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Fonte Fangacci

inserita da Bruno Roba
Tipo : sorgente
Altezza mt. : 1228
Coordinate WGS84: 43 48' 33" N , 11 50' 58" E
Toponimo nell'arco di
notizie :

Testo di Bruno Roba (15/03/2020- Agg. 13/11/2023) - Nel contesto del sistema orografico del versante emiliano-romagnolo dell’Appennino Settentrionale, l’Alta Valle del Fiume Bidente nel complesso dei suoi rami di origine (delle Celle, di Campigna, di Ridràcoli, di Pietrapazza/Strabatenza), assieme alle vallate collaterali, occupa una posizione nord-orientale, in prossimità del flesso che piega a Sud in corrispondenza del rilievo del Monte Fumaiolo. L’assetto morfologico è costituito dal tratto appenninico spartiacque compreso tra il Monte Falterona e il Passo dei Mandrioli da cui si stacca una sequenza di diramazioni montuose strutturate a pettine, proiettate verso l’area padana secondo linee continuate e parallele che si prolungano fino a raggiungere uno sviluppo di 50-55 km: dorsali denominate contrafforti, terminano nella parte più bassa con uno o più sproni mentre le loro zone apicali fungenti da spartiacque sono dette crinali, termine che comunemente viene esteso all’insieme di tali rilievi: «[…] il crinale appenninico […] della Romagna ha la direzione pressoché esatta da NO a SE […] hanno […] orientamento, quasi esatto, N 45° E, i contrafforti (e quindi le valli interposte) del territorio della Provincia di Forlì e del resto della Romagna.» (P. Zangheri, 1961, rist.anast. 1989, p. 9, cit.). L’area, alla testata larga circa 18 km, è nettamente delimitata da due contrafforti principali che hanno origine, ad Ovest, «[…] dal gruppo del M. Falterona e precisamente dalle pendici di Piancancelli […]» (P. Zangheri, 1961, rist.anast. 1989, p. 14, cit.) e, ad Est, da Cima del Termine; in quell’ambito si staccano due contrafforti secondari e vari crinali e controcrinali minori delimitanti le singole vallecole del bacino idrografico.

La Valle di Ridràcoli è attraversata da quel ramo intermedio del Bidente delimitato, ad Est dall’intero sviluppo del contrafforte secondario che si diparte da Poggio allo Spillo (collegando Poggio della BertescaCroce di Romiceto, i Monti Moricciona, La Rocca, Marino, Pezzoli e Carnovaletto) per concludersi sul promontorio della Rondinaia digradando a valle di Isola costretto dalla confluenza del Fiume Bidentino o Torrente Bidente di Fiumicino nel Fiume Bidente. Ad Ovest la valle è delimitata dall’intero sviluppo del contrafforte secondario che si distacca da Poggio Scali e che subito precipita ripidissimo disegnando la sella di Pian del Pero, serpeggiante evidenzia una sequenza di rilievi (i Poggi della Serra e Capannina, l’Altopiano di S.Paolo in Alpe, Poggio Squilla, Ronco dei Preti e Poggio Collina, per terminare con Poggio Castellina) fino a digradare presso il ponte sul Fiume Bidente di Corniolo a monte di Isola, costretto dalla confluenza del Fiume Bidente di Ridràcoli nel Bidente di Corniolo.

Il bacino idrografico del Fiume Bidente di Ridràcoli, di ampiezza molto superiore rispetto alle valli collaterali e che vede il lago occupare una posizione baricentrica, con l’asta fluvio/lacustre f.so Lama/invaso/fiume posizionata su un asse mediano Nord-Sud, mostra una morfologia molto differenziata rispetto al suo baricentro. L’area sorgentifera, con la realizzazione dell’invaso artificiale, si differenzia tra quella che lo alimenta e quella a valle della diga che alimenta direttamente il fiume. A monte l’area imbrifera confluisce in cinque corsi d’acqua principali che costituiscono i corrispondenti bracci lacustri di cui si compone il lago. Essi sono il Fosso delle Macine, poi di Campo alla Sega, il Fosso degli Altari e il Fosso della Lama, l’asta torrentizia costituita dalla sequenza dei Fossi del Ciriegiolone, dell’Aiaccia e del Molinuzzo, cui contribuisce la ramificazione del Fosso del Raggio Rio Fossati e infine il Fosso del Molino.

