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Cā di Pomo

inserita da Bruno Roba
Tipo : casetto
Altezza mt. : 475
Coordinate WGS84: 43 52' 08" N , 11 53' 35" E
Toponimo nell'arco di
notizie :

Testo di Bruno Roba (21/11/2022) - La valle del Fiume Bidente di Pietrapazza al suo sbocco è delimitata dalla convergenza delle dorsali che si diramano, da un versante, dai Monti Moricciona e La Rocca, dal versante opposto dal Monte Castelluccio (anticamente detto Poggio de Castellare). Quest'ultima, dopo aver espresso una serie di picchi anticamente detti (nell’ordine, da monte a valle) Poggiolo dei Ronchi o della Balza dei RonchiPoggiolo delle Casaccie e Poggio di Rio Salso, determinando un contesto di notevole interesse morfologico e paesaggistico, si prolunga assottigliandosi e arcuandosi in parallelo al Bidente, nel contempo evidenziando il Monte Casaccia prima di terminare con il Monte Riccio (dove, strategicamente collocato, il Castrum montis Riccioli, almeno già dal 1321 sorvegliava ogni transito - ne restano vaghe tracce: «Anche sopra la via che va a Strabatenza, presso la località detta Ca’ di Veroli, ove dimora tuttora un ramo della famiglia Bardi, lassù rifugiatasi, fra i monti più alti, ai tempi delle famose contese medioevali, vedonsi i muri imponenti di un vecchio maniero, e quel luogo dicesi Montericcio» (D. Mambrini, 1935 – XIII, p. 279, cit.). Qui, presso la confluenza dei Fossi di Strabatenza e Trappisa nel Bidente, la Valle di Pietrapazza si restringe quasi a chiudersi creando una discontinuità con quella di Strabatenza, così rendendo possibile una specifica identità geo-morfologica. A valle dell’improvvidamente demolito ma mai idealmente rimosso villaggio di Strabatenza, pur senza soluzione di continuità morfologica, si modifica l’idronimo e il Bidente di Pietrapazza diviene di Strabatenza laddove confluisce il Fosso delle Cannetole, avente origine dalla piega tra i Monti La Rocca e Marino.

Nell’esteso versante insediativo della dorsale dal Castelluccio appartenente alla Valle di Pietrapazza si possono distinguere varie aree. Il versante sud-occidentale appartiene alla valle del Fosso del Lastricheto, costituendone l’area degli insediamenti per morfologia ed esposizione più favorevole: all’inizio del Cinquecento la parte adiacente allo sbocco era detta le Felcetine o Falcedino. Il versante occidentale, scolante direttamente nel Bidente di Pietrapazza, si può distinguere nell'anticamente detta Valle del Frassine, nell’area intermedia de la Celteraja e in quella nodale di Pian del Ponte - la Bottega, c.d. «[…] per l’appalto di generi vari e di monopolio che v’era.» (G. Marcuccini, Le valli alte del Bidente: un cammino nella memoria, in: G.L. Corradi, a cura di, 1992, p. 120, cit.). Le due ultime erano attribuite alla Valle di Strabatenza, benché detto ramo del Bidente iniziasse poco oltre, come sopra evidenziato.

Per l’inquadramento territoriale v. schede Valle del Bidente di PietrapazzaFiume Bidente di Pietrapazza e Pian del Ponte-La Bottega.

