verso l’abitato di Corniolino, raggiungendolo presso la Chiesa/Hospitale di S. Maria delle Farnie. Da qui una deviazione discendeva nuovamente verso il Bidente prima toccando Casina Corniolino quindi attraversando il fiume con il Ponte dei ladroni, in muratura di pietrame ad arco a sesto ribassato, risalente al 1906 e sostituente quello precedente in legno (documentato fino dal ‘600 e cosiddetto a causa di un bandito noto come il ladrone che imperversava nella zona). Dopo un brevissimo tratto ancora integro e percorribile fino al Ponte Ilario (1969), procedeva su un tracciato prossimo al fiume, riutilizzato dall’odierna strada forestale (risalente agli anni 1966-67), fino ai pressi della confluenza del Fosso Fiumicino di S. Paolo, che veniva attraversato da ponte ligneo in buona corrispondenza con il moderno Ponte Cesare, oltre il quale si inerpicava verso Casa Moscoso, ma rasentandola dal lato Est (praticamente dietro l’annesso posto accanto al suo attuale accesso stradale) e poco dopo, attraversato il sito oggi occupato della rotabile, calava di livello dirigendosi verso Case Fiumari e l’omonimo mulino. Ritrovata una corrispondenza di tracciato tra questi due ultimi insediamenti fino al moderno Ponte Giovannone, presso la Chiesa di S. Agostino, superato un breve e ripido tratto ricoperto da soletta in calcestruzzo, cessa ogni infrastruttura “moderna” e si riscopre l’antica mulattiera mentre prosegue verso Campigna. Presso i due edifici di Case Fiumari si innestava la via che, scavalcata la sella del crinale ed attraversato il Fosso Fiumicino di S. Paolo, si inerpicava fino all’alpeggio di S. Paolo, toccando Campodonatino e Campodonato, mentre Casa Perinaia e Pian del Coltellino/Fosso del Nespolo, facenti parte del Popolo di S. Paolo, all’inizio del XIX secolo risultano collegati solo con l’insediamento religioso di appartenenza tramite una ripida mulattiera ed occorre attendere la fine nel secolo per vedere collegati i due insediamenti con il fondovalle tramite un sentiero la cui traccia verrà sostanzialmente confermata dall’odierna rotabile. Un tracciato secondario di crinale percorreva la dorsale Poggio di Montali-Poggio Ricopri-Poggio Capannina, con carattere spiccatamente insediativo grazie alla presenza di Moscoso e Fiumari di sopra, come detto posti sulla sottile cresta terminale, Ronco del Cianco e Val di Covile, posti sui suoi due opposti versanti con più ampi poderi, mentre una diramazione digradava lungo il versante occidentale di Poggio Capannina verso il Fosso di Ricopri trovando prima un ricovero ancora efficiente poi i resti di due piccoli edifici. Il primo che si incontra è una capannina a mezzacosta, in sintonia toponomastica con il poggio, che nel recente passato veniva descritta con il toponimo Casetta che fa presumere un utilizzo originario come ricovero per boscaioli. Il secondo edificio è posto sul bordo dell’alveo del Fosso di Ricopri, che poco dopo confluisce con il Fosso delle Cullacce dando origine al Fosso del Fiumicino, probabilmente in origine destinato a ospitare attrezzature di una sega ad acqua (Sega di Mezzo), peraltro strutture già documentate nel sito di Ricopri o Ricuopri, fino al XIX secolo rinomato per la presenza di numerosi abeti e faggi di pregio. È infatti noto che le difficoltà di trasporto del legname per morfologia dei luoghi e/o assenza di vie di smacchio portarono nei secoli ad autorizzare la costruzione di alcune seghe ad acqua, anche a servizio dell’Opera del Duomo di Firenze.