Il Fosso di Campo alla Sega, il Fosso degli Altari e il Fosso della Lama, provengono direttamente o indirettamente dallo Spartiacque Appenninico e i primi due indirettamente anche dalla Riserva Naturale Integrale di Sasso Fratino: «I torrenti principali che attraversano la Riserva sono (da Ovest a Est): […] Sottobacino Bidente di Ridracoli – Fosso delle Macine, che costituisce la porzione alta del F.di Campo alla Sega – Fosso dei Fraticini (o dei Praticini), affluente di destra del F. d. Macine – Fosso dell’Acqua Fredda, affluente di sinistra del F. d. Sasso Fratino – Fosso di Sasso Fratino, affluente di destra del F. d. Macine – Fosso di Campo alla Sega, derivato dalla confluenza del F. d. Macine e del F. d. Sasso Fratino – Fosso dei Preti – Fosso della Bucaccia, denominato nella parte alta del bacino, F. della Fonte del Porcareccio – F. delle Segarine – F. dei Pianelli - F. della Spazzola.» (A. Bottacci, 2009, p. 23, cit.).

Dallo Spartiacque, all’altezza di Poggio Porcareccio, si divarica una dorsale che, prima di estendersi con la Costa Poggio Piano, esprime un piano inclinato in contropendenza su cui è situata la Posticcia i Matteino ed ha inizio un sistema morfologico che si estende verso SE caratterizzato da due valloni consequenziali e simmetricamente opposti che si sviluppano parallelamente allo stesso Spartiacque e che devono la loro formazione a dislocazioni geologicamente recenti lungo fratture sub verticali, ovvero particolari movimenti franosi che si evolvono molto lentamente lungo superfici profonde causando, nella parte superiore, l’apertura di avvallamenti e il conseguente fenomeno dello sdoppiamento delle creste, evidenziato da una sequenza di picchi o rialzi in contropendenza. Questi rilievi sono posti al principio delle dorsali che, in successione, si distaccano penetrando nella valle (fenomeno similare a quello del bacino del Fosso dell’Abetìa, delimitato da una sequenza di rilievi, tra cui Poggio Palaio, ricoperti dall’Abetina di Campigna). Si tratta della dorsale della Segarina, delle Ripe di Michelone, che proseguono con la costa di Poggio della Cornioleta e di Poggio Cornacchia, da cui si stacca la costa di Poggio della Spessoleta. Così, simmetricamente rispetto all’asse idrografico principale, al sistema morfologico Cornacchia-Acuti si oppone il sistema Penna-Fangacci, laddove Poggio Cornacchia e il Monte Penna (che emerge invadente nel fondovalle della Lama evidenziando nella morfologia asimmetrica la giacitura a reggipoggio degli strati) si insinuano fronteggindosi e co-stringendo la parte ala della valle. Nei valloni i Fossi degli Acuti e dei Fangacci, nel loro scorrere, convergono al centro riunendosi al ramo principale proveniente dallo Spartiacque«[…] origini delle acque […] del Fiume Lama che va in quello di Santa Sofia e prende altre acque sino di là dalla Fonte al Sasso» (F. Mazzuoli, Veduta dell’Appennino …, 1788, BNCF, G.F. 164, in: G.L. Corradi, a cura di, 1992, p.50, cit.; N. Graziani, 2001, vol. II, p.875; cit.).

Le Ripe di Michelone e la costa di Poggio della Cornioleta costituiscono il limite occidentale del bacino idrografico, delimitando il sottobacino del Fosso dei PianelliPoggio Cornacchia e la costa di Poggio della Spessoleta delimitano il sottobacino del Fosso della Spazzola: entrambi sono affluenti in sx del Fosso della Lama. Il vallone che ha inizio dalla Posticcia di Matteino ospita siti quali il BagnatoioPian delle Malenotti e la Pozza del Cervo, da cui nasce il Fosso degli Acuti. Il Fosso dei Pianelli ha origine da un’ampia ramificazione che si estende tra Poggio Cornacchia e le Ripe di Michelone, con il ramo più alto che nasce dalla piega settentrionale tra le due vette di Poggio Cornacchia e il ramo più lungo che è alimentato dai ristagni della sella di Pian delle Malenotti, celata dietro le Ripe di Michelone. Nasce quindi all’interno della Riserva di Sasso Fratino e, tenuto in sx idrografica il crinale di Poggio della Cornioleta, esce dalla Riserva sottopassando la S.F. S.Paolo in Alpe-La Lama scavalcato da una struttura in pietra ad arco a tutto sesto; poco dopo, rasentato il dolce pendio di Pianelli (da cui prende il nome) confluisce nel Fosso della LamaPoggio della Spessoleta è l’antico oronimo forse dimenticato (vicino si trova un sito detto Spazzoleta) di una dorsale che, staccatasi da Poggio Cornacchia, delimita il sottobacino del Fosso della Spazzola, costituendone il versante sx e interponendosi rispetto al Fosso dei Pianelli, mentre l’altro versante è delimitato da un’altra costa che si stacca da Poggio Cornacchia. Nasce quindi anch’esso all’interno della Riserva e ne esce sottopassando la strada forestale, scavalcato da una soletta in c.a. su spallette in pietrame; poco dopo confluisce nel Fosso della Lama dopo aver rasentato i siti di Sasso di Bosco e Sega dei Butteri (quest’ultimo adiacente e visibile dalla strada).