In base al Catasto Toscano a Pian del Ponte - la Bottega, lungo la mulattiera ancora in sx idrografica, sorgevano: Bottega (restaurato) nel Catasto Toscano, o la Bottega nella Carta d'Italia I.G.M. di impianto (1894), anonimo in quella del 1937, di nuovo la Bottega in quella moderna, o La Bottega nel NCT (1935-1952) e nella CTR della Regione Emilia-Romagna; Molinaccio (restaurato) comparente anonimo sia nel Catasto Toscano sia nella Carta d'Italia I.G.M. di impianto (1894), non comparente nell’ulteriore cartografia ma riutilizzato come servizi igienici dell’Area di Sosta Ponte del FaggioPomina (ruderi), anonimo sia nel Catasto Toscano sia nella Carta d’Italia I.G.M. di impianto (1894, 1937), o Maneggio (i suoi prati) in quella moderna, di nuovo anonimo nel NCT e nella CTR; Il Molino delle cortine (restaurato) nel Catasto Toscano, anonimo con simbolo dell’Opificio a forza idraulica nella Carta d’Italia I.G.M. di impianto (1894), doppio simbolo dell’Opificio in quella del 1937, o Molino di Cortina in quella moderna, o Il Molino della Cortina nel NCT e nella CTR. In dx idrografica, prima che la mulattiera attraversasse il fiume, una breve deviazione conduceva a Belvedere (scomparso) nel Catasto Toscano, anonimo nella Carta d'Italia I.G.M. di impianto (1894), simbolo dei ruderi in quella del 1937, assente nella cartografia moderna; Molinaccio (restaurato), anonimo nel Catasto Toscano, o il Ponte (il luogo) nella Carta d’Italia I.G.M. di impianto (1894, 1937), o Il Ponte in quella moderna, o Mulinaccio nel NCT, o Molinaccio nella CTR; La Vigna (scomparso) nel Catasto Toscano, anonimo nella Carta d'Italia I.G.M. di impianto (1894), simbolo del vigneto in quella del 1937, assente in tutta la cartografia moderna.

Nel corso del XIX secolo e nei primi decenni del XX si sono aggiunti (quindi assenti nel Catasto Toscano): C. Bori (ricostruito) nella Carta d’Italia I.G.M. di impianto (1937), Ca di Bogri in quella moderna, anonimo nel NCT e nella CTR; Molino della Bottega (restaurato), simbolo dell’Opificio a forza idraulica nella Carta d’Italia I.G.M. di impianto (1894), simbolo anonimo di Casa in muratura in quella del 1937 e in tutta la cartografia moderna; Casina del Ponte (restaurato), anonimo nella Carta d'Italia I.G.M. di impianto (1937) e in tutta la cartografia moderna; Cà del Topino o Palazzina (restaurato), anonimo nella Carta d’Italia I.G.M. di impianto (1894 e 1937) e in tutta la cartografia moderna; Ca di Pomo o Capanno della Pomina (restaurato), anonimo nella Carta d’Italia I.G.M. di impianto (1937) e in tutta la cartografia moderna; La Casina o La Palta (restaurato), anonimo nella Carta d’Italia I.G.M. di impianto (1894 e 1937) e in tutta la cartografia moderna. Nel Nuovo Catasto Terreni (NCT) l’area in dx idrografica presso il Ponte della Bottega viene denominata Pian del Ponte.