Il podere di Ronco del Cianco, o i Ronchi del Cianco, i cui resti trovano corrispondenza con la rappresentazione del catasto ottocentesco, si trova documentato tra i possedimenti già di proprietà dell’Opera del Duomo di Firenze in Romagna, il luogo rientrava infatti tra i beni sottratti ai conti Guidi dalla Repubblica fiorentina ed “assegnati in perpetuo” all’Opera di S. Maria del Fiore. Il relativo appezzamento boschivo è documentato fin dal 1545 nell’inventario eseguito dopo che l’Opera, avendo preso possesso delle selve “di Casentino e di Romagna”, dove desiderava evitare nuovi insediamenti, aveva costatato che, sia nei vari appezzamenti di terra lavorativa distribuiti in vari luoghi e dati in affitto o enfiteusi che altrove, si manifestavano numerosi disboscamenti e roncamenti non autorizzati; pertanto, dalla fine del 1510 intervenne decidendo di congelare e confinare gli interventi fatti, stabilendo di espropriare e incorporare ogni opera e costruzione eseguita e concedere solo affitti quinquennali. I nuovi confinamenti vennero raccolti nel “Libro dei livelli e regognizioni livellarie in effetti” che, dal 1545 al 1626 così costituisce l’elenco più completo ed antico disponibile «[…] dei livelli che l’Opera teneva in Romagna […] se ne dà ampio conto qui di seguito […] 1545 […] – Una presa di terra detta i Ronchi del Cianco e una detta Val di Covile sono some 13 per la Val di Covile, e per il Ronco del Cianco, che va fino al Fossato del Ronco del Conte, sono some 24» (A. Gabbrielli, E. Settesoldi, 1977, pp. 149, 150, cit.). Occorre attendere oltre un secolo perché qualche altra informazione sul podere venga riporta nel verbale di una “visita” del 1677: «Relazione della gita e visita generale fatta dall’Ill.mo Sig.re Alessandro Segni Operaio […]. La mattina di mercoledì andammo a visitare le macchie che si domandano di Ricopri luogo di grandissima tenuta dove vi sono grandissimi e grossissimi abeti ma molto difficili a cavarsi di quivi. In codesto luogo si considerò due posti dove altre volte erano state due seghe ad acqua conforme a quelle di Campigna […]. Dopo aver considerato la sopra nominata selva ci fermammo a fare colazione in luogo chiamato Pian Coltellino dove sta un nostro soccio il quale tiene alcune poche bestie. Di poco riconobbamo uno dei nostri poderi allivellati per ducati 50 a Francesco Santi da Fiumara che si chiama il Ronco del Cianco.» (A. Gabbrielli, E. Settesoldi, 1977, p. 321, cit.); “soccio” nel senso di soccidario. Riguardo la stessa visita anche il cancelliere scrisse un verbale che precisava in merito «[…] Pian del Coltellino dove è una soccita dell’Opera consistente in pecore e capre; di poi salimmo al podere del Ronco del Cianco che è grandissimo […].» (A. Gabbrielli, E. Settesoldi, 1977, p. 328, cit.). Da un decreto del 1731 si apprende che Bernardo Grifolini, affittuario del podere di Ronco del Cianco, chiedeva una riduzione di un canone insostenibile ottenendo invece l’assegnazione di altre terre seminative mantenendo il medesimo affitto. (A. Gabbrielli, E. Settesoldi, 1977, pp. 351-352 cit.). Da un nuovo accurato elenco relativo al 1637 si deduce che il Podere di Ronco del Cianco, tenuto da Don Francesco Fabbri, aveva assunto una notevole rilevanza, infatti gli erano stati uniti ben 13 appezzamenti, di seguito elencati: Roncacci, terre tenute da Giovanni Cascesi, Palestrina, ronco tenuto da Martino di Silvestro, Fossette, terre tenute da Lorenzo di Rocco dal Pontassieve, Val di Covile terre tenute da Don Piero e Don Francesco Fabbri, Berceta ronco o terre tenuto da Guglielmo di Marcone, Macchia di Pippo e Bagnatoio, terre tenute da Don Francesco Fabbri, Diaccioni e Carbonaia, terre tenute da Don Francesco Fabbri, Abbruciata, terra tenuta da Don Francesco Fabbri, Albereta o ronco di Legro, tenuto da redi di Riccardo Lollini, Albereta terra tenuta da ser Antonio Lollini, Abbruciata dell’Albereta, terra tenuta da ser Antonio Lollini, Balzo della Brunora, terra tenuta da ser Antonio Lollini. (A. Gabbrielli, E. Settesoldi, 1977, p. 409-410, cit.). Da una relazione del 1751 sullo stato dei poderi dell’Opera si apprende che l’affittuario è lo stesso Diacinto Mainetti di Val di Covile: «[…] 6) Podere di RONCO DEL CIANCO tenuto in affitto dal Mainetti medesimo. Qui per non esserci trovato il contadino e serrata la casa si tralascia ogni descrizione. Disse essere vacche n.4, pecore n. 30, birracchi (vitelli non castrati n. 2, lattonzolo, n.1 […]» (A. Gabbrielli, E. Settesoldi, 1977 , p. 434, cit.). Nel 1789, da una relazione del fattore sui canoni da stabilirsi, risulta