Riguardo il Fosso dei Fangacci come oggi classificato si possono individuare plurime origini: i rami più elevati si spingono fino sul versante meridionale del Monte Penna, sul versante occidentale di Poggio allo Spillo (ma nel 1850 vi era distinzione tra i suoi due picchi e quello occidentale era detto Poggio delle Ripebianche) e su quello settentrionale di Poggio Tre Confini; i più noti hanno origine dalla Fonte Fangacci, anticamente detta del Gioghetto o dei Beventi, posta sul passo omonimo accanto al rifugio, e dalla Fonte di Guido, adiacente all’Aia di Guerrino. Detti luoghi delimitano il sottobacino idrografico del fosso.

Tra il Monte Penna e le dorsali della Bertesca e di Poggio Fonte Murata, caratterizzate da morfologie identificate da toponimi quali ScaramucciaTrogone Barilaccio, che paiono voler esorcizzare le asperità dei luoghi cui son attribuiti (anticamente ricorrevano Le Ripebianche e I Lastri), si estende il sottobacino del Fosso dei Forconali con il suo affluente Fosso delle Ripe, che dalle loro pieghe hanno origine. Il sottobacino ricade parzialmente all’interno della Riserva Biogenetica Badia Prataglia-Lama soprattutto relativamente alla porzione del sottobacino del Fosso delle Ripe. Nella cartografia antica compare esclusivamente il toponimo Valle dei Forconali, in cui si sviluppa il ventaglio orografico disteso sull’arcata montana tra il Monte Penna e Poggio della Bertesca, intercalato a siti dai citati toponimi descrittivi come Scaramuccia che, nel nome, pare richiamare la sua orografia tormentata, oggi ricoperta da un’abetina restaurativa, Barilaccio, che corrisponde a un tratto di pendio meno accentuato che si distacca dal tratto Poggio della Bertesca/Passo della Crocina e che, dal confronto foto/cartografico, si individua per essere adiacente ad una abetina posta verso Nord, Trogone, posto più a Sud-Ovest, che si distacca impervio e ramificato dal tratto Poggio allo Spillo/Passo della Crocina

In questo ambito si colloca La Lama, pressoché al centro della Macchia di Santa Maria del Fiore, una “enclave” paesaggistica riconosciuta tale già dal XIX sec.: «Cavalcando […] vidi […]. La foresta dell’Opera sulla pendice precipitosa verso Romagna era manto a molte pieghe dell’Appennino, al lembo di quel manto apparivano le coste nude del monte […] nel fondo della valle del Bidente una macchia nera nell’Appennino, al certo foresta d’abeti d’importanza […] Desioso di conoscerla presi la via di Ridracoli, vidi poco dopo distendersi alli occhi la scena selvosa nelle pieghe d’Appennino […] poi vidi la via spianarsi in una valletta verde, profonda cinta da antica altera foresta che un ruscello bagnava, e disse la guida Giovannetti essere la valle della Lama e il fosso chiamarsi della Sega […]» (Leopoldo II di Lorena, Le memorie, 1824-1859, in: G.L. Corradi, O. Bandini, “Per quanto la veduta consenta di spaziare”. Scelta di testi dal XIV al XIX secolo, in: G.L. Corradi, a cura di, 1992, p.78, cit.), ma soprattutto dalla metà del XX: «[…] una perla paesaggistica per se stessa e per la vista di un ampio anfiteatro che vi si apre a rappresentazione prospettica ideale del bosco antico. Con le balze rocciose ancora abitate dall’aquila, con le estese faggete ad orlo del crinale appenninico, con il sottostante bosco misto di abeti e faggi in alto e in basso di querce, olmi, tigli e carpini. […] A metà degli anni ’50 La Lama era ancora un luogo molto frequentato da bovari, boscaioli, camionisti e operai addetti alle varie manutenzioni di fabbricati e strade. Esisteva ancora una vecchia linea telefonica di 20 chilometri, con gli apparecchi a manovella, che la collegava alla stazione forestale di Badia Prataglia, al mondo esterno. […] C’era perfino un’osteria dove gustare […] specialità gastronomiche […] di un luogo che […] si poteva chiamare […] della Romagna toscana. […] per ricostituire il ricco patrimonio faunistico dell’anteguerra […] Fin dagli anni ’50 del secolo scorso vi era stato costruito un ampio recinto per la reintroduzione degli ungulati […] sterminati durante l’ultima guerra. […] All’interno del recinto si trovava un capanno per conservarvi il foraggio invernale. Esso fu trasformato in un punto di osservazione […]» (F. Clauser, 2016, pp. 58-61, cit.). Diversa la visione economicistica di una lunga relazione del 1652 presentata direttamente al granduca contenente una molto precisa descrizione dei luoghi e della qualità delle piante presenti nelle foreste dell’Opera, «[…] nella Lama scendemmo per la via de’ Mal Passi luogo che è pieno di faggi et a ragione si chiama con questo nome. È la Lama in un piano a cui verso il Giogo sovrasta un altissimo monte che si dice la Penna con una spiaggia che si dice i Beventi luoghi tutti coperti per lo più di faggi non d’abeti e in quel piano particolarmente dove già era un gran lago si vede poco altro che faggi, ontani, vetrici e canne e faggi parimente su per le coste d’attorno. L’Opera havendovi già tenuto i suoi conduttori molti anni che per far legni quadri vi tagliarono tutti gli abeti buoni […]. Non si deve dunque pensare a farvi strade per legni tondi quando anco si facessero comodamente e con modesta spesa perché non sono in questi paesi  ne pochi ne alcuni abeti buoni per le galere […]» (A. Gabbrielli, E. Settesoldi, 1977, p. 270, cit.).