Anticamente questo tratto di fondovalle era disabitato, ma i dintorni sono documentati già dal 1082, quando un appezzamento con selva in località Cortine di Metato Vecchio viene donato dai probabili fratelli del futuro papa Pasquale II (pontefice dal 1099 al 1118, figlio di Crescenzio Raineri, signore del castello di Bleda) al priore di Camaldoli per costruirvi la chiesa e il monastero. Poco dopo, nel 1091, è documentato un insediamento castellano nel sito di Strabatenza, quando un altro signore di Bleda, Ugo, dona all’abbazia di Isola varie possessioni, tra cui il castrum Strabatenzoli che, era posto … «Più su della villa, alla distanza di 200 metri circa, dove il terreno pianeggia, nella strada che mena per Casanova dell’Alpe […] a Camaldoli […]. Null’altro abbiamo trovato d’importante che riguardi il castello di Strabatenza, il quale, diroccato dai terremoti, sarà stato abbandonato dai feudatari, quando nella fine del secolo XIV cedettero il possesso ai Camaldolesi.» (D. Mambrini, 1935 – XIII, p. 295, 299, cit.). Nella Descriptio Romandiole del 1371 risulta inoltre documentata la piccola villam Strabatenzoli cum omnibus pertinentiis suis villa Strabatenzole, dipendente dai signori di Valbona ma ormai in declino, che possedeva un certo rilievo non per il numero minimo di focularia (3) ma perché, nell’ambito dell’Appennino tosco-romagnolo, vantava la più antica presenza monastica grazie all’insediamento dell’eremo camaldolese. Un ulteriore riferimento all’area risale al secolo successivo ed è documentata nella donazione del 1442 (il termine contenuto in atti è “assegnato in perpetuo”) all’Opera del Duomo di Firenze della selva di Casentino overo di Romagna che si chiama la selva di Strabatenzoli e Radiracoli, dopo la confisca del vasto feudo forestale da parte della Repubblica di Firenze a danno dei conti Guidi. L’Opera per oltre quattro secoli si riservò il prelievo del legname da costruzione e per le forniture degli arsenali di Pisa e Livorno, di quelli della Francia meridionale oltre che per l’ordine dei Cavalieri di Malta: «[…] quanto allo legname di decte selve e quanto alli abeti et alberi che sono e saranno per lo adivenire in decte selve le quali si possino e debbino governare dagli operai di decta opera e tucto l’utile sia dell’Opera;[…]» (A. Gabbrielli, E. Settesoldi, 1977, p. 16, cit.). Nel 1595 Strabatenza risulta avere 260 abitanti, ridottisi a 230 nel 1746 e a 205 nel 1894. La documentazione relativa ai poderi risale invece al Cinquecento ma si ferma a quelli posti poco più a monte. Essa consiste in una disputa giudiziaria del 1531 relativa ad una compravendita risalente al 1524 di un appezzamento sito in un luogo detto Falcedino. Alcuni luoghi sono inoltre documentati fin dal 1546 nell’inventario eseguito dopo che l’Opera, avendo preso possesso delle selve, dove desiderava evitare nuovi insediamenti, aveva constatato che, sia nei vari appezzamenti di terra lavorativa distribuiti in vari luoghi e dati in affitto o enfiteusi sia altrove, si manifestavano numerosi disboscamenti (“roncamenti”) non autorizzati; pertanto, dalla fine del 1510 intervenne decidendo di congelare e confinare gli interventi fatti, stabilendo di espropriare e incorporare ogni opera e costruzione eseguita e concedere solo affitti quinquennali. I nuovi confinamenti vennero raccolti nel “Libro dei livelli e regognizioni livellarie in effetti” che, dal 1545 al 1626 così costituisce l’elenco più completo ed antico disponibile: «[…] dei livelli che l’Opera teneva in Romagna […] se ne dà ampio conto qui di seguito […] 1546 […] Un poderetto di terra lavorativa e roncata in luogo detto la Fossa dell’Olmo di some 5 […] Un pezzo di terra lavoratia, siepata e roncata in luogo detto il Susinello di some 5. […] un pezzo di terra lavorativa e roncata posta in luogo detto i Ripiani e di some 6. Un podere di terra lavorativa e roncata con casa, in luogo detto le Felcetine. […] Un poderino alle Graticce di some 5. […] 1547 […] Un podere con casa e terre lavorative e vignate e roncate in luogo detto la Celteraia. […] Un podere o vero tenimento di terre parte lavorative e parte roncate e boscate con vigna e casa, in luogo detto Campo di Sopra e vale lire 1000. Un podere ai Ripiani di some 25. […] Un podere con casa e terre lavorative roncate et altro, in luogo detto le Cortine e vale scudi 200.» (A. Gabbrielli, E. Settesoldi, 1977, pp. 151-153, cit.). Peraltro, una relazione del 1789 conferma quale fosse il tipo di interesse dell’Opera nel mantenimento dei poderi che … : «[…] sono situati alle falde di vasto circondario delle selve d’abeti e sembra che sieno stati fabbricati in detti luoghi per servire di custodia e per far invigilare dai contadini di detti poderi dal fuoco, al taglio insomma alla conservazione  di dette selve […] non ardirei mai di far proposizione di alienarli ma di seguitare a tenerli […] come si rileva chiaramente dalla loro posizione servendo di cordone e custodia alle macchie medesime […] ma […] potrebbero allinearsi e vendersi per essere […] ridotti in tal cattivo stato dai passati affittuari […]» (A. Gabbrielli, E. Settesoldi, 1977, pp. 441, 442, cit.). I sopraddetti appezzamenti comunque vennero presto alienati, così nel 1818, all’epoca del Contratto livellario tra l’Opera e il Monastero di Camaldoli, nella descrizione dei confini vengono ormai nominati alcuni proprietari privati, i cui poderi paiono estendersi fino al crinale: «Una vasta tenuta di terre […] alla quale per la circonferenza confina: […]; secondo, da detto punto confina Giuseppe Mosconi di Ridolmo seguitando la strada che da Prato ai Grilli conduce al Poderaccio, lasciando la strada su prendere il crine che conduce alle Palestre; […] quarto, Mario Mosconi col podere detto Ripiani […]» (A. Gabbrielli, E. Settesoldi, 1977, pp. 463-464, cit.). Anche grazie alle alienazioni, nell’arco temporale di un secolo nell’area del Frassine si contavano 3 abitazioni, salite a 4 nel corso dei secoli, nella Celteraja 2 abitazioni, mentre nelle immediatezze dello stretto fondovalle incentrato su Pian del Ponte, da ritenersi compreso tra i Mulini delle Cortine e della Bottega, solo da fine Settecento in poi vi è stato uno sviluppo abitativo. Nel fondovalle si sono così concentrate fino a 12 abitazioni, interessando entrambi i versanti fluviali.