che diversi poderi tra cui: «Ronco del Cianco […] sono situati alle falde di vasto circondario delle selve d’abeti e sembra che sieno stati fabbricati in detti luoghi per servire di custodia e per far invigilare dai contadini di detti poderi al fuoco, al taglio insomma alla conservazione di dette selve[…] non ardirei mai di far proposizione di alienarli ma seguitare a tenerli per l’oggetto che sono stati fabbricati […] come si rileva chiaramente dalla loro posizione servendo di cordone e custodia alle macchie medesime […] onde proporrei di darli in affitto a buoni affittuari […]» (A. Gabbrielli, E. Settesoldi, 1977, pp. 441, 442, cit.). Occorre attendere il Contratto livellario del 1818, tra l’Opera e il Monastero di Camaldoli per trovare la prima descrizione dei fabbricati del podere: «[…] descritte tutte le tenute […] della comunità di Premilcuore la quale viene composta dei seguenti terreni cioè: […] 44° Podere detto Ronco del Cianco […] con casa da lavoratore composta di otto stanze da cielo a terra, compreso la caciaia, forno, loggia, aia, orto. Questa casa merita di essere resarcita con la spesa di lire 105. questo podere è composto dai seguenti terreni cioè: I° un tenimento di terre lavorative, zappative, con diversi frutti, pasturate, boscate, sode di staia 150 circa.» (A. Gabbrielli, E. Settesoldi, 1977, pp. 476, 480, cit.). Nel 1832 viene conferito l’incarico per una perizia probabilmente relativa a detti lavori di restauro o nuova costruzione della stalla e della capanna del podere, a carico del Monastero di Camaldoli in base alla concessione enfiteutica. (A. Gabbrielli, E. Settesoldi, 1977, p. 459, cit.). Per inadempienze nell’applicazione di un rigoroso regime forestale ai possedimenti dell’Opera, nel 1840 il Granduca fece sciogliere il contratto del 1818 con il Monastero di Camaldoli stipulandone uno nuovo; in esso si trova un’ulteriore, ed ora estremamente precisa, descrizione del podere e dei fabbricati: «N. 4 - Podere denominato Ronco del Cianco […] lavorato dalla famiglia colonica di Giuseppe Amadori. Fabbricati colonici. La casa di abitazione della famiglia colonica comprende a terreno due stalle sterrate che una per le pecore e per le capre e l’altra con ingresso esterno a mezzogiorno. Il piano superiore a cui atteso l’inclinazione del suolo ha l’ingresso dalla strada a tramontana si compone di un portichetto ove a destra corrisponde la bocchetta del forno a sinistra una stanzetta ad uso di caciaia e di fronte introduce alla cucina lastricata alla rinfusa corredata dal camino e dall’acquaio e di una scaletta di legno che monta superiormente. Questa ha contiguo un breve andito il quale libera tre camerette con il piano intavolato e composte mediante alcuni divisori di tavole. Il piano superiore salita la indicata scaletta, ha due soffitte praticabili. Separata a ponente esiste una fabbrichetta di recente costruzione la quale nel suo piano terreno ha una stalla grande per le vaccine lastricata e corredata di doppia mangiatoria e di materiale con ingresso dalla piazzetta e superiormente una capanna intavolata il cui tetto è sostenuto in mezzo da un cavalletto alla quale si accede per un finestrone corrispondente sull’aia. Contigui sono i resedi e l’aia sterrata retta da un muro a secco di recente costruzione nella parte inferiore. Ed i sopra descritti fabbricati quantunque attualmente si ritrovino in buono stato, pure la casa colonica ha necessità di alcuni lavori alle pareti esterne. […]» (A. Gabbrielli, E. Settesoldi, 1977, pp. 498, 511-512, cit.). Dal contratto risulta la vastità del podere, comprendendo entrambi i versanti della dorsale fino ai Fossi del Pianaccione, oggi Fiumicino di S. Paolo da un lato, ai Fossi di Ricopri e del Fiumicino dall’altro lato, ai Poggi della Serra e Capannina a Levante ed al Poggio di Montale a Ponente. Altri “vocaboli” oggi dimenticati corrispondenti a terreni o confini del podere erano Ronco dei Conti, Macchia Nuova, Poggio alla Fringuella, Mandrione, Poggio delle Bruciate, Pian della Serra, Fosso del Ruota, Fosso di Pianaccione e Fosso delle Fontanelle, per un totale di circa 907 staia, oltre 17 ettari (uno staio era pari a circa 1900 mq), con una rendita imponibile di lire 479,22. Il fabbricato, già proprietà ex A.R.F., nell’ambito dei programmi regionali di riutilizzo del patrimonio edilizio nel Demanio forestale venne sottoposto a schedatura da cui si apprende che aveva dimensioni esterne pari a 144 mq e 884 mc, suddivisi in 8 vani, ma non era utilizzato; da tale dato si comprende che a tale epoca esso manteneva ancora la sua consistenza.