La Lama è classificata Geosito di rilevanza locale per le note caratteristiche di ripiano di origine alluvionale causato dallo sbarramento della valle ad opera di un’imponente frana staccatasi da Poggio Fonte Murata in epoche paleo-geologiche. La zona di di distacco è ancora ben riconoscibile, corrispondente ad uno scivolo ripidissimo, con forma a doccia e rivestito da un rado bosco. Lo sbarramento, ostacolando il regime idraulico dell'ampio bacino idrografico, causò l’allagamento delle zone retrostanti con formazione di uno specchio lacustre, ed evoluzione in torbiera, ramificato verso monte in corrispondenza della confluenza tra i Fossi dei Forconali delle Ripe.   

Principale Geosito di rilevanza locale che caratterizza questo tratto di bacino è il Monte Penna che, consentendo dalla sua vetta la vista dell’intero bacino idrografico fino al Lago di Ridràcoli, spicca per l'elevata energia di rilievo e la forma molto più aspra rispetto ai versanti circostanti. Come già accennato, la sua forma asimmetrica rispecchia l'andamento degli strati, dove la parte più scoscesa segna le pareti con strati a reggipoggio mentre in quella retrostante, che si raccorda alla zona di crinale, si osserva coincidenza tra pendio e superfici di strato. L'origine di questa peculiare morfologia potrebbe essere dovuta a dislocazioni recenti lungo faglie subverticali che hanno portato un lembo roccioso in risalto strutturale rispetto alle aree circostanti. Presso la cima si osservano piccole depressioni allungate verosimilmente imputabili a sdoppiamenti di cresta. Ulteriore Geosito di rilevanza locale è la Fonte Solforica della Lama, posta lungo la S.F. del Cancellino ed alimentata da una vena adiacente ad un affluente proveniente dalle pendici di Poggio Fonte Murata (già Fosso dei Gamberi) e nota anche come Fonte Solforosa, caratterizzata da una fontana in conci di arenaria da cui esce una sorgente molto copiosa dove colonie di solfobatteri formano una mineralizzazione solforosa; accanto ad essa si trova una seconda sorgente posta all’interno di un chiostro votivo ma producente minori depositi bianchi. «Ricca di sorgenti, di fonti […] anche la montagna tosco-romagnola è stata scenario fin dall’antichità di manifestazioni di culti idrici, basati sulla credenza del potere magico delle acque sgorganti dal ventre della terra, simboli e strumenti di potere delle divinità ctonie [collegate con la vita terrestre o sotterranea, ndr], lasciandone traccia in toponimi … a Bagno di Romagna la leggenda attribuisce a Sant’Agnese e al suo cagnolino il ritrovamento delle acque termali: l’animale cominciò a razzolare con le zampe in un certo luogo facendo scaturire le acque miracolose che sotto vi scorrevano, le quali risanarono la santa […]. Nei pressi dei prati della Foresta della Lama […] sgorga una fonte che viene denominata Bagno o Pozza della Troia dalle meravigliose proprietà terapeutiche apprezzate forse fin da epoca preromana, viste anche le numerose tracce di frequentazione antica della zona. Si racconta, infatti, che una scrofa affetta da una malattia della pelle, dopo essersi immersa in quelle acque, ne fosse uscita inaspettatamente risanata: da quel momento prese avvio il pellegrinaggio […] per quanti erano affetti da malattie cutanee e da reumatismi.» (E. Casali, Aspetti e forme della cultura folclorica nelle montagne della Romagna toscana, in: N. Graziani, a cura di, 2001, vol. I, p. 412, cit). Alla Lama si trovano anche la Fonte di Francesco, dedicata all’ultimo comandante della casa forestale Francesco Bertinelli (quindi priva di riferimenti religiosi), e la Fonte di Regina, posta a breve distanza accanto alla strada forestale, mentre è pressoché scomparsa la Fonte di Antonio, posta accanto ad una bancata rocciosa di lato al rettilineo che scende dallo stretto tornante degli Acuti, nel passato recente segnalata in cartografia e con tabella. Alla Lama si trovano anche la Fonte di Francesco, dedicata all’ultimo comandante della casa forestale Francesco Bertinelli (quindi priva di riferimenti religiosi), e la Fonte di Regina, posta a breve distanza accanto alla strada forestale, mentre è pressoché scomparsa la Fonte di Antonio, posta accanto ad una bancata rocciosa di lato al rettilineo che scende dallo stretto tornante degli Acuti, nel passato recente segnalata in cartografia e con tabella. Questo percorso è stato nel tempo fortemente modificato a seguito delle trasformazioni necessarie per la modernizzazione delle vie di esbosco del legname, concentrate soprattutto in epoca ottocentesca, da parte del Siemoni, con la prima modernizzazione della futura Strada degli Acuti, che comportò l’abbandono dell’antica via che valicava il crinale al Gioghetto. L’uso del toponimo Acuti (segnalato da apposito cartello) oggi forse è consolidato a causa della presenza, a quota 1167 m, di un tornante strettissimo della rotabile moderna ma, come risulta dalla citata Pianta Geometrica, nel 1850 Poggio Cornacchia era detto Poggio Acuti evidentemente per le sue spiccate caratteristiche morfologiche mentre accanto scorreva (scorre) il Fosso degli Acutoli tutti elementi cui relazionare l’oronimo e l’idronimo.