Cà di Pomo, come sopraddetto documentato dal 1937 in base alla mappa I.G.M. di impianto, possiede un toponimo derivante dal latino pomum = pomo, frutto. Benché mai identificato come tale, il fabbricato appare costruito a scopo molitorio, mostrando ancora due androni seminterrati con volte a botte atti a contenere la ruota idraulica; in un androne, ormai quasi del tutto interrato, si notano l’asse verticale della ruota idraulica ed altre attrezzature. Possiede dimensioni particolarmente ridotte che si sviluppano in due piani con un vano ciascuno ed ingressi dall’esterno a monte e a valle sfruttanti il pendio. Il pianoro circostante, anticamente noto come I Prati e nella cartografia I.G.M moderna individuato con il toponimo Maneggio, oggi è utilizzato come campo scout e il fabbricato, già utilizzato come stalla per cavalli e fienile ed apparentemente in buone condizioni, noto come Molinuzzo, viene riutilizzato a servizio del campo, probabilmente attrezzato con servizi igienici temporanei.

Per approfondimenti si rimanda alle schede toponomastiche relative ad acque, rilievi e insediamenti citati.

N.B.: - Informazioni preziose riguardo luoghi e fabbricati si hanno grazie alla Descriptio provinciae Romandiole, rapporto geografico-statistico-censuario redatto dal legato pontificio cardinale Anglic de Grimoard (fratello di Urbano V) per l’area della Romandiola durante il periodo della “Cattività avignonese” (trasferimento del papato da Roma ad Avignone, 1305-1377). Se la descrizione dei luoghi ivi contenuta è approssimativa dal punto di vista geografico, è invece minuziosa riguardo i tributi cui era soggetta la popolazione. In tale documento si trova, tra l’altro, la classificazione degli insediamenti in ordine di importanza, tra cui i castra e le villae, distinti soprattutto in base alla presenza o meno di opere difensive, che vengono presi in considerazione solo se presenti i focularia, ovvero soggetti con capacità contributiva (di solito nuclei familiari non definiti per numero di componenti; ad aliquota fissa, il tributo della fumantaria era indipendente dal reddito e dai possedimenti). In particolare, nelle vallate del Montone, del Rabbi e del Bidente furono costituiti i Vicariati rurali delle Fiumane.

- Negli scorsi Anni ’70, a seguito del trasferimento delle funzioni amministrative alla Regione Emilia-Romagna, gli edifici compresi nelle aree del Demanio forestale, spesso in stato precario e/o di abbandono, tra cui il M° d. Cortina (dimensionato), divennero proprietà dell’ex Azienda Regionale delle Foreste (A.R.F.); secondo una tendenza che riguardò anche altre regioni, seguì un ampio lavoro di studio e catalogazione finalizzato al recupero ed al riutilizzo per invertire la tendenza all’abbandono, nell'area tranne M° d. Cortina senza successo. Con successive acquisizioni il patrimonio edilizio del demanio forlivese raggiunse un totale di 492 fabbricati, di cui 356 nel Complesso Forestale Corniolo e 173 nelle Alte Valli del Bidente. Circa 1/3 del totale sono stati analizzati e schedati, di cui 30 nelle Alte Valli del Bidente. Il materiale è stato oggetto di pubblicazione specifica.