A circa 50 m dal fabbricato vegeta ancora, in condizioni mediocri, il Pero di Ronco del Cianco, il più grande esemplare di Pyrus sylvatica rinvenuto all’interno del Parco delle Foreste Casentinesi, di eccezionale valore per patrimonio genetico, per vetustà (180 anni) e dimensione (H m 16, circonferenza m 3,65). Raggiunto il crinale, a 700 m circa verso Sud nelle vicinanza di Poggio Ricopri si trova il sito dove era censito un'altra pianta monumentale, il Cerro di Ronco del Cianco, la cui scheda si trova ancora nel sito del Parco delle Foreste Casentinesi dedicato agli alberi monumentali, un esemplare di Quercus cerris di 180 anni, circonferenza m 3,8 e 26 m di altezza, non più rinvenibile dove indicato, forse ormai collassato.

N.B.:

- Riguardo l’analisi toponomastica: «Nel lat. med. … vale “sterpeto” ronco fitto, sodaglia “locus ruvis plenus” … ; poi “bosco dissodato” come deverbio di runco, (< [deriva da, ndr] runca, ae = roncola, runcina), runcare  < [deriva da, ndr] “sarchiare”» (A. Polloni, 1966-2004, p. 266, cit.). Definizioni così rielaborate: «La parola ronco deriva dal latino [medievale, ndr] runcare, la cui traduzione è sarchiare, sminuzzare il terreno in superficie mediante opportuni strumenti (roncola) allo scopo di asportare erbacce. … Nel medioevo ronco denota anche “sterpeto”, ronco fitto, sodaglia, bosco dissodato, come deverbio di “runco”, “runcare”, “sarchiare”. Runcus poteva poi significare “terra dissodata” a roncola.» (AA. VV., 1984, p. 27, cit.).