L’intero sistema dei crinali, nelle varie epoche, ha avuto un ruolo cardine nella frequentazione del territorio, in epoca romana i principali assi di penetrazione si spostano sui tracciati di fondovalle, che tuttavia tendono ad impaludarsi e comunque necessitano di opere artificiali, mentre i percorsi di crinale perdono la loro funzione portante, comunque mantenendo l’utilizzo da parte delle vie militari romane, attestato da reperti.Tra il VI ed il XV secolo, a seguito della perdita dell’equilibrio territoriale romano ed al conseguente abbandono delle terre, inizialmente si assiste ad un riutilizzo delle aree più elevate e della viabilità di crinale con declassamento di quella di fondovalle. Lo stato di guerra permanente porta, per le Alpes Appenninae l’inizio di quella lunghissima epoca in cui diventeranno anche spartiacque geo-politico e, per tutta la zona appenninica, il diffondersi di una serie di strutture difensive, anche di tipo militare/religioso o militare/civile, oltre che dei primi nuclei urbani o poderali, dei mulini, degli eremi e degli hospitales. Successivamente, sul finire del periodo, si ha una rinascita delle aree di fondovalle con un recupero ed una gerarchizzazione infrastrutturale con l’individuazione delle vie Maestre, pur mantenendo grande vitalità le grandi traversate appenniniche ed i brevi percorsi di crinale. Il quadro territoriale più omogeneo conseguente al consolidarsi del nuovo assetto politico-amministrativo cinquecentesco vede gli assi viari principali, di fondovalle e transappenninici, sottoposti ad intensi interventi di costruzione o ripristino delle opere artificiali cui segue, nei secoli successivi, l’utilizzo integrale del territorio a fini agronomici alla progressiva conquista delle zone boscate. Nel Settecento, chi voleva risalire l’Appennino da S. Sofia, giunto a Isola su un’arteria selciata larga sui 2 m trovava tre rami che venivano così descritti: per Ridràcoli «[…] composto di viottoli appena praticabili […]» per S. Paolo in Alpe «[…] largo in modo che appena si può passarvi […].» e per il Corniolo «[…] è una strada molto frequentata ma in pessimo grado di modo che non vi si passa senza grave pericolo di precipizio […] larga a luoghi in modo che appena vi può passare un pedone […]» (Archivio di Stato di Firenze, Capitani di Parte Guelfa, citato da: L. Rombai, M. Sorelli, La Romagna Toscana e il Casentino nei tempi granducali. Assetto paesistico-agrario, viabilità e contrabbando, in: G.L. Corradi e N. Graziani - a cura di, 1997, p. 82, cit.). Ancora all’inizio dell’800, per la generale mancanza di opere di regimentazione idraulica nei fondovalle e nonostante gli interventi migliorativi della seconda metà del XVIII sec., la viabilità della Romagna Toscana era costituita prevalentemente dai numerosi percorsi di costa situati lungo i crinali secondari subappenninici e dai sentieri di attraversamento congiungenti le vallate. All’interno delle foreste esistevano alcune vie dei legni ed innumerevoli erano le mulattiere usate per il trasporto delle piccole pezzature di legname. 