- L’Appennino romagnolo era caratterizzato fino a metà del XX secolo (superata in qualche caso per un paio di decenni) da una capillare e diffusa presenza di mulini ad acqua, secondo un sistema socio-economico legato ai mulini e, da secoli, radicato nel territorio del Capitanato della Val di Bagno. Intorno al Cinquecento ognuno dei 12 comuni del Capitanato disponeva di almeno un mulino comunitativo la cui conduzione veniva annualmente sottoposta a gara pubblica a favore del migliore offerente. Nell’alta valle del Bidente di Pietrapazza il Comune di Poggio alla Lastra possedeva tre mulini, il Mulino di Pontevecchio, il Mulino delle Cortine e il Mulino delle Graticce; a quell’epoca nell’area si registrano assegnazioni per 230 bolognini. La manutenzione poteva essere a carico del comune o del mugnaio. Alla fine del Settecento l’attività riformatrice leopoldina eliminò il regime di monopolio comunitativo introducendo la possibilità per i privati di costruire altri mulini in concorrenza produttiva, cui seguì un progressivo disinteresse comunale con riduzione dell’affitto annuale dei mulini pubblici fino alla loro privatizzazione. Nell’Ottocento, con la diffusione dell’agricoltura fino alle più profonde aree di montagna, vi fu ovunque una notevole proliferazione di opifici tanto che, ai primi decenni del Novecento, si potevano contare undici mulini dislocati lungo il Bidente di Pietrapazza e i suoi affluenti. Dagli anni ’30, la crisi del sistema socio-economico agro-forestale ebbe come conseguenza l’esodo dai poderi e il progressivo abbandono dell’attività molitoria e delle relative costruzioni.

- Quando il toponimo compare con anteposta l’abbreviazione “C.” presumibilmente si è manifestata l’esigenza di precisarne la funzione abitativa; in base alle note tecniche dell’I.G.M., se viene preferito il troncamento Ca, deve essere scritto senza accento: se ne deduce che se compare con l’accento significa che è entrato nella consuetudine quindi nella formazione integrale del toponimo. 

RIFERIMENTI   

AA. VV., Dentro il territorio. Atlante delle vallate forlivesi, C.C.I.A.A. Forlì, 1989;

C. Bignami (a cura di), Il popolo di Strabatenza, C.C.I.A.A. di Forlì, Cooperativa culturale “Re Medello”, Forlì 1991;

G.L. Corradi (a cura di), Il Parco del Crinale tra Romagna e Toscana, Alinari, Firenze 1992;

A. Gabbrielli, E. Settesoldi, La Storia della Foresta Casentinese nelle carte dell’Archivio dell’Opera del Duomo di Firenze dal secolo XIV° al XIX°, Min. Agr. For., Roma 1977;

M. Gasperi, Boschi e vallate dell’Appennino Romagnolo, Il Ponte Vecchio, Cesena 2006;

N. Graziani (a cura di), Romagna toscana, Storia e civiltà di una terra di confine, Le Lettere, Firenze 2001;

D. Mambrini, Galeata nella storia e nell’arte, Tipografia Stefano Vestrucci e Figlio, Bagno di Romagna, 1935 – XIII;

P. Zangheri, La Provincia di Forlì nei suoi aspetti naturali, C.C.I.A.A. Forlì, Forlì 1961, rist. anast. Castrocaro Terme 1989;

Piano Strutturale del Comune di Bagno di Romagna, Insediamenti ed edifici del territorio rurale, 2004, Scheda n.208;

Bagno di Romagna, Carta dei sentieri, Istituto Geografico Adriatico, Longiano 2008;

Carta Escursionistica scala 1:25.000, Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi, S.E.L.C.A., Firenze;

Link http://www.igmi.org/pdf/abbreviazioni.pdf;

Link www.mokagis.it/html/applicazioni_mappe.asp.