- Il Poggio di Montali si trova documentato una prima volta nel 1818 nella descrizione contrattuale dei confini dei possedimenti dell’Opera del Duomo di S. Maria del Fiore affidati (allivellati) dal Granducato di Toscana al Monastero di Camaldoli: «Una vasta tenuta di terre nell’indicata comunità di Premilcuore […] alla quale per la circonferenza confina […] scendendo dal detto punto al Fosso dei Fiumari e del Pianaccione ed attraversando detto fosso sale il Poggio di Montali fino alla sommità; […]» (A. Gabbrielli, E. Settesoldi, 1977, pp. 461, 474, cit.). Come Poggio di Montale è documentato nuovamente nel nuovo Contratto del 1840 quando, nell’ambito di una precisa descrizione dei poderi, dove si apprende che faceva parte del vasto podere di Val di Covile: «N.3 – Podere di val di Covile […] Terreni. Una vasta tenuta di terre tutte giacenti in poggio […]. Questa tenuta è conosciuta per più e diverse denominazioni e vocaboli come appresso: Val di Covile […] Poggio di Montale […].» (A. Gabbrielli, E. Settesoldi, 1977, pp. 498, 509, 510, cit.). La Carta Geometrica della Regia Foresta Casentinese e adiacenze, datata 1850 e conservata presso il Nàrodni Archiv Praha, consente di localizzare le descrizioni contenute nei Contratti livellari stipulati tra l’Opera o lo stesso Granduca con il Monastero di Camaldoli.

- il Fosso di Pianaccione, riferibile al sito del Pianazzone, risulta corrispondere all’odierno Fiumicino di S. Paolo mentre il Fosso delle Fontanelle nasce dalle pieghe del contrafforte tra Poggio Capannina e Monte Grosso, confluendo nel Fiumicino poco prima del Fosso dell’Alberaccio; la Macchia Nuova era l’area del versante settentrionale tra Poggio Ricopri, Poggio Capannina e il Fiumicino, sulla dx della rotabile che sale a S. Paolo in Alpe; il Poggio alla Fringuella si trovava tra Poggio Capannina e Poggio della Serra, prima della realizzazione della rotabile.

- Negli scorsi anni ’70, seguito del trasferimento delle funzioni amministrative alla Regione Emilia-Romagna, gli edifici compresi nelle aree del Demanio forestale, spesso in stato precario e/o di abbandono, divennero proprietà dell’ex Azienda Regionale delle Foreste (A.R.F.); secondo una tendenza che riguardò anche altre regioni, seguì un ampio lavoro di studio e catalogazione finalizzato al recupero ed al riutilizzo per invertire la tendenza all’abbandono, per Ronco del Cianco senza successo. Con successive acquisizioni il patrimonio edilizio del demanio forlivese raggiunse un totale di 492 fabbricati, di cui 356 nel Complesso Forestale Corniolo e 173 nelle Alte Valli del Bidente. Circa 1/3 del totale sono stati analizzati e schedati, di cui 30 nelle Alte Valli del Bidente. Il materiale è stato oggetto della citata pubblicazione specifica.

Per approfondimenti si rimanda alle schede toponomastiche Valle del Bidente delle Celle e/o relative a monti e insediamenti citati.

RIFERIMENTI

AA. VV., Dentro il territorio. Atlante delle vallate forlivesi, C.C.I.A.A. Forlì, 1989;

AA. VV., Il luogo e la continuità. I percorsi, i nuclei, le case sparse nella Vallata del Bidente, Catalogo della mostra, C.C.I.A.A. Forlì, Amm. Prov. Forlì, E.P.T. Forlì, 1984;

E. Ceccarelli, Giganti di legno e foglie. Guida alla scoperta degli alberi monumentali del Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi, ComunicAzione, Forlì 2014;

G.L. Corradi (a cura di), Il Parco del Crinale tra Romagna e Toscana, Alinari, Firenze 1992;