La prima cartografia storica, ovvero il dettagliato Catasto toscano (1826-34 – scala 1:5000), la schematica Carta della Romagna Toscana Pontificia (1830-40 – scala 1:40.000), le prime edizioni della Carta d’Italia dell’I.G.M. (1893-94 – scala 1:50.000; 1937 – scala 1:25.000), consente di conoscere il tracciato della viabilità antica che raggiungeva Ridràcoli per poi inoltrarsi nelle vallate sub-montane. 

Da Ridràcoli si staccava la strada comunale, sempre percorribile, che risaliva il Bidente per un lungo tratto correndo accanto all’alveo fluviale, per la parte fino alla diga oggi sostituita dalla viabilità di servizio, per il resto ormai sommersa. Con la costruzione della diga e con il riempimento dell’invaso, è scomparso pressoché l’intero tracciato viario e sono scomparsi mulini, insediamenti (le Celluzze – che spesso riemerge, la ForcaLagaccioloVerghereto), ponti e guadi che, come sopracitato, attraversavano 33 volte il Fiume della Lama o Obbediente (come era anticamente classificato), come il Ponte a Ripicchione (documentato da una mappa del 1637 allegata ad una relazione del 1710 del provveditore dell’Opera del Duomo di Firenze  riproduzioni della mappa si trovano in A. Gabbrielli, E. Settesoldi, 1977, p. 20, cit. e, l’originale a colori, in A. Bottacci, 2009, p. 31, cit.) e il Ponte alla Forca. La mulattiera, dopo il Ponte a Ripicchione abbandonava l’argine fluviale risalendo progressivamente il versante e, sorpassata la Fonte dei Bisernini, raggiungeva Lagacciolo; un bivio divideva il tratto che da Case di Sopra risaliva fino al Monte Cerviaia dalla prosecuzione della via che ridiscendeva fino a La Forca e al suo mulino, prima attraversando il fosso detto Il Fossone con una palancola lignea, in un’area ormai sommersa. La viabilità lungo il Bidente terminava con l'attraversamento tramite il Ponte alla Forca o della Seghettina, risalente al 1843. 

La Valle della Lama era inoltre interessata da alcune c.d. vie dei legni, utilizzate per il trasporto del legame tagliato dai boschi di prelievo fino al Porto di Badia a Poppiena a Pratovecchio, attraverso i valichi appenninici tosco-romagnoli, tra cui la via che dalla Lama conduceva alla Seghettina e quindi a Pian del Pero e la Calla  e la via che da S. Sofia, per Ridracoli e Lama, portava a Gioghetto, Camaldoli e Poppi, alla quale il Siemoni innestò un ramo per Pratovecchio, così individuate all’inizio del XX secolo dal Direttore generale delle Foreste, al Ministero di Agricoltura, A. Sansone nella relazione sullo stato delle foreste demaniali (cit.). Una probabile antica struttura sul luogo del Ponte alla Forca consentiva inoltre l'attraversamento da parte della Via dei Fedeli di S. Romualdo, ricordata da alcuni autori: P.L. della Bordella: «[…] per salire all’Eremo (Campo Amabile), i pellegrini romagnoli, S. Ambrogio di Milano e Leopoldo II Granduca di Toscana, percorrevano la via dei fedeli di San Romualdo che da Santa Sofia, per Ridracoli, la Seghettina e la Lama, sale al Gioghetto per ridiscendere al sottostante Eremo.» (2004, p. 190, cit.); F. Pasetto: «[…] ricordiamo, in particolare, il Gioghetto, attraverso il quale il ravennate san Romualdo scese a Campo Amabile […]» (2008, p. 207, cit.). Dalla Seghettina la via prima scendeva a guadare il Fosso degli Altari poi il Fosso della Lama, probabilmente sul luogo dove, alla fine del XIX secolo era documentata una pedanca scomparsa negli scorsi anni ’80 (ma un altro guado è ancora presente poco più a valle). Successivamente il tragitto proseguiva in destra idrografica fino a La Lama dirigendosi verso il crinale. In località La Docciolina l’antica via risaliva con una fitta sequenza di strettissimi tornanti poi detti Strada della Lama Strada delle Svolte (si ritrovano consistenti resti), che toccavano La Cava dei Frati fino all’odierno Gioghetto quindi, superato l’Eremo, scendeva a Camaldoli tramite la c.d. Via Corta, già Strada di Camaldoli, per poi percorrere la valle dell’Archiano fino a Soci. Attraversando il Gioghetto (Gioghicciolo nei documenti camaldolesi) il ravennate Romualdo nel 1024 (nel 1012 secondo la tradizione) giunse a Campo Amabile per fondare l’Eremo. Se nel XIX secolo, quando ancora non esisteva il moderno Passo dei Fangacci, un Gioghetto è documentato solo in corrispondenza del passo poco più a monte sulle pendici di Poggio Tre Confini (anticamente detto Poggio Tre Termini, dove si trovava pure un’altra Cava dei Frati) il tracciato che da qui si ricongiunge al Sent. 74 CAI che ridiscende verso l’Eremo costituirebbe ipotesi per una diversa localizzazione di un luogo della tradizione storica camaldolese. Sulle vicende di questi luoghi in relazione alle dispute sui confini tra l’Opera del Duomo e il Monastero di Camaldoli, che portò all’installazione di numerosi cippi di confine (“termini di pietra”) v. M. Ducci, G. Maggi, cit.