Percorso/distanze :

Testo di Bruno Roba - Cà di Pomo si può raggiungere agevolmente tramite la S.F. Poggio alla Lastra-Pietrapazza (sterrata di circa 10 km), deviando fino al Molino delle Cortine: da qui 300 m di pista conducono al fabbricato.

foto/descrizione :

Le seguenti foto sono state scattate da Bruno Roba, che ha anche inserito i testi, e qui riprodotte su autorizzazione dell’autore.

Nota – Per visualizzare le foto nel loro formato originale salvarle sul proprio computer, oppure se il browser lo consente tasto destro sulla foto e Apri immagine in un’altra scheda.

00a1/00a5 – Da Poggio Rovino, scorci sullo stacco della dorsale del Monte Castelluccio ed il suo prolungarsi verso lo sbocco della valle del Bidente di Pietrapazza deformato prospetticamente fino al termine con il Monte Riccio, dove si trova l’area di Pian del Ponte, con segnalazione dei Monti Casaccia e Riccio (10/05/21).

00b1 – 00b2 – Da Cima del Termine si apre uno scorcio sulla Valle di Pietrapazza ed oltre, coronata dalla parte terminale del contrafforte secondario con i Monti Marino e Pezzoli fino a Poggio Busca. Sulla dx, oltre la sovrapposizione di dorsali provenienti dal Càrpano, si nota il tratto terminale di crinale che delimita lo sbocco della valle deformato dall’effetto prospettico, casualmente allineando le vette dei Monti Casaccia e Riccio (3/10/11).

00c1 - 00c2 - 00c3 - Dai pressi di Strabatenza, vedute del tratto più stretto della valle di Pietrapazza: su un versante si nota l’incisione del Fosso delle Cannetole, proveniente dalla piega tra i Monti La Rocca e Marino, con la pendice ancora ritagliata dai prati dell’insediamento di Cannetole, che confluendo (presso Cà di Bogri) segna il termine del Bidente di Pietrapazza e l’inizio di quello di Strabatenza, mentre sul versante opposto si notano i Monti Riccio e Piano; con indice fotografico degli insediamenti esistenti o scomparsi di quel tratto, che rimangono parzialmente coperti alla vista (1/06/18).

00d1/00d5 – Dai pressi di Pian del Ponte, scorcio dello sbocco della Valle di Pietrapazza, presso Ca di Bogri, e vedute del versante opposto dal Monte Riccio al Monte Casaccia e dell’area prativa di Pomina e Cà di Pomo (1/06/18).

00e1 – Schema cartografico del bacino idrografico dello sbocco della valle del Bidente di Pietrapazza. Sono evidenziati i tratti superstiti della Mulattiera del Bidente.

00e2 – 00e3 - Schema da mappa catastale della prima metà dell’Ottocento relativi all’ultimo tratto della valle del Bidente di Pietrapazza, evidenziante il sistema insediativo, con utilizzo della toponomastica originale. Qui compare anche la toponomastica della viabilità principale di fondovalle e di crinale. Integrazioni in corsivo moderno a fini orientativi. Confronto schematico tra catasto antico e moderno da cui si rilevano le modifiche planimetriche intercorse nell’ultimo secolo di utilizzo dei fabbricati, prima della realizzazione della viabilità moderna.

00e4 - Schema  cartografico della bassa valle del Bidente di Pietrapazza antecedente alla realizzazione della S.F. Poggio alla Lastra-Pietrapazza, così ancora evidenziante il tracciato della Mulattiera del Bidente.

00e5 - Schema cartografico da mappa del XIX sec. che, nella sua essenzialità, evidenziava esclusivamente i tracciati viari di crinale che da S.Sofia raggiungevano lo Spartiacque Appenninico, il tracciato di fondovalle S.Sofia-Poggio alla Lastra che poi si riconnetteva al tracciato di crinale ed il tracciato trasversale che collegava i Passi della Bertesca e di Monte Càrpano transitando da Pietrapazza. La toponomastica riprende, anche nella grafica, quella originale; integrazioni in nero a fini orientativi.