A. Fatucchi, La viabilità storica, in: AA. VV., Il Casentino, Octavo Franco Cantini Editore – Comunità Montana del Casentino, Firenze – Ponte a Poppi 1995;

M. Foschi, P. Tamburini, (a cura di), Il patrimonio edilizio nel Demanio forestale. Analisi e criteri per il programma di recupero, Regione Emilia-Romagna A.R.F., Bologna 1979;

A. Gabbrielli, E. Settesoldi, La Storia della Foresta Casentinese nelle carte dell’Archivio dell’Opera del Duomo di Firenze dal secolo XIV° al XIX°, Min. Agr. For., Roma 1977;

M. Gasperi, Boschi e vallate dell’Appennino Romagnolo, Il Ponte Vecchio, Cesena 2006;

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Comune di Bagno di Romagna, Carta dei sentieri, Istituto Geografico Adriatico, Longiano 2008;

Carta Escursionistica, Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi, S.E.L.C.A., Firenze;

Link www.mokagis.it/html/applicazioni_mappe.asp.

Link www.lunaboscosa.net/alberimon/ScAlberoR.php?numpia=171.

Percorso/distanze :

Testo di Bruno Roba

Ronco del Cianco è raggiungibile dalla S.P. 4 del Bidente seguendo la rotabile S.Vic.le Corniolino-S. Paolo in Alpe, bivio per S.Agostino al km 35+100, fino al bivio indicato da segnavia; percorrendo circa 170 m con un dislivello di circa 35 m. Il segnavia riguarda anche il Pero e il Cerro di Ronco del Cianco.

foto/descrizione :

Le foto sono state scattate da Bruno Roba, che ha anche inserito i testi, e qui riprodotte su autorizzazione dell'autore
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001a/001d – Da Poggio Scali, la vegetazione nasconde il primo tratto del contrafforte, di cui se ne nota il successivo sviluppo zigzagante, dove tra Poggio Ricopri e Poggio Capannina, entrambi nodi montani della dorsale che penetra nella valle del Bidente di Campigna, la deformazione prospettica ravvicina Poggio di Montali sulle cui pendici si individua il sito di Ronco del Cianco (5/02/11 – 15/05/14 – 16/02/18).

 

001e/001h – Dal varco sulla Giogana, non lontano da Poggio Scali, aperto dall’incisione del Canale del Pentolino, si sovrasta la sella di Pian del Pero alla cui estremità si erge Poggio della Serra da cui, mentre verso dx si stacca il crinale che penetra nella valle del Bidente di Ridràcoli, in allineamento prosegue il contrafforte fino ai nodi montani di Poggio Capannina e Poggio Ricopri, ma occorre riposizionarsi per riuscire ad ottenere viste dall’alto prospetticamente più realistiche del restante sviluppo della dorsale, che termina con Poggio di Montali, sulle cui pendici si notano i ruderi di Ronco del Cianco (2/09/11 - 15/05/14 – 11/12/14).

 

001i/001n - Schemi di mappa da cartografia storica (1850 - 1937) e da cartografia moderna, con evidenziati gli assetti insediativi, idrografici ed infrastrutturali e l’area della dorsale Poggio Capannina-Poggio Ricopri-Poggio di Montale; negli schemi delle mappe storiche si possono notare il tracciato dell’antica Via del Giogo di Scali, come altri ancora utilizzato fino alla realizzazione dell’odierna rotabile. In ultimo schema da mappa particolareggiata di inizio XIX secolo (1826-34). La toponomastica riprende anche come scrittura quella originale, nel primo schema le aree scure corrispondono alle faggete.