Per approfondimenti ambientali e storici si rimanda alla scheda toponomastica Valle del Bidente di RidràcoliLa Lama e/o relative ad acque, rilievi e insediamenti citati.

N.B.: - Informazioni preziose riguardo luoghi e fabbricati si hanno grazie ai rapporti della Descriptio provinciae Romandiolerapporto geografico-statistico-censuario redatto dal legato pontificio cardinale Anglic de Grimoard (fratello di Urbano V) per l’area della Romandiola durante il periodo della “Cattività avignonese” (trasferimento del papato da Roma ad Avignone, 1305-1377). Se la descrizione dei luoghi ivi contenuta è approssimativa dal punto di vista geografico, è invece minuziosa riguardo i tributi cui era soggetta la popolazione. In tale documento si trova, tra l’altro, la classificazione degli insediamenti in ordine di importanza, tra cui i castra e le villae, distinti soprattutto in base alla presenza o meno di opere difensive, che vengono presi in considerazione solo se presenti i focularia, ovvero soggetti con capacità contributiva (di solito nuclei familiari non definiti per numero di componenti; ad aliquota fissa, il tributo della fumantaria era indipendente dal reddito e dai possedimenti). In particolare, nelle vallate del Montone, del Rabbi e del Bidente furono costituiti i Vicariati rurali delle Fiumane.

- L’Opera del Duomo di Firenze, dopo la presa in possesso delle selve “di Casentino e di Romagna”, aveva costatato che sia nei vari appezzamenti di terra lavorativa distribuiti in vari luoghi e dati in affitto o enfiteusi sia altrove si manifestavano numerosi disboscamenti (roncamenti) non autorizzati. Desiderando evitare nuovi insediamenti, dalla fine del 1510 intervenne decidendo di congelare e confinare gli interventi fatti, stabilendo di espropriare e incorporare ogni opera e costruzione eseguita e concedere solo affitti quinquennali. I nuovi confinamenti vennero raccolti nel “Libro dei livelli e regognizioni livellarie in effetti” che, dal 1545 al 1626 così costituisce l’elenco più completo ed antico disponibile. Altri elenchi e documenti utili si sono susseguiti nei secoli seguenti, fino ai contratti enfiteutici del 1818 e del 1840 con il Monastero di Camaldoli, contenenti una precisa descrizione dei confini e delle proprietà dell’Opera.

- Le “vie dei legni” indicano i percorsi in cui il legname, tagliato nella foresta, tronchi interi o pezzato, dal XV° al XX° secolo veniva condotto prima per terra tramite traini di plurime pariglie di buoi o di cavalli, a valicare i crinali appenninici fino ai porti di Pratovecchio e Poppi sull’Arno, quindi per acqua, a Firenze e fino ai porti di Pisa e Livorno.

- Le posticce erano impianti di piantine spontanee di Abete: «[…] venivano prelevati sistematicamente e ovunque, e quindi anche nelle zone più impervie, ove si riteneva di non fare danno, piantine spontanee (selvaggioni) di Abete per far piantate (posticce) nelle tagliate […]» (P. Bronchi, 1985, p. 76, cit.). «Le operazioni colturali che l’Opera fece nelle sue selve si limitarono alle “aggirate, sterpate e posticce”. Con le prime si intendeva, di solito, l’eliminazione delle piante di faggio nel bosco misto di faggio e abete dal quale si ritraeva il massimo utile, con le seconde s’indicavano le ripuliture che venivano fatte sia nelle nuove piantagioni che nel bosco naturale nel quale oltre gli arbusti e le altre erbe ritenute infestanti, veniva eliminata la rinnovazione del faggio, con le terze, infine, si indicavano le nuove piantagioni o rimboschimenti che si facevano nei luoghi più comodi o dove erano stati effettuati i tagli più consistenti.» (A. Gabbrielli, E. Settesoldi, 1977, p. 125,