00e6 – Schema del sistema viario storico principale al XIX secolo che, entro la prima metà del XX sec. venne integrato con il sistema delle mulattiere, su base cartografica del 1937, prima della realizzazione dell’invaso di Ridràcoli e della viabilità provinciale interna.  

00f1 – 00f2 – Elaborazioni pittoriche da foto del PS comunale e da rete dove si nota la confluenza del Fosso delle Cannetole al termine del Bidente di Pietrapazza presso Cà di Bogri. Tra Cà di Bogri e La Bottega la viabilità principale, almeno fino a metà del XIX sec., attraversava il fiume spostandosi in sx idrografica.

00f3/00f7 – Il sito di Pian del Ponte tra il Mulino della Bottega e il Ponte del Faggio dove, in sx idrografica, passava l’antico tracciato viario per Pietrapazza, prima di essere spostato sul lato opposto, presso il quale si trovava un piccolo fabbricato (Molinaccio) che pare lo stesso ristrutturato a servizio dell’Area Attrezzata (12/10/16).

00f8/00f15 – Vedute dell’area degli insediamenti di Pian del Ponte presso il Ponte della Bottega (1857), dove ufficialmente iniziava la Mulattiera del Bidente, come da cippo stradale, e la viabilità verso Pietrapazza si stabilizzava in dx idrografica (12/10/16 – 19/04/18).

00g1 – Elaborazione di una foto degli anni ’80 dove si nota la nuova carrabile per Pietrapazza in dx idrografica, con segnalazione del tratto antico.

00h1/00h4 – Il Ponte delle Fontanine sul Fosso di Strabatenza probabilmente si trova sul percorso dell’antico tratto viario in sx idrografica; accanto al ponte rimane, seminascosto, il cippo stradale che segnalava la Mulattiera di Casanova (12/10/16).

00i1/00i4 – L’attraversamento carrabile del Bidente presso il Mulino delle Cortine (forse realizzato in luogo di un antico guado) e l’area della Pomina e Cà di Pomo anticamente anch'essa interessata dalla viabilità principale (12/10/16).

00i5/00i12 – Vedute di Cà di Pomo con particolari degli androni molitori (12/10/16).

00i13 – Elaborazione pittorica di foto d’epoca, ripresa dai pressi del Monte della Croce, dove si notano (da sx) i fabbricati di Pomina, Cà del Topino, Casina del Ponte e Cà di Pomo o Capanno della Pomina, oltre agli sbancamenti recenti per la costruzione delle strade per Strabatenza e Pietrapazza.

00i14/00i17 – Dal versante opposto, scorci dell’area dell’ex-Maneggio tra Pomina e Cà di Pomo, e particolari di Pomina (19/04/18).

00l1/00l4 - Il Ponte della Cortina, presso il Molino delle Cortine, rifatto nel 1920 e 1950 in luogo di una pedanca o palancola già in rovina nel 1816, è prossimo al sito dove la viabilità antica attraversava definitivamente il Bidente, in attesa della mulattiera di metà del XIX sec. (12/10/16).

00m1/00m6 – Vedute del tratto superstite di Mulattiera del Bidente che raggiunge Cetoraio, dove, su una pietra cantonale, era incisa la distanza in km intercorrente in direzione Pietrapazza, ovvero km 0+610 fino a Campo di Sopra (29/10/16).

00n1 – 00n2 – La mulattiera a Campo di Sopra (29/10/16).

00o1/00o8 – Il tratto più antico di mulattiera attraversa l’insediamento di Frassine; mentre lo stretto tracciato viario più antico attraversa l’insediamento, con l’ammodernamento la mulattiera viene spostata a monte, come evidenzia il grosso pietrame addossato all’annesso preesistente; la risalita prosegue quindi verso Cà Micheloni (4/11/16).

00p1 – La S.F. taglia la mulattiera tra Frassine e Cà Micheloni, compromettendone la visibilità e l’utilizzo (4/11/16).

00p2 – 00p3 - 00p4 – La mulattiera risale fino a Cà Micheloni (4/11/16).

00q1 – 00q2 – La S.F. aggira lo sprone dove sorge Cà Micheloni proseguendo verso Pietrapazza riprendendo il tracciato dell’antica mulattiera (4/11/16).

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