 

002a – 002b – Il panorama che si apre da Poggio Sodo dei Conti sui rilievi dell’Appennino romagnolo evidenzia la sequenza di dorsali e contrafforti che si sviluppano con prevalentemente parallelismo, tra cui la continuità morfologica tra il primo tratto del contrafforte e il primo tratto della dorsale con l’allineamento Poggio della Serra-Poggio Capannina-Poggio Ricopri, la cui asimmetria delle giaciture dell’ambiente marnoso-arenaceo, pressoché parallelo allo spartiacque principale, pare dovuto a dislocazioni recenti lungo fratture sub verticali ipotizzabili anche per il Monte Penna, o Pian Tombesi sul versante toscano. Al termine della dorsale si nota il profilo di Poggio di Montali; dietro il crinale si trova Ronco del Cianco (22/12/11).

 

002c – 002d – Da una cresta lungo la S.P. 4 del Bidente l’asse visivo è simile a quello da Poggio Sodo dei Conti ma da quota inferiore, così evidenziando l’incisione dei Fossi di Poggio Scali e di Ricopri, che costituiscono tratto iniziale del Fosso del Fiumicino. A mezzacosta del Poggio di Montali, che da qui appare molto vicino, si vedono i ruderi di Val di Covile mentre Ronco del Cianco si trova sul versante opposto (26/03/12).

 

002e – 002f – 002g - Da Tre Faggi, all’inizio del Crinale del Corniolino, altra vista da occidente dello stesso tratto di dorsale di cui in precedenza, dove le ombre pomeridiane evidenziano la morfologia (30/11/16).

 

002h/002n - Risalendo sul Crinale del Corniolino e percorrendo il sentiero 259 dal lato del Castellaccio si può notare la penetrazione nella valle della dorsale Poggio Capannina-Poggio Ricopri-Poggio di Montali e il condizionamento morfologico alla confluenza del Fosso Fiumicino di S. Paolo nel Bidente (30/11/16 - 13/12/16).

 

002o – 002p – Ancora dalla S.P. 4 si hanno viste ottimali dell’ultimo tratto della dorsale che proviene da Poggio Capannina che consentono di coglierne vari aspetti morfologici; oltre all’assenza di interventi di mitigazione determinanti il forte impatto paesaggistico della rotabile, che ha separato il sito del fabbricato di Moscoso dal suo poderino in gran parte ricoperto da un’abetina, sulla sx si nota l’incisione del Fosso del Fiumicino di S. Paolo all’altezza del Ponte Cesare e il tratto dell’antica mulattiera che raggiungeva il fabbricato sul bordo sx della cresta, interrotto dalla nuova scarpata stradale, di cui si può comprendere la difficoltà del tracciato che si accompagnava ad un insignificante impatto paesaggistico (12/03/12 - 30/11/16).

 

003a/003db – Dalla rotabile per S. Paolo in Alpe, all’altezza di M. Grosso, si ha uno scorcio dall’alto del Poggio di Montali dove, a sx della macchia di conifere e alla base dell’area scoscesa e franosa, si vedono i ruderi di Ronco del Cianco (26/03/12 - 25/04/18).

 

003e/003i – Dal sentiero 255 che da Fiumari risale verso S. Paolo in Alpe toccando Campodonato, si hanno viste del tratto di versante dove si distingue bene il profilo dei Poggi Capannina e Ricopri ed il Poggio di Montale (toponimo in uso nel XIX secolo); nelle prime due foto si nota l’impianto restaurativo di conifere oltre il quale si trova Ronco del Cianco, quindi si vede il repentino digradare della dorsale verso il sito di Case Fiumari affiancato dalla rotabile da cui si stacca il bivio per Ronco del Cianco, nell’ultima foto (18/11/15).

 

003l/003t – I resti sempre più precari del fabbricato principale del podere; l’annesso è scomparso tra la vegetazione, l’ultima immagine è una neografia pittorica del fabbricato solo 10 anni prima (18/11/15).

 

004a/004d – il Pero di Ronco del Cianco (18/11/15).

 

004e – 004f – 004g – La scheda dal sito del Parco delle Foreste Casentinesi relativa al Cerro di Ronco del Cianco ed un esemplare che si trova sul luogo segnalato, conversione coord. in gradi WGS84 43°52’12” N – 11°46’48” E (18/11/15).

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