RIFERIMENTI   

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G.L. Corradi (a cura di), Il Parco del Crinale tra Romagna e Toscana, Alinari, Firenze 1992;

G.L. Corradi e N. Graziani (a cura di), Il bosco e lo schioppo. Vicende di una terra di confine tra Romagna e Toscana, Le Lettere, Firenze 1997;

P.L. della Bordella, Pane asciutto e polenta rossa, Arti Grafiche Cianferoni, Stia 2004;

M. Ducci, G. Maggi, Termini di pietra, Appunti per la ricerca dei confini del territorio granducale e del monastero di Camaldoli nel Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi, Stia 2022;

A. Gabbrielli, E. Settesoldi, La Storia della Foresta Casentinese nelle carte dell’Archivio dell’Opera del Duomo di Firenze dal secolo XIV° al XIX°, Min. Agr. For., Roma 1977;

M. Gasperi, Boschi e vallate dell’Appennino Romagnolo, Il Ponte Vecchio, Cesena 2006;

N. Graziani (a cura di), Romagna toscana, Storia e civiltà di una terra di confine, Le Lettere, Firenze 2001;

F. Pasetto, Itinerari Casentinesi in altura, Arti Grafiche Cianferoni, Stia 2008;

A. Polloni, Toponomastica Romagnola, Olschki, Firenze 1966, rist. 2004;

Sansone A., Relazione sulla Azienda del Demanio Forestale di Stato – 1° luglio 1910/30 luglio 1914, Roma 1915;

P. Zangheri, La Provincia di Forlì nei suoi aspetti naturali, C.C.I.A.A. Forlì, Forlì 1961, rist. anast. Castrocaro Terme 1989;

Carta Escursionistica scala 1:25.000, Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi, S.E.L.C.A., Firenze;

Parco nazionale delle foreste casentinesi. Carta dei sentieri 1:25.000, N.20, Monti editore, 2019;

Regione Toscana – Progetto CASTORE – CAtasti STorici REgionali;

G. Inghirami, Carta Geometrica della Toscana, 1830;

Carta della Romagna Toscana e Pontificia: http://www502.regione.toscana.it/searcherlite/cartografia_storica_regionale_scheda_dettaglio.jsp?imgid=10910;

G. Inghirami, Carta Geometrica della Toscana, 1830;

Pianta Geometrica della Regia Foresta Casentinesehttp://www502.regione.toscana.it/searcherlite/cartografia_storica_regionale_scheda_dettaglio.jsp?imgid=11479;

Carta Geometrica della Regia Foresta Casentinese per dimostrare il progressivo avanzamento dei lavori e dei rapporti forestali che dall’anno 1837 segna l’epoca della sua ultimazione: http://www502.regione.toscana.it/searcherlite/cartografia_storica_regionale_scheda_dettaglio.jsp?imgid=11480;

URL http://geo.regione.emilia-romagna.it/schede/geositi/scheda.jsp?id=1633-1658;

URL www.mokagis.it/html/applicazioni_mappe.asp.

Percorso/distanze :

Testo di Bruno Roba - In inverno, in occasione della chiusura di parte della strada provinciale, il Passo dei Fangacci si raggiunge dall’Eremo di Camaldoli, km 3,6 tramite il sent 74, ovvero km 4,9 tramite la SP 69.

foto/descrizione :

Le foto sono state scattate da Bruno Roba, che ha anche inserito i testi, e qui riprodotte su autorizzazione dell'autore

001 - 002 - Dall’alta quota del Monte Cerviaia si ha la veduta più elevata verso lo Spartiacque Appenninico che consente di notare il delta vallivo del Fosso della Lama e dei suoi affluenti, ristretto tra il Monte Penna e Poggio Cornacchia e con testata sullo stesso Spartiacque, dove si riescono a riconoscere le ramificazioni visibili agevolati dall’indice fotografico; notevole anche la dorsale di Poggio Fonte Murata che racchiude il bacino idrografico da NE (28/08/18).

 

003 – Schema da cartografia moderna del bacino idrografico del Fosso della Lama e suoi affluenti degli Acuti, dei Fangacci, dei Pianelli, della Spazzola e dei Forconali.

004 – 005 - Schema da cartografia moderna del doppio vallone convergente e fiancheggiante lo Spartiacque Appenninico appartenente ai sistemi Acuti-Cornacchia e Fangacci-Penna, esteso dalla Posticcia di Matteino, con particolare relativo alle aree di origine dei fossi citati.

006 – 007 – Il primo tratto del Fosso dei Fangacci che scaturisce dall’omonima fonte presso l’omonimo passo (26/01/12 – 27/12/19).

008 – 009 – La Fonte Fangacci (8/05/11 - 27/12/19).

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